Frosinone / Delitto Serena Mollicone, le motivazioni della rinnovazione del dibattimento

Cronaca Frosinone

FROSINONE – Dieci cartelle per censurare apertamente il contenuto della sentenza con cui il 15 luglio 2022 la Corte d’Assise del Tribunale di Cassino ha assolto, a vario titolo, Franco, Marco e Annamaria Mottola oltre che Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano dalle accuse di aver ucciso e occultato il cadavere di Serena Mollicone e aver istigato al suicidio il brigadiere di Sora dei Carabinieri Santino Tuzi. In questi dieci fogli il Procuratore Andrea Piantoni ha motivato la richiesta di rinnovazione del dibattimento per tentare di fare piena luce del delitto di Arce avvenuto il 1 giugno 2001.

Il Procuratore Generale nella sua istanza consegnata giovedì al presidente della Corte d’Assise d’appello Vincenzo Capozza nelle fasi inaugurale del processo di secondo grado non ha chiesto solo di ascoltare 44 tra testi e consulenti citati e nominati dalla Procura di Cassino nel corso del dibattimento di primo grado ma ha illustrato le ragioni.

“Ci sono diversi e nuovi elementi investigativi che – ha scritto Piantoni – vanno approfonditi e valutati dopo il loro mancato o sufficiente esame da parte del Tribunale di Cassino”. Che ci sia questa necessità probatoria il Procuratoe generale lo sollecita chiedendo il rispetto dell’articolo 603 – primo e secondo comma – del codice di proceduta penale. Da qui la richiesta di sentire per la prima volta due testi della stessa Procura che per alcune motivazioni non sono comparsi nell’aula buker di piazza Labriola.

Il Procuratore generale vuole approfondire con le loro audizioni il presunto ruolo nel delitto di Marco Mottola. In quest’ottica il dottor Piantoni vuole sentire Bernardo Belli, il padre di Carmine che, arrestato e assolto con sentenza in giudicato per l’omicidio della studentessa di Arce, deve confermare di aver saputo o meno (nel tardo pomeriggio del 2 giugno 2001) dal figlio e da Simonetta Bianchi che la mattina del 1 giugno 2001 Marco Mottola (“I suoi capelli davano sul biondastro, avevano una colorazione strana, non uniforme”) e Serena avevano litigato nei pressi del bar Chioppettele. Piantoni non ha peli sulla lingua quando ricorda come la Corte d’assise di Cassino abbia definito “inattendibili” i ricordi di Belli e della Bianchi che, per la cronaca, non ricordavano quella circostanza.

Nell’elenco ora nella disponibilità della Corte d’Assise d’appello c’è anche il nome del barbiere di Arce Ramon Iomni. Il Pm Beatrice Siravo voleva ascoltarlo nel processo di primo grado, il Tribunale disse di no due volte: all’interrogatorio e all’acquisizione di un messaggio audio che l’uomo invio alla cugina di Serena, Gaia Fraioili, contenente indicazioni il colore ed il taglio dei capelli di Marco sino al 1 giugno 2001. Il figlio dell’ex comandante – secondo la Procura generale – sarebbe andato dal barbiere prima del funerale di Serena per non alimentare su di se eventuali sospetti circa il suo coinvolgimento nel delitto.

Il Procuratore generale, insomma, si è dimostrato tutt’altro che contento e soddisfatto sull’esito del processo di primo grado e definisce come siano state definite “erroneamente inattendibili”, per esempio, le dichiarazioni rese in aula dall‘italo-brasiliana Sonia Da Fonseca in ordine a quanto confidatole dall’allora donna che prestava le pulizie all’interno della Caserma di Arce, AnnaRita Torriero, circa la presenza all’interno di Serena la mattina del 1 giugno 2001.

Piantoni chiama in causa i giudici del Tribunale di Cassino quando li accusa di aver disatteso le dichiarazioni rese dall’ex Maresciallo dei Carabinieri Gaetano Evangelista secondo il quale, relativamente ai suggerimenti del collega Ernesto Venticinque e allo sfogo dell’appuntato Suprano, “le indagini dovevano essere svolte nei confronti della famiglia Mottola”. Un altro e diverso appunto il rappresentante della Procura generale lo rivolge alla Corte d’Assise di Cassino sulla testimonianza, “non ammessa in aula” dell’ex comandante della stazione dei Carabinieri di Fontana Liri, Gabriele Tersigni. E’ uno dei capisaldi dell’appello della Procura di Cassino secondo il quale Tersigni raccolse le confidenze del brigadiere Tuzi, suicida il 9 aprile 2008, circa la presenza di Serena nella caserma di Arce la mattina del 1 giugno 2001.

Non è stata in silenzio, neppure all’indomani dell’inizio del processo d’appello, la difesa della famiglia Mottola. Uno dei legali, l’avvocato Mauro Marsella, ha rinnovato le sue richieste alla richiesta, accolta dopo una breve camera di consiglio, del Procuratore Piantoni: “Pur rispettandola, non condividiamo la decisione assunta dalla Corte d’Assise d’appello di Roma circa la rinnovazione dell’istruttoria. E’ una decisione che appare, secondo noi, processualmene illegittima e nel merito irrilevante, alla luce dell’ampia e fin troppo esaustiva istruttoria dibattimentale svolta in primo grado. Ad ogni modo, come abbiamo sempre fatto, replicheremo estensivamente e puntualmente alle questioni che saranno affrontate dai Consulenti della Procura Generale e lo faremo sia attraverso i nostri consulenti e sia anche attraverso la forza della verità. D’altronde le numerose impronte digitali rinvenute sul corpo di Serena Mollicone e sui reperti circostanti al cadavere, e sono decine, non appartengono a nessuno degli imputati e non hanno, con essi, alcuna attinenza: da li dovrà passare la conferma dell’assoluzione già pronunciata”.

Il portavoce del collegio difensivo di Franco, Annamaria e Marco Mottola, il criminologo Carmelo Lavorino, si è detto pronto ad affrontare già il prossimo 20 novembre questo nuovo ed atteso round processuale.

“La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica e’ istintivamente colpevolista (a pelle), nonostante non ci siano indizi seri e probanti (le prove sono inesistenti), gli imputati si sono sempre dichiarati innocenti e sono stati già assolti in primo grado. Come mai questa contraddizione fra pancia e cervello? – si è interrogato sui social il criminologo di Gaeta – Su cosa si fonda e si forma il convincimento colpevolista dell’opinione pubblica? Sulla propaganda parainformativa dei fans dell’accusa? E’ civile che i media mettano sulla graticola ed espongano alla pubblica gogna chi si dichiara innocente e le prove non arrivano? E’ giusto giudicare il Maresciallo Mottola per il suo sguardo, il figlio Marco perché sputtanato da trasmissioni televisive et similia, da insinuazioni e pettegolezzi? Io ritengo di no, e ricordo che il sonno della ragione genera mostri e invito tutti a distruggere le ‘colonne infami’. Ben vengano i nuovi approfondimenti (illogici e inutili) che porteranno a confronto i consulenti del Pm con quelli della Difesa degli imputati, così le ciarliere comari, le oche starnazzanti e i tromboni stonati si zitteranno”.