Ventotene / Recupero Carcere di Santo Stefano, Tajani: “Il Governo rispetti gli impegni”

Politica Ventotene

VENTOTENE – Un grande investimento ideale. Così si era espresso l’ex premier Matteo Renzi nelle due visite, nel gennaio e nell’agosto dello scorso anno, a Ventotene quando aveva annunciato un finanziamento del Cipe di 70 milioni di euro per la ristrutturazione dell’ex carcere borbonico dell’isolotto di Santo Stefano per realizzarvi un campus universitario per la formazione di giovani europei e dare così una vera casa a quei valori nati con il Manifesto per un’Europa libera ed unita di Altiero Spinelli. A distanza di mesi di questo progetto non si sa più nulla: dopo l’annuncio di Renzi era stato consegnato un rilievo fotografico in 3d indispensabile per monitorare la salute della storica struttura e per il via agli interventi di restauro, era stato poi consegnato uno studio di fattibilità che individuava un possibile approdo nella zona di Marinella, erano stati definiti la zona e i tempi necessari per realizzare l’eliporto dopodichè lo scorso settembre si era svolta una riunione del tavolo tecnico di coordinamento con l’obiettivo di chiudere nei tempi stabiliti tutta la fase ‘autorizzativa’ del progetto di cui si sarebbe dovuto occupare – compresa la gestione – la società “Invitalia”.

Antonio Tajani
Antonio Tajani

Il neo presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani ha definito “lungimirante” il progetto ma ha chiesto al governo italiano di rispettare gli impegni per la conclusione dei lavori entro il 2020. Il carcere di Santo Stefano è stato costruito nel 1797 da Re Ferdinando IV di Borbone: tre piani, tre gironi circolari fatti solo di angusti buchi di detenzione, con un’architettura progettata da Francesco Carpi sul modello del tremendo Panopticon teorizzato dal giurista Jeremy Bentham con l’idea di permettere a un secondino di sorvegliare tutti i detenuti senza che questi potessero capire se erano controllati o no. Si estende per quasi 30 mila metri quadrati con oltre 200 celle progettate per “dominare le menti dei detenuti”, nell’Ottocento vi soffrirono i padri del Risorgimento, negli anni bui del fascismo ospitarono uomini che hanno fatto l’Italia di oggi e l’Europa, da Altiero Spinelli a Sandro Pertini, da Umberto Terracini a Mauro Scoccimarro.

In abbandono dal 1965 il maestoso carcere borbonico di Santo Stefano, quasi un’Alcatraz italiana, ha tutti i titoli per inserirsi fra i simboli della cultura e dell’identità europea da recuperare con l’apporto delle stesse istituzioni del vecchio continente.

Saverio Forte