Formia / Giorno del Ricordo: omaggio alle vittime delle Foibe

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FORMIA – La tragedia delle Foibe è una pagina di storia che l’Italia, forse frettolosamente, ha voluto dimenticare. Per fortuna che in Italia, oltre al giorno della memoria del 27 gennaio, è stato istituito solo nel 2005, grazie all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il giorno del “Ricordo” per tutte le vittime, diecimila italiani, istriano-dalmati, gettati vivi nella cavità carsiche prima da parte dei partegiani slavi e poi dalle truppe del Maresciallo Tito. A dichiararlo è il coordinatore del movimento “Araba Fenice”, Gianni Carpinelli, che ha organizzato il 10 febbraio a Formia una manifestazione per ricordare ed omaggiare quelle che sono considerate le vittime, di rango inferiore, dell’odio. Sarà celebrata, alle 18, in suffragio delle vittime una Santa Messa presso la chiesa della Madonna del Carmine, preceduta, alle 17.30, dalla deposizione di una corona d’alloro davanti al Monumento dei Caduti in piazza Vittoria “restando in silenzio, solo per ricordare”.

Il ricordo di Carpinelli per questa tragedia è personale: “Sono nato a Latina dove ho trascorso la mia prima infanzia. Ricordo bene la dimora in cui vivevo insieme ai miei genitori; era situata di fronte al Distretto Militare, l’attuale Università, a poche centinaia di metri dal centro profughi. Ricordo sempre che ogni domenica avevamo ospiti a pranzo. A Latina era scattata una gara di solidarietà per avere a pranzo la domenica gli italiani esuli dall’Istria e dalla Dalmazia che vivevano nel campo profughi. E da allora che ho sentito parlare di Foibe. Venendo ad abitare a Fomia dimenticai questa parola”.

Il termine “Foibe” è ricomparso all’età dei 18 anni, del primo impegno in politica, naturalmente a destra: “Capii che erano stati infoibati coloro che avevano commesso “il reato gravissimo: quello di essere Italiani” – aggiunge ilo coordinatore del movimento dell’”Araba Fenice” – Parlare oggi degli eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia-Giulia e della Dalmazia avvenuti nella seconda Guerra Mondiale e nell’immediato dopo guerra è un discorso impegnativo”. Non ci sono dati certi ma fra il 1943 e 1947 sono stati gettati vivi quasi diecimila Istriano-Dalmati. La prima ondata di violenza esplose dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943. In Istria e in Dalmazia i partigiani Slavi torturarono, massacrarono, affamarono e poi gettarono nelle Foibe perché considerati nemici del popolo – gli italiani. La violenza aumentò nel 1945 quando la Jugoslavia comunista occupò Trieste, Gorizia e l’Istria; le truppe del Maresciallo Tito, le bande “Titine”, si scatenarono contro gli italiani.

A cadere nelle Foibe c’erano tutti coloro che erano italiani uomini, donne, bambini, uomini di chiesa, anziani, una carneficina che testimoniava l’odio politico ideologico e la pulizia etnica voluta dal Maresciallo Tito. Questa persecuzione continuò fino a febbraio 1947 quando l’Italia ratificò il trattato di pace con l’Istra e la Dalmazia cedute alla Jugoslavia. Oltre trecentocinquantamila persone si trasformano in esuli. Scapparono dal terrore, non avevano nulla, erano bocche da sfamare che non trovarono in Italia una grande accoglienza.

Saverio Forte