Formia / Commemorazione per l’aviere caduto nel 1984

Attualità Ponza

FORMIA – Nella storia dell’aviazione italiana, che sia civile e militare, ci sono tanti “buchi”, il più famoso e inquietante resta quello legato alla strage dell’areo di linea Itavia “caduto” da un missile la sera del 27 giugno 1980 sui cieli tra Ponza e Ustica. Altri – non meno secondari – sono finiti nel dimenticatoio e dell’oblio che meritano, a distanza di altri, i riflettori dei media e dell’opinione pubblica. Su di uno in particolare non vogliono abbassare l’asticella della memoria un gruppo di cittadini che, residenti nelle frazioni di Maranola e Trivio, hanno chiesto di conoscere la verità su quanto avvenuto alle ore 22 di giovedì 10 maggio 1984 in località “Costa Viola”, una zona impervia di alta montagna, attualmente ricadente nell’area del Parco regionale dei Monti Aurunci, ai confini dei comuni di Formia e Itri.

Qui nei giorni scorsi una delegazione della Confraternita della Madonna Santissima del Carmelo guidata dal suo Priore, Giuseppe Antonio Sparagna (fratello dell’etnomusicologo Ambrogio e dell’ex Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Gaeta, Monsignor Giuseppe Sparagna), dell’associazione culturale “Maranola Nostra” (c’era il suo attivo presidente Claudio Filosa) e del blog “Trivio Amici” dell’infaticabile Tony Guglielmo (che doverosamente ringraziamo per le foto gentilmente concesseci) hanno deposto dei fiori ed una semplice ma significativa ricordo nel luogo in cui 35 anni fa è caduto misteriosamente del suo F-104.S il giovane sottotenente Pasquale Pezzullo. Quell’aviere aveva soltanto 23 anni ed è originario di Pomezia, in provincia di Roma: quella sera del 10 maggio 1984 comandava la squadriglia composta da altri due F-104 che si era alzata in volo dall’aeroporto militare di Capua Grazzanise, in provincia di Caserta, per effettuare una ricognizione notturna sul territorio ai confini della Campania, del Basso Lazio e delle isole di Ponza e Ventotene.

Tutto bene per una quarantina di minuti nel corso dei quali i tre caccia si tennero in stretto contratto con la loro torre di controllo sorvolando paesi come Sparanise, Teano, Roccamonfina e i primi della provincia di Latina, Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Minturno. Sino a quando ed improvvisamente alle ore 22,45 la torre di controllo della base militare di Grazzanise ricevette dal sottotenente Pezzullo una frase con un verbo coniugato alla prima persona plurale: “Abbiamo…” Poi il silenzio assordante a cui nulla potette la richiesta di chiarimenti della torre di controllo della base dell’Areonautica di Grazzanise. Che fosse successo di grave lo capirono subito gli uomini radar di Grazzanise: quell’esemplare di F.104.S decollato trequarti d’ora prima era scomparso…

