“Il Sacco Chimico”, il fiume avvelenato tra Roma e Frosinone in un web documentario

Ambiente Frosinone Top News Video

FROSINONE – “Il Sacco Chimico – Il futuro contaminato” è il titolo del web documentario prodotto da Ecosin, un progetto non-profit di etica socio-ambientale a cura di Morgana Production (ideazione e regia di Chiara Bellini, produzione a cura di Francesco Scura, musiche originali a cura di Valerio C. Faggioni, fotografia e riprese di Luca Gennari, Giuseppe Petitto e Chiara Bellini, montaggio di Diego Busà, e aiuto regia a cura di Isabella Cirillo).

Sarà presentato al Festival internazionale del giornalismo di Perugia, nell’ambito dell’incontro “Ambiente: giornalismo partecipativo alla ribalta“, focalizzato sui progetti partecipativi sviluppati tramite il blog “L’Ambiente è di tutti” su Repubblica.it“.

Il documentario – che vede la partecipazione di Alberto Valleriani (presidente di Retuvasa – Rete per la Tutela della Valle del Sacco), Salvatore Spina (Ufficio commissariale per la Valle del Sacco) e Orlando Villoni (Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma) – si occupa di uno dei siti di interesse nazionale più complessi, dalla storia tra le più travagliate, nonché dei più estesi, ovvero quello della Valle del Sacco, che si estende tra le province di Roma e Frosinone.

L’emergenza socio-sanitaria scoppiò in quest’area nel 2005, dopo il ritrovamento di numerosi capi di bestiame morti in un affluente del fiume Sacco.

Nel sangue e nel latte di questi bovini fu trovata una molecola altamente tossica, il beta-esaclorocicloesano, contenuto in un pesticida che veniva prodotto dalla SNIA-BPD di Colleferro. Questa sostanza venne sversata per decenni nei canali di scolo del comparto industriale, defluirono così nel fiume che la propagò nei campi adiacenti dove i contadini coltivavano e allevavano animali.

In base alle analisi eseguite, il 50% della popolazione monitorata è contaminata e non esistendo una letteratura esauriente in proposito, essa stessa sta facendo da campione per la comunità scientifica.

La storia dei siti di interesse nazionale italiani (S.I.N.) affonda le proprie radici nel lontano 1997, quando l’allora Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi individuò i parametri per individuare i luoghi più inquinati del nostro Paese e per i quali urgeva un intervento immediato di bonifica; gli elementi da prendere in considerazione per dichiarare un sito di interesse nazionale sono la quantità e la pericolosità degli inquinanti presenti, l’impatto che essi hanno nell’ambiente circostante in termini sanitari ed ecologici, nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali.