Sud Pontino / Operazione “Touch and go”, al via la requisitoria del Pm Corrado Fasanelli

Cronaca Formia Minturno

SUD PONTINO – Più di sei ore per esaminare la posizione processuale di quattro dei 12 imputati. Non ha tradito le attese la prima parte della durissima requisitoria formulata dal sostituto procuratore della Dda di Roma Corrado Fasanelli nell’ambito del processo anti droga “Touch and go” che con il rito ordinario si sta svolgendo davanti il Tribunale di Latina presieduto dal dottor Marco Gioia.

Il pm della Procura antimafia ha passato al setaccio la posizione di quattro imputati di Minturno. Più, precisamente, di Raffaella Parente, di 31 anni, di Armando Danilo Clemente, di 27 anni e dei fratelli Domenico e Giuseppe De Rosa, di 26 e 29 anni. Secondo le risultanze investigative dei Carabinieri condivise dalla Dda i quattro avrebbero fatto parte di un sodalizio che, dal 2015 in poi, per conto della camorra avrebbe spacciato fiumi di droga tra Formia, Scauri e Minturno.

Il dottor Fasanelli nell’udienza di giovedì si è riservato di definire l’entità delle richieste di condanne per i quattro. Lo farà il 10 novembre quando affronterà le singole posizioni degli altri otto imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario. Si tratta di Giovanni Nocella, di 54 anni di Formia; di Giuseppe e Francesco Leone, di 47 e 35 anni di Formia; di Matteo Rotondo, 36 anni di Minturno; di Marco Barattolo, di 40 anni di Formia; di Daniele Scarpa, di 29 anni di Formia; di Giancarlo Di Meo, di 36 anni di Minturno e, inoltre, di Giuseppe Sellitto, di 31 anni di Sessa Aurunca. Se nelle prossima udienza del dibattimento i riflettori saranno ancora puntati sul Pm della Dda, in quella successiva, in programma il 24 novembre, sarà la volta del nutrito collegio difensivo composto dagli avvocati Massimo Signore, Vincenzo Macari, Luca Scipione, Enrico Mastantuono, Giovanni Valerio, Pasquale Cardillo Cupo e dell’avvocato Riccio del foro di Benevento. Quello sarà il penultimo atto del delicato processo che vivrà il suo clou con le repliche della pubblica e la sentenza nell’udienza conclusiva del 15 dicembre.

Alcuni degli imputati coinvolti nell’operazione “Tach and go” avevano subito la mano pesantissima del Gip del Tribunale di Roma Angela Gerardi al termine del rito abbreviato. Se il dottor Fasanelli aveva chiesto nella sua requisitoria aveva chiesto 95 anni di carcere, il Gip, nonostante lo sconto di una terza della pena, ne sentenziò molti più, 106 anni e due mesi. La condanna più pesante, 18 anni e mezzo, riguardò Domenico Scotto che, insieme al fratello Raffaele (16 anni e 8 mesi lei), avrebbe capeggiato una organizzazione sgominata il 1 aprile 2020 nell’ambito dell’operazione  per conto di due clan dominanti nel quartiere napoletano di Secondigliano, i Licciardi prima e, dopo la sua trasformazione, i “Sacco Bocchetti” poi.

Per la Dda di Roma il referente nel sud pontino di questo sodalizio è stato sempre il minturnese Stefano Forte, condannato a 18 anni e due mesi di carcere, seguito da Armando Prete (17 anni di carcere) e Michele Aliberti,per lui una condanna a 16 anni e 2 mesi di reclsione. Più lievi le condanne per gli altri cinque imputati che decisero di essere processati con il rito abbreviato: otto anni e 4 mesi di carcere per Carmine Brancaccio, tre anni per Valentino Sarno, Massimiano Mollo e Walter Palumbo mentre lo scaurese Diego Camerota è stato condannato a due anni e quattro mesi dopo essere diventato un collaboratore di giustizia

Il Gip Gerardi confermò l’impianto accusatorio della Dda e, non applicando ad alcuni degli imputati le attenuanti generiche, non riconobbe l’aggravante mafiosa relativamente a quattro episodi caratterizzati dall’uso delle armi e degli esplosivi.