Banca del Credito Cooperativo del Garigliano, sei assoluzioni

Cronaca Santi Cosma e Damiano

SANTI COSMA E DAMIANO – Mendacio bancario, falso interno e finanche emissioni di fatture per operazioni inesistenti. Furono queste le ipotesi di reato ravvisate nel 2015 dal gruppo di Formia della Guardia di Finanza e, l’anno precedente, dagli “007” della Banca d’Italia quando cominciarono a monitorare le procedure seguite per la fusione di due banche popolari della provincia di Latina, l’ex banca del Credito popolare del Garigliano e la Cassa Rurale e dell’artigianato dell’Agro pontino. Il capo della Procura della Repubblica di Cassino, Luciano D’Emmanuele, all’epoca dei fatti appena insediatosi coordinò personalmente le indagini eseguite dalle Fiamme Gialle di Formia e chiese al Gup del tribunale di Cassino il rinvio a giudizio per sei persone che ebbero a che fare con l’accorpamento dei due istituti di credito. A sei anni dal presunto svolgimento dei fatti il dottor Salvatore Scalera ha assolto tutti e sei gli indagati con la formula di “non aver commesso il fatto”.

E le posizioni erano le più differenziate in base ai singoli capi d’imputazione. L’ex presidente del Banca del Credito cooperativo del Garigliano, Michele Fasulo, di 62 anni, il suo “vice”, Michele De Meo, di 63 anni ed il revisore dei conti Vito Di Resta, di 57 anni erano finiti nei guai perla violazione dell’articolo 137 del testo unico bancario – mendacio bancario e falso interno – perché il 28 giugno 2010, dopo aver esaminato la posizione della società formiana “Italian Beverage srl”, approvavano la richiesta di un mutuo chirografario pari a 150mila euro “sulla scorta del carteggio e della documentazione fiscale ritenuta falsa che attestava la trattativa di vendita della “Proves srl” o l’esistenza di limitati elementi finanziari che avrebbero dovuto – secondo le risultanze della Finanza e della stessa Procura – dimostrare la solidità economica del gruppo societario. Per queste stesse ipotesi di reato è stato indagato anche il legale rappresentante della “Italian Beverage” di Sessa Aurunca, l’imprenditore formiano Raffaele Di Gabriele, di 42 anni, per aver richiesto ed ottenuto il summenzionato mutuo dalla Banca di Santi Cosma e Damiano “utilizzando a supporto della richiesta fatture fiscali per acconto su una fornitura ed una fattura per fitto di ramo d’azienda” dichiarata “falsa”.

C’è un precedente risalente al 27 luglio 2010 di cui fu protagonista Antonio Papa, di 42 anni, di Minturno. L’uomo, legale rappresentante della “Proves srl” di Castelforte (che all’epoca era impegnata nella distribuzione e commercializzazione dell’acqua minerale “Suio”), per consentire “a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto” avrebbe emesso nei confronti della “Italian Beverage srl” la fattura numero 269 del 27 luglio 2010 (l’imponibile era di 100 mila euro con l’Iva di 20mila) “relativa ad operazioni inesistenti, quale corrispettivo del fitto del ramo d’azienda mai effettuato, regolarmente annotata sul registro delle fatture emesse”. L’elenco degli imputati è stato completato da Filippo Belgiglio, di 52 anni, di Vito Di Resta, di 57 anni e di Michele De Meo, perché nelle rispettive qualità di presidente del collegio dei revisori dei conti e di sindaci della Banca del Credito cooperativo del Garigliano, violando l’articolo 2629 del Codice Civile, non avrebbero provveduto a comunicare il loro diretto interesse nella società “Italian Beverage srl” e davano il loro consenso a concedere il 28 ottobre 2010 un fido pari a 150mila alla stessa società.

I legali degli indagati, gli avvocati Luigi D’Anna e Luca Scipione, hanno dimostrato la totale estraneità dei loro assistiti alle ipotesi accusatorie mosse loro dalla Procura di Cassino che non saranno affrontate in nessun processo.

Saverio Forte