Minturno / Riciclaggio con il caseificio: l’interrogatorio di garanzia

Cronaca Minturno

MINTURNO – Si è avvalso della facoltà di non rispondere Mario Fazzone, l’imprenditore di 44 anni di Scauri, originario di Capua, destinatario di una pesante ordinanza di custodia cautelare che, richiesta dal sostituto procuratore Roberto Nomi Bulgarini, è stata emessa dal Gip del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera nell’ambito dell’operazione “Black Queen” della Guardia di Finanza con le pesanti accuse di reati di riciclaggio, reimpiego, autoriciclaggio, favoreggiamento e distruzione o occultamento di scritture contabili.

Fazzone, insieme a Paolo Carnevale, 55 anni di Minturno finito ai “domiciliari” con le stesse ipotesi di reato, è accusato di essere l’amministratore di fatto di una società di Scauri impegnata nel settore lattiero-caseario, la “R.T. srl”, ad “utilizzare beni aziendali “ereditati” da una precedente società operante nel medesimo settore, “La Filata Srl”, che, coinvolta in precedenza in una bancarotta fraudolenta, era riconducibile a loro due. Fazzone, assistito dagli avvocati Gianfranco Testa e Michele Soli, è rimasto muto davanti al Gip del Tribunale di Frosinone Ida Iogoluso. L’imprenditore 44enne si trova recluso nel carcere del capoluogo ciociaro per un’altra ragione. Lo scorso marzo venne coinvolto e arrestato per una delicatissima indagine della Dda di Napoli, accusato di aver tentato un’estorsione, per conto del clan dei Casalesi, ai danni di un imprenditore di Parete, in provincia di Caserta. Ad inchiodarlo furono le dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia ora al centro di un processo in corso davanti al Tribunale di Napoli nord che riprenderà venerdì prossimo.

Fazzone è rimasto muto davanti il Gip a margine di una strategia processuale che ora potrebbe concretizzarsi con un ricorso al Tribunale del Riesame limitatamente al solo sequestro operato dalla Guardia di Finanza per oltre un milione e duecentomila euro tra denaro in contante, beni e immobili ubicati sul territorio di Minturno e Scauri. L’interrogatorio di garanzia per Carnevale si svolgerà, invece, martedì prossimo davanti il Gip del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera e potrebbe perseguire la stessa strategia difensiva di Fazzone. In quest’operazione sono state coinvolte altre tre persone, al momento indagate a piede libero: si tratta di Tiziana Pecora, la 39enne moglie di Fazzone; Stefania Nari, 62 anni e Bruno Parisi, 71 anni. La Guardia di Finanza del gruppo di Formia ha accertato che il fallimento della società “La Filata Srl” – di cui sono stati accusati Fazzone, la Nari e la moglie di Carnevale Rosaria Romano venivano trasferiti alla nuova società R.T. Srl, costituita il primo agosto 2012 tra le due mogli Pecora e Romano, ma di fatto amministrata dai loro rispettivi mariti Fazzone e Carnevale, i beni, il denaro e le altre utilità provenienti dal fallimento, in modo tale da ostacolare l’identificazione della loro provenienza.

L’ordinanza del Gip Scalera effettua un’importante ricognizione di questi passaggi societari e alla “R.T. Srl” fu trasferito l’intero ramo d’azienda della “Filata Srl”, costituito da tutto il caseificio di Scauri sulla Via Appia e dalle connesse autorizzazioni amministrative, ceduto l’8 febbraio 2012 a Rosaria Romano. Si è trattato di uno stratagemma – si legge nell’ordinanza del Gip Scalera sulla scorta dell’attività investigativa svolta dagli agenti del Colonnello Sergio De Sarno – per trasferire 1.174.097,07 euro, provento dell’incasso dei crediti della fallita Filata Srl, con versamenti in contanti sui conti correnti riconducibili alla “R.T. Srl”, versamenti che venivano riportati falsamente in contabilità, con riferimento agli anni 2016 e 2017, come derivanti dalla vendita al dettaglio dei prodotti, che in realtà era interrotta già dal mese di aprile 2015. Inoltre, parte del denaro, pari a 99.500 euro, è stata in seguito trasferita dai conti correnti intestati alla società ai conti correnti di Tiziana Pecora. In tutto ciò sono stati occultati in gran parte i documenti contabili e addirittura inserito in qualità di amministratore delegato un certo Paolo Bernardini, in realtà un soggetto inesistente, al fine di sviare le indagini della Guardia di Finanza di Formia.

Saverio Forte