Sabaudia / Incendio stabilimento balneare: interrogatorio per le due donne considerate le “mandanti”

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SABAUDIA – Considerate dalla Procura le presunte mandanti dell’incendio doloso appiccato nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio scorso ai danni dello stabilimento balneare “Duna 35.1” di Sabaudia, Mirella D’Indio e la figlia Tatiana Rizzi hanno rigettato le accuse nel corso dell’interrogatorio di garanzia che c’è stato venerdì mattina davanti il Gip del Tribunale di Latina Giorgia Castriota. Le due donne, difese dall’avvocato Guido Calisi, hanno risposte a tutte le domande del magistrato offrendo una versione diversa rispetto a quella prospettata dal Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e dal sostituto Daria Monsurrò.

In sintesi hanno negato, in qualità di proprietarie di un chiosco per il noleggio delle attrezzature balneari attiguo a quello andato distrutto, di essere le mandanti dell’incendio. Nell’ordinanza con cui sono finite ai domiciliari D’Indio e Rizzi erano accusate di aver offerto 500 euro ai due presunti autori dell’incendio, Valerio Toselli e Simone Petrucci. E rispondendo al Gip le due donne hanno negato questa circostanza. Anzi hanno rilevato al Gip – all’interrogatorio era presente anche la dottoressa Monsurrò – che sarebbero state minacciate prima dell’incendio da Toselli, uno dei due esecutori che nei giorni scorsi nel corso dei rispettivi interrogatori di garanzia aveva respinto gli addebiti mossi nei suoi riguardi dai pm inquirenti, gli stessi che avevano spiegato come l’incendio ai danni dello stabilimento “Duna 35.1” sarebbe stato provocato da un sentimento di vendetta e risentimento da parte della D’Indio e della figlia.

Il legale delle due donne, al termine dell’interrogatorio di garanzia, ha chiesto la revoca degli arresti domiciliari, richiesta sulla quale il gip Castriota si è riservato di decidere.