Minturno / Una “serata d’onore” per Michele Placido tra musica e poesia (video)

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MINTURNO – Tra storie antiche fatte di pietre e di polvere di cui il Teatro Romano di Minturnae si fa custode, lo scorso 10 giugno è iniziato un racconto, narrato da Michele Placido. Un accorato dialogo tra artista e spettatore  fatto di emozioni, musica e parole con monologhi tratti da grandi personaggi come Dante, Pirandello, Neruda, ma anche poeti e scrittori napoletani come Eduardo De Filippo, Raffaele Viviani, Salvatore Di Giacomo. Ogni parola ha trovato la musicalità struggente e trascinante di Gianluigi Esposito (voce e chitarra) ed Antonio Saturno ( chitarra e mandolino) ed ogni entusiasta partecipante non può che lasciarsi condurre per mano in questo viaggio. L’evento, “Serata d’onore“, rientrava nel calendario di “Solcare Minturnae“, organizzato dall’amministrazione comunale, dalla Soprintendenza ABAP per le province di Frosinone, Latina e Rieti, il Parco regionale Riviera di Ulisse e finanziato dalla Regione Lazio. Abbiamo intervistato Michele Placido prima di andare in scena.

Michele Placido

Come ha intenzione di condurre per mano lo spettatore in questo “viaggio di parole”?
Dipende molto dal pubblico. Quando il pubblico risponde, si da di più. Io faccio la mia parte, lo aggancio con poche parole. Questo non è uno spettacolo teatrale come “Sei personaggi in cerca d’autore” che porterò in tournèe  quest’inverno a Milano, Torino, Venezia, comunque in tutto il nord. Questo è un testo che va a braccio, non c’è un testo scritto. Ho le mie memorie da un punto di vista mnemonico nel senso di scrittura, le mie poesie, i miei versi ma anche alcuni momenti di testi teatrali legati piuttosto alla figura di Eduardo, di Pirandello… E’ una serata d’onore in cui l’artista espone tutto il suo baule, la sua memoria, i suoi ricordi ed a seconda della risposta del pubblico; lo spettacolo si anima, si accende. Io non prendo per mano, prendo per la parola. Poi ci sono i due ragazzi che mi accompagnano e che hanno una qualità musicale notevole anche perché la canzone napoletana quella classica che ha trionfato in tutto il mondo, cantata da Elvis Presley, Nat King Cole, Sinatra ecc. ha un riscontro notevole.

Tra la scelta dei personaggi portati in scena, ci sono molti autori del Sud come Di Giacomo, De Filippo, Viviani. Quanto dell’uomo del sud ancora traspare e permane nella sua scelta artistica? C’è ancora questo legame con la sua terra natìa essendo lei un “uomo del Sud”?
Certo. Questo legame col tempo si recupera. Quando si è giovani e si lascia la terra natìa si va verso il sogno, la gloria; verso tutto quello che può avere in mente un ragazzo di vent’anni, di andare oltre la siepe come diceva Leopardi. Col tempo però il percorso esistenziale ti fa riflettere e sempre di più vengono fuori i legami con la tua terra: dove sei nato, dove ti sei formato. Come dice Shakespeare che un uomo si forma nei primissimi anni della propria vita, nei primi dieci anni. Poi si accumula quella sensibilità che è alla base del talento a cui si aggiunge l’esperienza e la tecnica. Andando fuori, andando nella grande città, quando si frequenta una scuola di teatro o di cinema si aggiunge quindi la tecnica e si forma il personaggio, l’attore secondo me.