Qui era di stanza il 9° Stormo Caccia Intercettori ”Francesco Baracca” (ogni stormo dell’Aviazione Militare Italiana è stato dedicato ad un pilota decorato di medaglia d’oro al valore militare) all’interno del quale era perativo il 10° Gruppo Caccia Intercettori Aeritalia F-104.S e la 609^Squadriglia di Collegamento composto da vari tipi di aerei. Da questo momento iniziano i misteri che sono tornati dalle viscere della storia dopo 35 anni esatti in superfice. Gli altri due piloti in perlustrazione iniziarono non risposero alle richieste di chiarimenti e di informazioni dei colleghi in servizio nella torre di controllo per poi atterrare alla loro base e comunicare che il sottotenente Pasquale Pezzullo era caduto in una zona di alta montagna, peraltro molto impervia e di difficile accessibilità, ai confini dei comuni di Formia e Itri. L’Areonatica militare con una gran riservatezza informò di quanto accaduto i familiari e i genitori di Pezzullo della tragedia avvenuta ma del recupero, parziale, dei suoi poveri resti non venne incaricata alcuna agenzia funebre locale. L’intento era chiaro e palese: quell’incidente non doveva finire sui giornali e così praticamente avvenne. Della caduta di quel caccia F-104 ne parlò solo un quotidiano, peraltro non del territorio, “Il Giorno” di Milano che pubblicò la notizia ma solo dopo tre giorni, domenica 13 maggio 1984… Il sopralluogo organizzato nei giorni scorsi dai volontari della Confraternità della Madonna del Carmelo, dell’associazione “Maranola Nostra” e del blogg Trivioamici ha evidenziato, anche a livello fotografico, che tracce di questa tragedia tipicamente italiana sono ancora lì visibili e preda di escursionisti della domenica anche a distanza di ben 35 anni. La carlinga, di color grigio, di quel caccia su cui il tempo non ha cancellato il nome dell’aviere eroe della prima guerra mondiale Francesco Baracca (a cui il comune di Castelforte gli ha intitolato una delle principali strade del paese) con il simbolo di un cavallino nero rampante – lo stesso noto in tutto il mondo per essere il logo della scuderia sportiva della Ferrari – non è mai stata recuperata e i partecipanti a questa cerimonia di commemorazione l’hanno trovata in ottime condizioni…nonostante il tempo trascorso in una zona dove l’escursione termica diventa un elemento penalizzante per la sua conservazione.

Da una lettura ed interpretazione dell’articolo pubblicato sul quotidiano “Il giorno” emergono non pochi misteri che rendono la vicenda, a distanza di 35 anni, ricca di incognite. Se il sottenente Pezzullo ha avuto un improvviso guasto tecnico al suo caccia perché non ha lanciato un “M-Day”, un segnale d’allarme d’emergenza? Il suo caccia intercettore, che abitualmente vola ad un’altezza variabile tra i 10 ed il 13mila metri, perché volava a poco meno di 800 metri in una zona – come detto – caratterizzata da tante asperità montuose? E poi quel verbo, “Abbiamo..” coniugato alla prima persona plurale. Pezzullo e gli altri due piloti notarono qualcosa di sospetto in località “Costa Viola”? A distanza di anni da quell’incidente non ci sarebbero tracce di verbali in cui gli altri due piloti degli F.104 che sorvolarono i cieli del sud-pontino avrebbero confermato la stessa cosa e furono nell’impossibilità di essere contattati dalla loro torre di controllo? A questo punto subentra anche un’ipotesi fantascientifica, quasi inverosimile, caldeggiata da un portale del settore aereonautico, www.geocaching.com, quella degli Ufo. Ecco quanto testualmente ha riportato nel 2017: “ Nella zona adiacente al teatro della vicenda passa l’Aerovia A-14 (Ambra 14) che attraversa parte del Ferentino e Frosinone. Tra i due centri vi è un radiofaro non direzionale dell’Aeronautica (Frosinone Torre NDB/ILH) e, proseguendo verso sud-est nei pressi di Roccamonfina, troviamo un Vor (radiofaro semi-direzionale in VHF), a tutto ciò subentra un’ipotesi: gli Ufo, qualunque sia la loro natura, è probabile che sfruttino le installazioni (Vor, Tacan ecc.) per inidizzarsi sulle loro traiettorie, risparmiando energie e forse ricaricandosi tramite quelle energie lasciate dalle postazioni di intercettazione radar. In caso d’intercettazione, i radar a impulsi Doppler sono impiegati per individuare un’incursore che vola a bassa quota; mentre i normali radar diretti verso il basso segnalano una miriade di echi provenienti dal suolo; il computer del radar ad impulsi Doppler elimina tutti gli echi che provengono da oggetti che sono in conformità con il percorso di volo mostrando solo il resto, cioè tutti gli oggetti che si muovono. Ma anche un oggetto che si muove a 90° gradi rispetto alla rotta seguita viene generalmente eliminato”.

