Pontinia / Al Teatro Fellini va in scena “Dopo la Bora” di Francesca Miranda Rossi

Eventi Pontinia Spettacolo Tempo libero

Riprende, parallelamente alla stagione di prosa, la programmazione del Fellini di appuntamenti “fuori abbonamento” raccolti nella sezione “Slash”, lo spazio multidisciplinare e poli linguistico che racchiude al suo interno le attività di produzione, formazione e le molteplici collaborazioni che il teatro diretto da Clemente Pernarella ha strutturato nel corso degli anni. Domenica 24 marzo alle ore 18.00 in scena lo  spettacolo “Dopo la bora”.

Nel 1971 Franco Basaglia diventa direttore del manicomio di Trieste e, mattone dopo mattone, comincia ad abbattere il muro che lo separa dal resto della città. L’arrivo del dottor F rivoluziona le vite non solo dei pazienti ma di medici, infermieri e di tutti coloro che li aspettano a casa. Sette anni dopo, i cancelli si aprono per sempre: il 13 maggio 1978 la legge Basaglia sancisce la chiusura di tutti i manicomi sul suolo italiano e la reintegrazione degli internati nella società civile. Dopo la bora traccia le storie dei personaggi che abitano Trieste e il San Giovanni alle soglie di questo evento epocale. Lo spettacolo sviluppa due linee narrative fondamentali che si intrecciano. Fuori dal manicomio seguiamo la vita di Antonia, la moglie di un internato che dopo trent’anni attende il suo ritorno; dentro il manicomio, quelle dei due pazienti Giovanni e Tinta e, attraverso di loro, di tutti gli altri “matti”. Matti che parlano, che non parlano più,che votano alle elezioni, che piantano le rose, che credono di essere un cavallo. Ciascuno affronta a suo modo le contraddizioni che la fine dei manicomi porta con sé.

La storia del manicomio di Trieste è una storia di resistenza, di un inimmaginabile che improvvisamente diventa possibile, addirittura inevitabile. Eppure, come si chiede Basaglia: esiste veramente un fuori dal manicomio? Fuori dalle istituzioni, fuori dalle etichette, fuori dal rapporto medico.paziente, che cosa rimane? Fuori dalle mura dell’Ospedale Psichiatrico, il mondo è veramente “sano”? Domande essenziali, che è ineluttabile continuare a porci oggi, nel centenario della sua nascita. Approda dunque al Fellini, dopo essere stato in residenza al Teatro di Villa Pamphili e poi rappresentato a Fortezza Est, uno spettacolo dal forte valore civile, diretto alla contemporaneità, con una modalità di ricerca fondata sulla nuova drammaturgia e la scrittura scenica, portato in scena da tre giovanissime artiste emergenti tra le quali l’attrice di Isabella delle Monache cresciuta a Latina e che a Latina ha mosso i primi passi professionali.

Isabella Delle Monache: “Dopo la bora” è innanzitutto un testo sulla libertà e sul coraggio di affermarla sempre, contro le convenzioni, contro la società, contro un mondo che ci vorrebbe tutti omologati laddove, come diceva Basaglia, “da vicino nessuno è normale”. È un testo che, come attrice, mi ha dato la possibilità di sentirmi totalmente libera, priva di griglie e costrizioni, libera di sperimentare, di essere Tinta, Giovanni o un cavallo, Marco Cavallo, lo splendido cavallo azzurro di legno dal quale la rivoluzione di Basaglia ha preso il via. Per me, che sono cresciuta a Latina e a Latina mi sono avvicinata al teatro proprio con i laboratori di Clemente Pernarella e Melania Maccaferri, mettere in scena “Dopo la bora” a Pontinia è un grande traguardo, un cerchio che si chiude e, speriamo, un altro che si apre”.

La drammaturga Francesca Miranda Rossi: “L’esperienza di cura e di lotta politica che Basaglia ha portato avanti nell’ospedale di Trieste negli anni ’70, culminata nella legge del 13 maggio 1978 che sancisce la chiusura dei manicomi in tutta Italia, è stato un evento che ha cambiato radicalmente la storia del nostro paese. Eppure adesso, dalle nuove generazioni, da chi nel ’78 non c’era, comincia a essere dimenticato. Parlare di questa esperienza era uno degli obiettivi alla base di questa drammaturgia. Adesso, nel 2024, in un momento in cui finalmente si parla anche a livello mainstream di salute mentale, secondo me è fondamentale ricordare quell’evento, perchè da un punto di
vista di pensiero era molto più “avanti” di tante cose che succedono o si dicono oggi. Dopo la bora è ambientato pochi mesi prima dell’emanazione della legge Basaglia, in un momento di transizione in cui le porte dell’ospedale psichiatrico di Trieste cominciavano
ad aprirsi e bisognava cominciare a pensare al “dopo”.

Di questo momento – e in generale dell’esperienza di Basaglia a Trieste – mi interessavano soprattutto due cose. La prima è la quantità di contraddizioni che questo processo si è portato con sè. Reintegrare i malati all’interno della società civile non è  stato un processo facile (nè un processo che si è mai veramente concluso!), per nessuno. Anche per questo, per raccontare le diverse sfaccettature della questione, ho scelto di intrecciare nella mia storia tre diversi punti di vista: il punto di vista dei pazienti, quello delle famiglie dei pazienti e quello della società, che per la prima volta si trova costretta a fare i conti con il tema della malattia mentale. Il secondo elemento che mi interessava che, secondo me, la storia di Basaglia e dell’Ospedale di Trieste è la storia di un’utopia. Un’utopia che però non rimane solo pensata, o sognata, ma che si realizza concretamente.