Hai scioperato il 3 ottobre? In arrivo la multa, lavoratori gelati

Se hai scioperato il 3 ottobre rischi davvero grosso: lavoratori gelati dallo spauracchio di una multa salata. Cosa dice la legge

È stato fatto un primissimo passo per la pace a Gaza tra israeliani e palestinesi, dopo due anni di atroce conflitto (sconfinato quasi in un genocidio). La notizia, arrivata nella giornata di giovedì 9 ottobre, ha fatto esultare non solo i diretti interessati bensì l’intera popolazione mondiale, straziata – a distanza – da quella che è possibile definire una delle pagine più tristi della storia recente.

Persone manifestano contro il genocidio di palestinesi a Gza
Hai scioperato il 3 ottobre? In arrivo la multa, lavoratori gelati (Foto Ansa) – Temporeale.info

A risultare decisivo è stato l’intervento degli Stati Uniti d’America guidati dal presidente Trump, il quale ha fortemente lavorato al “fermate il fuoco” sin da quando si è (nuovamente) insediato alla Casa Bianca. Con ogni probabilità, molto hanno inciso anche l’opinione pubblica indignata dal massacro e le migliaia di manifestazioni contro la guerra registratesi negli ultimi tempi. Ma a proposito di manifestazioni…

Sciopero pro-Palestina, guai in vista per i lavoratori? Cosa dice la legge

A proposito di manifestazioni, c’è da segnalare qualcosa relativamente allo sciopero indetto dai sindacati Cgil e Usb per la giornata dello scorso venerdì 3 ottobre, proprio in riferimento alla guerra israelo-palestinese. Uno sciopero generale, che la Commissione di garanzia ha giudicato illegittimo, in quanto non conforme all’obbligo di preavviso stabilito dalla L. n. 146 del 1990. Si parla in queste ore di multe salate nei confronti dei lavoratori, e in tanti si chiedono: cosa prevede davvero la legge in questi casi?

Persone manifestano contro il genocidio di palestinesi a Gaza
Sciopero pro-Palestina, guai in vista per i lavoratori? Cosa dice la legge (Foto Ansa) – Temporeale.info

Innanzitutto, la legge afferma che gli scioperanti hanno l’obbligo di fornire un preavviso di almeno 10 giorni dell’intenzione di astenersi dall’attività lavorativa. A stabilirlo è l’’art. 2 della legge n. 146 del 1990, nata con lo scopo di coniugare il diritto allo sciopero (garantito ex art. 40 Cost.) con l’erogazione dei servizi essenziali per il godimento dei diritti della persona, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione.

La “controversia”, per quanto riguarda le agitazioni del 3 ottobre, nasce però dalla seguente disposizione: l’obbligo di preavviso non si applica nei casi di sciopero in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori. Secondo i sindacati, l’Italia avrebbe violato i principi costituzionali sulla pace e collaborato con Paesi che non rispettano i diritti umani (Israele, nell’occasione).

Le possibili conseguenze

In attesa che a pronunciarsi in merito siano gli addetti ai lavori, torniamo alla questione d’origine: cosa rischiano i sindacati e i lavoratori che hanno scioperato venerdì 3 ottobre?

Come riferisce il portale specializzato Brocardi.it, “Nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori che proclamano uno sciopero, o ad esso aderiscono in violazione delle disposizioni di cui al citato art. 2, la L. 146/1990 dispone queste conseguenze:

  • sono sospesi i permessi sindacali retribuiti ovvero i contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione, ovvero entrambi, per la durata dell’astensione stessa e, in ogni caso, per un ammontare economico complessivo non inferiore a euro 2.500 e non superiore a euro 50.000 tenuto conto della consistenza associativa, della gravità della violazione e della eventuale recidiva, nonché della gravità degli effetti dello sciopero sul servizio pubblico;
  • le medesime organizzazioni sindacali possono altresì essere escluse dalle trattative alle quali partecipino per un periodo di due mesi dalla cessazione del comportamento;
  • i contributi sindacali trattenuti sulla retribuzione sono devoluti all’Istituto nazionale della previdenza sociale, gestione dell’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria”.

In cosa consiste invece la precettazione: “Il termine “precettazione” si riferisce al provvedimento amministrativo straordinario, con cui l’autorità competente impone un termine per la durata di uno sciopero o delle restrizioni che ne limitano lo svolgimento.

La L. 146/1990 stabilisce che la precettazione può essere adottata quando vi sia un “fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente” a questi diritti costituzionalmente tutelati. Il pericolo in questione deve risultare dalla possibile interruzione o alterazione dei servizi pubblici essenziali causata dallo sciopero, sia da parte di lavoratori dipendenti che da professionisti, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori.

Il legislatore precisa che il pericolo non deve rappresentare un semplice disagio per gli utenti, ma un pregiudizio tale da compromettere significativamente l’esercizio dei diritti costituzionali, con una valutazione che non deve essere immediata, ma comunque probabile in base a una previsione.

La precettazione può essere adottata dalla Commissione di garanzia o, in situazioni di urgenza, d’ufficio dal Presidente del Consiglio, da un Ministro delegato o dal Prefetto, a seconda della rilevanza del conflitto. Essa consegue al fallimento del preliminare tentativo di conciliazione tra le parti coinvolte”, si legge.

L’ordinanza di precettazione deve essere emessa entro 48 ore prima dell’inizio dello sciopero, salvo particolari casi di urgenza o continuazione della conciliazione e può contemplare misure quali:

  • il differimento dello sciopero;
  • la riduzione della sua durata;
  • l’imposizione di livelli minimi di servizio;
  • l’unificazione di scioperi proclamati separatamente.

Cosa accade in caso di violazione delle misure disposte con l’ordinanza di precettazione:

“Le sanzioni previste dal legislatore, in caso di inadempimento a quanto previsto nell’ordinanza, differiscono a seconda che la violazione sia stata commessa dai lavoratori o dalle organizzazioni sindacali.

L’inosservanza – da parte dei singoli prestatori di lavoro, professionisti o piccoli imprenditori – delle disposizioni contenute nell’ordinanza è assoggettata alla sanzione amministrativa pecuniaria per ogni giorno di mancata ottemperanza, determinabile, con riguardo alla gravità dell’infrazione ed alle condizioni economiche dell’agente, da un minimo di euro 500 a un massimo di euro 1.000. Le organizzazioni dei lavoratori, le associazioni e gli organismi di rappresentanza dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori, che non ottemperano all’ordinanza sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 50.000 euro per ogni giorno di mancata ottemperanza, a seconda della consistenza economica dell’organizzazione, associazione o organismo rappresentativo e della gravità delle conseguenze dell’infrazione. Il sistema giuridico consente anche che l’ordinanza di precettazione possa essere impugnata davanti al TAR, con possibilità di sospensione da parte del tribunale amministrativo in caso di ragioni fondate”.

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