Tornando al caso dell’ F-104.S con a bordo il sottotenente Pezzullo, il sito www.geocaching.com ha simulato quanto avvenuto la sera del 10 maggio 1984: “Gli aerei s’innalzano in volo dalla base, raggiungendo quota massima di 13’000 m. (tempo trascorso per tale operazione minuti 1,40″). In seguito scendono a quota 11’000 m. (tempo trascorso secondi 19,3) tempo rimanente all’impatto sul picco del Monte Viola (altitudine 700 m.) secondi 50,67. Distanza dalla base aerea al punto d’impatto Km.52,50. Abbiamo calcolato che con un angolo di salita di 45° gradi ad una quota di 13’000 m. raggiunti in soli minuti 1,40″ secondi, con una velocità di crociera di circa 2’123 Km/h, l’aereo si trovava perpendicolarmente a metà percorso tra il monte (luogo dell’impatto) e la base, che è di Km.52,50. Ammesso che l’aereo sia poi sceso sugli 11’000 m., ha impiegato solo secondi 19,3 centesimi, trovandosi in seguito a soli secondi 50,67 centesimi per raggiungere il punto d’impatto…ed erano appena trascorsi secondi 69,97 centesimi dal punto Azimuth cui aggiungendo il minuto 1,40″secondi di salita otteniamo: minuti 2,09″ secondi e 97 centesimi; che è la copertura complessiva del tragitto. Dato che tra la fase di volo, e il tempo trascorso dopo l’ultimo messaggio sono trascorsi ben 45′ minuti circa, è deducibile che i piloti abbiano fatto varie manovre nella zona circostante la base, probabilmente con volo a parabolica, la quale comporta la più dispendiosa parte di tempo.” E poi c’è un’altra ipotesi: “Sarebbe quella che entrambi i componenti della pattuglia stazionavano a m.13’000 scandagliando con il radar il settore operativo di quella quota, mentre Pezzullo scendeva a quota m.11’000, restando così sotto osservazione dei colleghi e scandagliando più a fondo l’altra parte del proprio settore operativo; inoltre con questo sistema l’aviogetto intercettato non poteva sfuggire; o forse evidentemente il sottotenente Pezzullo sarà entrato in un campo magnetico provocato da un aviogetto sconosciuto il quale ha fatto impazzire i propri strumenti di bordo, ed essendo il Pezzullo il più vicino al campo magnetico dell’oggetto ne divenne volutamente la vittima, mentre i suoi compagni ne avranno risentito solo in parte ( rimanendo bloccati solamente i sistemi radio), data la loro superiore altezza.” E c’è la teoria di un più normale velivolo invasore che, riuscendo ad eludere i sistemi di sicurezza, avrebbe convinto il sottotenente Pezzullo ad intercettarlo ed identificarlo in maniera solitaria. Il sito www.geocaching.com riportava testualmente il “Rapporto d’Intercettazione dell’Ami (Aviazione Militare Italiana)” pubblicato dall’ “AIP-Italia (Pubblicazione Informazioni Aereonautiche)” nella premessa del capitolo 15 – “Servizio Intercettazioni Aeromobili” alla pagina RAC-1-17…”Velivoli non identificati”, che sorvolino lo spazio aereo sovrastante il territorio nazionale italiano e le acque ad esso adiacenti saranno oggetto d’intercettazione aerea per identificazione. Nota 1-1 l’identificazione dei velivoli sarà agevolata se questi si atterranno alle norme del Servizio di Controllo del traffico aereo vigenti in Italia, contenute nell’AIP-Italia.

Nota 2-1 Si raccomanda a tutti gli aereomobili, ed in particolare a quelli in servizio regolare di linea, che sorvolano il territorio italiano e le acque territoriali, di seguire le aerovie e le rotte assistite osservando scrupolosamente le procedure prescritte. Per lo scambio delle segnalazioni in volo fra aeromobili intercettori e intercettati sono stabiliti i seguenti sistemi di collegamento, in ordine di precedenza.” Ma, dopo 35 anni tondi tondi, perché è morto a soli 23 anni il sottotenente Pasquale Pezzullo tra i boschi della “Costa Viola” tra Formia e Itri?
Saverio Forte

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