Se vuoi trasferirti all’estero per lavorare, ed essere pagato anche solo per il tuo trasferimento, esistono tante soluzioni: ecco una lista di Paesi che fanno al caso tuo
Se lavorare all’estero è sempre stato il tuo sogno, o semplicemente l’Italia non fa più per te, per mancanza di opportunità o mille altre possibili problematiche, prima di scegliere la tua destinazione potresti valutare qualche alternativa molto intrigante. Esistono infatti diversi Paesi che ti pagano per trasferirti. Certo, iniziative analoghe esistono anche da noi, specialmente per alcuni piccoli borghi. In certi casi, però, all’estero non solo i piccolissimi centri abitati ad avere bisogno di nuovi lavoratori.

Dagli Stati Uniti alla Grecia, dal Portogallo alla Svizzera, sono tantissime le realtà in giro per il mondo che ti permettono di alzare il tasso di qualità della tua vita attraverso scelte radicali ma spesso molto remunerative. Tanti Paesi hanno infatti deciso di attuare politiche innovative per attrarre nuovi residenti, offrendo incentivi economici, o anche agevolazioni fiscali, che possono essere molto seducenti, anche solo per fare una nuova esperienza.
Si tratta, ovviamente, di programmi che nascono di solito per contrastare lo spopolamento di aree rurali, ma in alcuni casi sono utili anche per stimolare l’economia locale, e sono quindi sviluppati pensando soprattutto a lavoratori qualificati, freelance e nomadi digitali, categorie in perenne crescita e spesso desiderose di vivere lì dove conviene di più.
I Paesi cheti pagano per trasferirti: lavorare all’estero qui conviene di più
Partiamo dagli Stati Uniti. Se si vuole vivere in America, senza dover sottostare a politiche economiche svantaggiose, si può prendere in considerazone un’opzione come Tulsa, in Oklahoma. Qui, grazie al programma Tulsa Remote, vengono assegnati bonus da 10mila dollari a chi si trasferisce in città e rimane almeno per 12 mesi. Un progetto importante che comprende anche aiuto nella ricerca dell’alloggio e l’accesso a una rete di freelancer ed expat.
Discorso simile per l’Alaska, che assegna bonus ai residenti tramite l’Alaska Permanent Fund Dividend, economicamente comunque meno attraente rispetto alla proposta di Tulsa (si parla di poco meno di 2000 dollari annuali per almeno sei mesi consecutivi nello Stato).

Per chi preferisce rimanere in Europa, le soluzioni comunque non mancano. In Svizzera, ad Albinen, è possibile ad esempio ottenere bonus fino a 25mila franchi per adulto e 10mila per ogni figlio, se i nuovi residenti accettano di acquistare o costruire una casa da almeno 200mila franchi di valore, in cui vivere per almeno dieci anni. Condizioni un po’ restrittive, ma i soldi in ballo sono molti.
E che dire dell’Irlanda, che tramite il programma Our Living Island stanzia fino a 80mila euro per chi ristruttura case abbandonate per trasferircisi su una delle 23 isole coinvolte in questo progetto. Discorso simile per Antikythera, in Grecia, che offre una casa gratuita, un terreno e un sussidio mensile di 500 euro a famiglie numerose o professionisti nei settori artigianale e agricolo.
In alternativa, c’è sempre la Spagna. Nelle Asturie esiste ad esempio un borgo che offre quasi 3mila euro a coppia più 2600 euro per ogni bambino nato in loco, alle famiglie che accettano di rimanere lì per almeno cinque anni. Il borgo in questione è Ponga. Che non sarà Madrid, ma può avere comunque il suo fascino. E progetti simili esistono anche in Svezia (a Glommersträsk) e in Croazia (a Legrad).
Se l’idea di accettare soluzioni così estreme e definitive non ti garba, puoi però sempre valutare quelle realtà che non ti pagano, ma ti permettono di risparmiare sulle tasse. In Portogallo, ad esempio, dal 2025 esiste il regime fiscale IRS Jovem, che consente agli under 35 un’esenzione fiscale progressiva fino a 10 anni, con un’aliquota ridotta fino al 100% nel primo anno. I Paesi Bassi invece possono tentarti grazie al Decreto del 30%, che permette alle aziende di risparmiare il 30% lordo delle tasse sui contratti di lavoratori stranieri, permettendo quindi tante opportunità lavorative anche a chi vanta titoli di studio modesti. Non male, no?