Omicidio Borriello, arrestato a Santi Cosma e Damiano un 61enne

Cronaca Santi Cosma e Damiano

SANTI COSMA E DAMIANO – Era tornato nella sua San Cosma e Damiano da poco più di un mese dopo aver scontato una lunga detenzione in carcere per un omicidio a cui avrebbe partecipato. Le porte della struttura penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere si sono di nuovo spalancate mercoledì mattina per Domenico Buonamano, di 61 anni, di San Cosma e Damiano, per diverso tempo ritenuto uno degli elementi di spicco della cellula dei Casalesi operanti sul territorio del Golfo.

Domenico Buonamano

Il pregiudicato è stato raggiunto da un’ordinanza dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Dda con l’accusa di aver partecipato, a vario titolo, dell’omicidio, aggravato dal metodo mafioso, di Michele Borriello, all’epoca di 26 anni. Il delitto avvenne a Vitulazio, in provincia di Caserta,la sera del 29 ottobre 1992 e – secondo l’accusa – Buonamano, insieme a Giovanni Di Gaetano, di 60 anni, di Pastorano, avrebbe trasportato sul luogo del delitto il suo autore, Sebastiano Panaro, di 51 anni, di Casal di Principe, a bordo di un’auto rubata, poi data alle fiamme. Ad eseguire gli arresti di Buonamano, Di Gaetano e Panaro sono stati i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta che, dunque, hanno definitivamente chiuso le indagini su quanto avvenuto 28 anni fa a Vitulazio.

L’omicidio di Michele Borriello, conosciuto negli ambienti criminali della camorra casalese con il nomignolo di “Pellecchione”, sarebbe stato ordinato da Walter Schiavone, “Walterino”, di 59 anni di Casal di Principe. La vittima avrebbe avuto alcuni problemi economici e pertanto avrebbe sollecitato di avere un maggiore peso nell’associazione a delinquere. Gli fu risposto di no e così l’uomo cominciò ad appropriarsi dei proventi dell’attività estorsiva eseguita per conto del clan dei Casalesi. Borriello fu ucciso mentre si trovava nei pressi di un rinomato locale di Vitulazio e non trovò scampo ai numerosi colpi di arma da fuoco, ben 11.

Walter Schiavone, Sebastiano Panaro e Giovanni Di Gaetano

Nell’agguato era rimasto gravemente ferito anche un giovane del posto, che si trovava occasionalmente in compagnia della vittima, al quale le gravi lesioni riportate procuravano danni fisici permanenti. Le indagini hanno conosciuto due fasi, la prima si conclude nel 1999 quando fu condannato in via definitiva, alla pena di 10 anni e 8 mesi di reclusione, Antonio Abbate, altro elemento di spicco dei casalesi, ora collaboratore di giustizia. Successivamente, nel 2017, grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, furono riaperte e si sono concretizzate con l’emissione delle quattro ordinanze di custodia cautelare chieste dai Pm della Dda di Napoli.

Saverio Forte