Il recital è intitolato “Serata d’onore”.  A chi riserverebbe il suo personalissimo posto d’onore? Quale personalità le piacerebbe che le si sedesse accanto?
Intanto devo molto ai grandi artisti con cui ho lavorato da Strehel, Ronconi tra gli artisti teatrali che mi hanno formato e quelli del cinema tra cui Mario Monicelli ,ma anche quelli più giovani come Moretti, Veronesi. Tanti sono i registi con cui ho lavorato. Premi Oscar come Rosi. Direi tante belle soddisfazioni però in generale questo posto d’onore lo si da sempre alla mamma. E’ la mamma che ci ha dato il soffio della vita, è la mamma che ci ha cullato e forse, ritornando al vecchio Shakespeare è in quell’afflato lì, in quei momenti lì che si crea quella poetica di ciascuno di noi e che nella vita ti porta a fare delle scelte. Quindi mia madre.

Citando un pensiero di Pierfrancesco Favino, con cui lei ha collaborato in riferimento agli artisti secondo cui “gli artisti dovrebbero mettersi in crisi, interrogarsi sul valore del proprio lavoro”. Cosa ne pensa?
Può darsi sia così ma io non parlerei di artista. Artista lo devono dire gli altri. Quando ho cominciato a dare vita al mio lavoro non ho mai pensato di essere un grande artista e né tutt’ora lo penso. E’ la curiosità che mi spinge a saperne sempre di più del significato della vita. Non penso all’arte, ma al significato della vita quando leggo un libro, esprimo un desiderio di conoscere, di approfondire, di fare un viaggio. Vivo in funzione della curiosità. Sono uno di quegli attori e registi che quando compie un gesto o fa un’esperienza lo fa in funzione di un percorso di vita e non di un percorso d’arte.

Quindi si tratta di un percorso emozionale, una sorta di catarsi continua?
Certo. Gli altri poi diranno qualcosa sul mio lavoro: è un buon artista o non lo è, ma non è di certo per aggiungere una nuova gemma alla mia formazione artistica. Se devo preparare un film su Caravaggio ad esempio, non sto a pensare che devo fare un grande film ma penso all’emozione che mi darà il percorso esistenziale di Caravaggio. Non mi interessa neppure il suo percorso artistico, ma quello dell’uomo. Il confronto con l’altro uomo. Ogni volta scopro un mondo e questo mi arricchisce. Lo dico sempre. Non sapevo fare nulla nella vita: non sapevo guidare, nuotare. Ho dovuto imparare un sacco di cose tecniche, meccaniche piuttosto che intellettuali e quindi ho imparato a nuotare, guidare, buttarmi dal secondo piano di un palazzo in una scena particolare e difficile. Il resto che è alla base del nostro lavoro che è l’arricchimento del talento è venuto così con la mia curiosità. Magari confrontandomi con la vita degli altri dal grande artista come Caravaggio al contadino, al fabbro.  Ricordo un episodio di Gerard Depardieu quando una ragazza, chiamandolo “Maestro” gli chiese un consiglio su come diventare una grande attrice e lui le rispose: “Buttati in mezzo alla strada perché la strada nella vita ti insegna tutto”. Sono d’accordo con Gerard.

Ci sono anche percorsi artistici o professionali da fare.
Certo, però ci sono artisti con una  differenza sostanziale. Prendiamo Michelangelo che esalta l’estetica dell’arte, dell’uomo , della donna. Si guarda la cappella sistina e si rimane incantati. Poi prendiamo Caravaggio. A me interessa l’arte di Caravaggio. Lui rileva l’uomo, la miseria dell’uomo.

E’ spesso un’arte oscura quella di Caravaggio.
E’ difatti quella che mi interessa.

In questo viaggio di parole, dialoga col pubblico. A seconda del tipo di risposta non ha paura che il messaggio che cerca di dare al pubblico non venga recepito come si aspetta? Il senso del fallimento non la spaventa?
Mi diverto come un pazzo! Il pubblico prende ciò che vuole. L’importante per me è divertirmi, essere sincero. Nulla è predisposto quando faccio questa tipologia di spettacolo. Tutto è al momento. L’emozione è tutta al momento anche quando faccio gli spettacoli classici alla regia o al cinema.
Anna Maria Grippo

Alcuni momenti dello spettacolo di Michele Placido