Minturno / La “Fame d’aria” di molti genitori: a tu per tu con la realtà dell’autismo e Daniele Mencarelli [VIDEO]

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MINTURNO – Siamo in un castello, ma quella che stiamo per ascoltare non è una fiaba. Anzi. E’ una storia in cui è giusto parlare di amore incondizionato, ma è necessario riconoscerlo come complicato; in cui non è il massimo parlare di genitori-eroi (Sventurata la terra che ha bisogno di eroi! – “Vita di Galileo”, Belrtolt Brecht) né di figli-guerrieri; dove ci sono soldi necessari alle cure e alle terapie che non bastano mai e che in alcuni casi manderebbero in crisi anche la persona più psicologicamente stabili.

E’ una storia in cui lo sguardo, alle volte, è perso; le conversazioni, alle volte, passano per silenzi infiniti, ma mai vuoti; nella quale ci sono un contatto e una corporeità complesse alle quali approcciare. E’ una storia di tante storie a sè che iniziano con una diagnosi a cui non farà mai seguito una prognosi perchè dai disturbi dello spettro autistico non si guarisce.

Quella che il folto pubblico raccoltosi a Minturno (Lt) sta per ascoltare è la realtà: quella delle vite divise esattamente in due tra il prima e il dopo una valutazione di un disturbo dello spettro autistico per uno dei propri figli, per una sorella o un fratello. A condurli in questo mondo – in occasione della “Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo”, per iniziativa dell’associazione “LiberAutismo”, con il patrocinio del comune di Minturno e la collaborazione della Libreria Tutti Libri di Formia e radio Antenna Verde- lo scrittore Daniele Mencarelli, autore del grande successo “Tutto chiede salvezza” e dell’ultimo romanzo “Fame d’aria” dedicato proprio alla storia di una padre, Pietro, e suo figlio autistico a “bassissimo funzionamento”, Jacopo – o anche “Scrondo”.

Sì “Scrondo”, come quel nano verde del programma televisivo in onda su Italia Uno, alla metà degli anni Ottanta, rimasto come nomignolo usato, perlopiù dagli adolescenti di quegli anni, “per nominare gli strani, gli irregolari, gli anormali. I mostri”. Sì Pietro, nel romanzo, lo usa per suo figlio autistico. D’altra parte è una storia di realtà, in cui l’amore non è rose e fiori, ma alti e bassi, ed è forse molto più vicino all’ “odi et amo” catulliano, che non ai “vissero felici e contenti” dei fratelli Grimm.

In questo romanzo – un Virgilio dantesco nell’autismo – Mencarelli non usa mezzi termini, ma – come è giusto che sia – dà voce ad un presente invisibile a molti, talvolta fatto di dolore e disperazione e ben poco dell’abusato “speciale”; interviene nell’attualità e ne squarcia i veli di ipocrisia, luoghi comuni e sguardi che si soffermano quell’attimo di più che li fanno indecenti. Compie una missione culturale, ma soprattutto divulgativa: consente alle persone di entrare nella realtà dell’autismo, di famiglie strette nella morsa di questa diagnosi, dalle quali altrimenti si resterebbe troppo lontani per provare a capire.

Perchè anche le parole possono essere un supporto alla “cura” di alcuni aspetti di una malattia o, come in questo caso, di un disturbo. Lo sono perchè aiutano a tornare ai veri concetti di “compassione” – nella radice di “sympátheia – comunanza di dolore” e di “pietà” – come sentimento di commossa e intensa partecipazione, solidarietà – sostenendo così quella comprensione indispensabile e tutt’altro che scontata, che, altrimenti, tarderebbe a venire.

Le parole, come quelle di Mencarelli per l’autismo, che entrano nel cuore delle vicende e le eviscerano per mostrare agli altri e coinvolgerli, sostengono anche il ritrovamento dell’ “utopia”. Per i genitori di figli autistici (e mi scuserete, ma oso aggiungere per i genitori di tutti i figli – non è un caso che il tasso di natalità in Italia non sia alle stelle!) sarebbe importante – a maggior ragione in assenza della “guarigione” –  sapere di poter contare sull’immaginazione di un futuro.

