Gaeta / Cantieri del Golfo, il Tar dà ragione al Cosind: dovrà restituire terreno e immobile

Cronaca Gaeta

GAETA – Se una società assegnataria di un lotto, beneficiaria di finanziamenti a fondo perduto ed è stata dichiarata fallita deve restituire il terreno e l’immobile presso il quale ha svolto la propria attività imprenditoriale all’ente concedente. E’ questo, in sintesi, il contenuto di una rivoluzionaria sentenza del Tar del Lazio – sezione di Latina – che ha accolto il ricorso del consorzio di sviluppo industriale del sud-pontino contro un’istanza della curatela fallimentare dei “Cantieri del Golfo” che dovrà restituire l’area su cui ha svolto la propria attività imprenditoriale dal marzo 1984 – anno di assegnazione del sito – al 5 dicembre 2013 quando fu dichiarata fallita con una sentenza del Tribunale di Roma. Si tratta un’area strategicamente significativa ubicata in via Sant’Angelo – nella zona industriale di Monte Conca Nord – ai confini dei comuni di Gaeta e Itri che torna nella disponibilità dell’ente di promozione industriale secondo quanto prevede la legge 448 del 1998.

I giudici del Tar hanno anche sentenziato come l’acquisizione sia stata disposta senza alcun corrispettivo economico in quanto il valore dell’immobile , di circa 884 mila euro, è inferiore a quello attualizzato dei contributi pubblici a loro tempo erogati – oltre due milioni e 811mila euro – per finanziare la realizzazione dello stabilimento per la cui riapertura si aprono scenari nuovi. La curatela fallimentare dei “Cantieri del Golfo”, assistita dall’avvocato e professore universitario Giuseppe Mazzerelli, aveva contestato una serie di presunte anomalie nella procedura seguita dal Cosind. Innanzitutto, violando la legge 241/1990, non aveva in alcun modo considerato “la memoria partecipativa inoltrata a seguito dell’avviso di procedimento della curatela con conseguente vizio di motivazione”. E poi il Consorzio industriale avrebbe preteso la restituzione dell’immobile industriale senza esplicitare alcun tipo di interesse pubblico “che non può essere astratto – scriveva nel ricorso il professor Mazzarelli – ma concreto e, dunque, supportata dall’interesse a destinare il bene a specifica attività industriale”.

Il ricorso della curatela fallimentare – respinto dal Tar del Lazio – andava oltre: a suo dire il riacquisto dell’immobile “si risolve sostanzialmente in un’espropriazione, essa sarebbe dovuta essere (sulla scorta di quanto prescrive la legge 327 del 2001) preceduta da un atto che avrebbe dovuto dichiarare la pubblica utilità dello stesso riacquisto attraverso una preliminare istruttoria sull’intero comprensorio industriale volta ad accertare la sua completa saturazione, la persistente destinazione di ogni area alle finalità sue tipiche e l’insufficienza delle aree industriali a disposizione per allocarvi specifici ed ulteriori insediamenti produttivi”. Insomma la curatela ha fatto un ragionamento non condiviso dal presidente di sezione Antonio Vinciguerra e dai consiglieri Davide Soricelli e Valerio Torano: sarebbe stato necessario definire che l’intero territorio fosse stato già assegnato, che gli stabilimenti fossero stati tutti realizzati e in esercizio.

Il Tar ha dato ragione al Consorzio nonostante la curatela del fallimento avesse rimarcato la violazione dell’articolo 63 della legge 448 “difettando il presupposto della cessazione dell’attività da oltre tre anni dal momento che “la Cantieri del Golfo ha continuato a svolgere la propria attività sino a circa un mese prima della dichiarazione di fallimento”, l’area riassorbita “non è stata mai oggetto di assegnazione alla Cantieri del Golfo srl che invece l’ha acquistata dall’originario assegnatario e, addirittura, era stato contestato il valore della perizia effettuato dal consulente nominato dal presidente del Tribunale di Cassino…

Entrando nello specifico delle motivazioni sollevate nel ricorso del professor Mazzerelli il Tar sostiene, invece, come la memoria presentata dalla curatela del cantiere navale fallito è stata presa in esame ed accolta dal responsabile unico del procedimento, la dichiarazione di pubblica utilità è insita – come sottolineato da una sentenza del 7 febbraio 2012 della sesta sezione del Consiglio di Stato – nel procedimento espropriativo di cui i consorzi di sviluppo industriali hanno i poteri esecutivi, la condizione del riacquisto in presenza di una procedura concorsuale presuppone esclusivamente la cessazione dell’attività industriale e artigianale e, infine, un elemento determinante per il riacquisto del sito produttivo è che l’area sia compresa nel territorio consortile mentre “è irrilevante il suo modo d’acquisto da parte del destinatario del provvedimento”. I vertici del Consorzio industriale del sud-pontino gongolano per il contenuto di questa sentenza (la numero 00206/2018) perché conferma la procedura sinora eseguita per la riappropriazione pubblica e per contestuale recupero di importanti e strategici siti industriali dismessi sul territorio del Golfo l’ex Blue Fish a Formia e l’ex Galpi a Minturno.

Saverio Forte