Minturno / Delitto Campanale, motivazioni della sentenza del processo di appello

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MINTURNO – Eduardo Di Caprio voleva uccidere Cristiano Campanale la serie del 25 gennaio 2019 in via Antonio Sebastiani a Scauri. L’investimento fu caratterizzato da una condotta dolosa acuita dal fatto che l’omicida, dopo aver investito mortalmente il commerciante, ha ferito, brandendo un bastone, il fratello Andrea di 23 anni. Lo si evince dalle motivazioni, articolate in 13 pagine, con cui la prima sezione della Corte d’assise d’appello di Roma ha emesso 14 ottobre scorso nei confronti di Eduardo Di Caprio, l’uomo di 38 anni per il quale è stata confermata la condanna a 16 anni e 8 mesi di reclusione emessa dal Gip del Tribunale di Cassino Salvatore Scalera al termine del rito abbreviato.

I giudici di secondo grado avevano respinto la richiesta della difesa dell’uomo che, rappresentata dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, aveva invocato la derubricazione dei reati di omicidio doloso e tentato omicidio in omicidio preterintenzionale e lesioni. E invece la corte d’Assise d’appello ha accolto l’istanza del procuratore generale che al termine della sua requisitoria aveva sollecitato la condanna di primo grado. I giudici d’appello – presidente Andrea Calabria, a latere Silverio Tafuro – hanno accolto i rilievi proposti dal procuratore generale e dagli avvocati delle parti civili costituite, gli avvocati Luca Cupolino, Roberto Salvatore Palermo, Vincenzo Ponti e Attilio Di Nardo, arrivando a definite le ipotesi difensive contenute nell’appello proposto dal Di Caprio, “prive di alcun tipo di pregio”, in quanto “del tutto congetturali, destituite di fondamento, sia in fatto sia in diritto”.

Eduardo Di Caprio agì quella sera accecato dall’ira dopo aver ricevuto – secondo quanto ribadito dalla sua difesa – alcuni messaggi whattsapp dal forte contenuto provocatorio per via di presunti sentimenti di rivalsa e gelosia legate alle rispettive attività lavorative e professionali. I legali di alcune parte civili, soprattutto l’avvocato Luca Capolino ed il dottor Riccardo Tucciarone, avevano presentato una memoria, il cui contenuto è stato condiviso dal Procuratore generale. E cioè che Di Caprio avrebbe agito con dolo e premeditazione smentendo invece la tesi dell’avvocato Cardillo che, chiedendo l’attenuante della provocazione, non aveva escluso che Di Caprio fosse autore di una condotta estorsiva e persecutoria da parte della vittima con la complicità di uno zio Carabiniere che nel frattempo si è costituito parte civile insieme ad diversi altri familiari di Campanale

Per l’avvocato Cupolino le motivazioni della sentenza della prima sezione della Corte D’assise d’appello hanno fortemente criticato la prospettazione dei fatti avanzata dalla difesa di Di Caprio “in maniera del tutto slegata da quanto emerso nel corso del giudizio di primo grado – ha osservato il legale di parte civile – unicamente a colpevolizzare le vittime. Pur comprendendo il dramma che ha colpito tutti i soggetti coinvolti in questa vicenda, compreso lo stesso Di Caprio condannato a oltre sedici anni di reclusione, non si può non restare soddisfatti nel rilevare come la Corte di Assise di Appello di Roma abbia puntualmente ricostruito la vicenda in ogni suo aspetto e sconfessato, pertanto, le infamanti accuse mosse dallo stesso Di Caprio alle due vittime, articolate nel proprio gravame, nell’evidente e vano tentativo di ridimensionare la propria condotta. Lo stesso Collegio giudicante infatti ha sottolineato come l’appello proposto da Di Caprio fosse del tutto avulso e slegato rispetto la sentenza di primo grado e gli elementi emersi, che invece depongono indiscutibilmente verso il riconoscimento della volontarietà della condotta omicidiaria del Di Caprio ai danni del compianto Cristiano e di suo fratello, vivo per un vero e proprio miracolo”.

La Corte di Assise di Appello si è anche espressa sull’entità della pena, sostanzialmente rappresentando come Di Caprio avesse già beneficiato di un suo mite ridimensionamento sentenziato da parte dello stesso Gup del Tribunale di Cassino.