Il presente è complicato, fatto di visite, terapie, piccoli progressi e il compromesso con grandi rinunce rispetto a quello che ci si aspetta, quasi fisiologicamente, da un figlio, ma il futuro è anche peggio. Se le Istituzioni – soprattutto quanto più ci si sposta dal locale – sono più lontane di quanto dovrebbero nella vita di tutti i giorni, quando si tratta di pensare al futuro lasciano proprio il vuoto dell’utopia.

“Mentre l’amministratore locale guarda in faccia queste persone” – afferma, nell’intervista, il sindaco di Minturno, nonchè Presidente della provincia di Latina, Gerardo Stefanelli –  ” e quindi se ha un po’ di empatia, come ogni buon politico dovrebbe avere, non può non sentire il loro dolore e loro sofferenze, le alte e altre Istituzioni, in realtà, sono lontane, quindi per loro è una tematica, una statistica, un numero, una formula, un atto amministrativo. Sono lontante dalla vita concreta”.

“Io vedo un futuro in cui Lollo, Lorenzo, barman, possa andare la mattina a lavoro […]; un futuro in cui possa tornare a casa dove si è già organizzato il pranzo, rifatto il letto, passato l’aspirapolvere. Ha gestito la sua esistenza! E poi ci saranno gli amici… insomma si può provare a scrivere un canovaccio guardandolo direttamente negli occhi. Il canovaccio di una storia che ancora non è stata scritta!” – testimonia, nell’intervista, Laura De Fabritiis, presidente di “LiberAutismo”, ma prima di tutto mamma di Lorenzo Marino, per la famiglia e gli amici Lollo.

La società delle urgenze spinge a risposte a breve termine, all’autoconservazione della politica, ma ben altra cosa sarebbe tornare a disegnare un Paese, in cui si possa ideare e costruire una strada percorribile per chiunque. Così molti genitori finiscono per avere “Fame d’aria”.

Daniele Mencarelli è di una potenza comunicativa incredibile perchè è autentico e ha scelto la lealtà più totale col suo pubblico che gli consente di non frapporre filtri tra la sua vita, i suoi testi e i suoi lettori: non è un caso  se la storia del suo ultimo romanzo è una telecamera su video-rail che segue il padre di Jacopo.

“Io vengo dagli ultimi dodici anni in cui, come tanti genitori, insieme a mia moglie, abbiamo frequentato centri di neuropsichiatria infantile, per fortuna poi con una diagnosi e un’evoluzione benigna, rispetto soprattutto a chi vive una diagnosi di autismo, in particolare a basso funzionamento” – racconta Mencarelli nell’intervista a margine dell’incontro.

Le parole sono la forma di una sostanza culturale che deve cambiare, questo è il finale della storia raccontata nel Castello di Minturno, in una Sala dei Baroni, in cui gli unici blasonati erano i “reali” sentimenti e bisogni. Una storia a tratti letta dalla voce del conduttore radiofonico di Radio Marte, Gigio Rosa a cui è stata affidata la lettura di alcuni passaggi di “Fame d’aria” –  e guidata dalle mamme Gabriella D’ippolito e Maria Palma Guida – con il punto fermato da Mencarelli stesso: “Abbiamo parlato di utopia: c’è bisogno di ripartire da una visione di insieme, che includa tutte le forme, vecchie e nuove, di disabiltà”.

In mezzo a tanta amara consapevolezza mista ad una volitiva speranza, la dolcezza è quella dei grandi sorrisi, omaggi realizzati dai ragazzi di “LiberAutismo” per Daniele Mencarelli e un rinfresco supportato dalla presenza degli amici della cooperativa “Nuovo Orizzonte”. E il sipario sull’autismo è tutt’altro che chiuso…

VIDEO Intervista a Daniele Mencarelli

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VIDEO Intervista al sindaco Gerardo Stefanelli

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VIDEO Intervista a Laura De Fabritiis