Gaeta / Cadde in via Marina di Serapo, dopo sedici anni arriva il risarcimento per una 87enne

GAETA – Meglio tardi che mai. Dopo 16 anni e mezzo – l’episodio si era verificato l’11 dicembre 2007 – si è concluso davanti la prima sezione civile del Tribunale di Latina un contenzioso sollevato da una donna, Anna Pisapia, ora 87enne, vittima di una rovinosa caduta capitatole nel dicembre di 16 anni fa quando, in pieno inverno, sotto una leggera pioggia e con un alto tasso di umidità , percorrendo a piedi e “senza pesi” il marciapiede di Via Marina di Serapo a Gaeta, nei pressi dello stabilimento balneare “Selene”, cadde a terra e riportò gravi lesioni e fratture. Venne denunciata la cattiva manutenzione del marciapiede, parzialmente privo di mattonelle. La donna, attraverso l’avvocato Enrico Lisetti, citò in giudizio il comune di Gaeta considerandolo responsabile per quanto acceduto. Furono prodotte alcune dichiarazioni testimoniali quando iniziò il procedimento davanti il giudice unico dell’allora sezione gaetana del Tribunale di Latina.

La dottoressa Alba D’Urso il 25 ottobre 2009 emise la sentenza numero 4375 secondo la quale non poteva essere addebitata alcuna responsabilità all’allora amministrazione comunale che, per la cronaca, non fornì nessuna prova a sua difesa. Ecco la motivazione della decisione: se la signora Anna cadde a terra fu soltanto per una sua mera disattenzione, non capi che il marciapiede presentasse una sconnessione e per la “ampiezza e conformazione” e, dunque, non poteva costituire “alcuna ipotesi di insidia o trabocchetto”. Con questa specificazione giuridica: “L’insidia deve essere caratterizzata dall’elemento obiettivo della sua non visibilità e da quello soggettivo della imprevedibilità”. La donna vittima dell’incidente volle desistere dal promuovere un appello davanti il Tribunale di Latina quando venne convinta dal suo legale a proseguire questa sua istanza con la consapevolezza che le responsabilità di quella rovinosa caduta fossero da attribuire esclusivamente al pessimo stato di manutenzione del marciapiede di via Marina di Serapo. La signora Pisapia nel 2009 chiese un risarcimento di 2500 euro per i danni fisico-biologici e morali subiti ma la sua richiesta venne rigettata. La donna, come detto, decise di impugnare la sentenza sfavorevole del giudice di pace di Gaeta davanti il Tribunale di Latina ma l’appello subì un rallentamento a causa della successiva soppressione della sezione di Calegna del Tribunale del capuologo pontino.

L’intera documentazione dovette essere (a fatica) recuperata ed istruita e innanzitutto l’avvocato Lisetti ha chiesto di applicare l’articolo 2051 del Codice civile secondo il quale “Ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia salvo che provi il caso fortuito”. Non a caso la stessa Corte di Cassazione, più volte intervenuta in tema di insidia stradale, ha configurato la responsabilità aggravata della Pubblica Amministrazione, ponendole a carico di l’onere di fornire prove ad eventuale discolpa. Insomma il comune di Gaeta era ed custode della rete stradale di propria competenza, è soggetto all’applicazione della responsabilità aggravata dell’articolo 2051 del Codice Civile “ e a nulla rileva la circostanza che il danneggiato fosse in grado di accorgersi della presenza dell’ostacolo, poiché chi agisce in giudizio per ottenere il risarcimento non è più onerato della prova dell’elemento colposo.

La stessa Corte di Cassazione ha espressamente ribadito che: “Un comune per liberarsi dalla presunzione di responsabilità per il danno cagionato dalla cosa (per le condizioni in cui si trovava il manto stradale a causa di tombini e buca sull’asfalto all’esito di lavori edili) deve provare che esso si è verificato per caso fortuito, non ravvisabile come conseguenza della mancanza di prova”. Insomma il comune di Gaeta, semmai, per dimostrare eventuali esclusioni da responsabilità avrebbe dovuto invertire l’onere della prova e provvedere alla sicurezza dei pedoni e alla vigilanza, alla manutenzione e alla custodia. Il giudice di pace di Gaeta era stato accusato, poi, di aver effettuato un’erronea ed illegittima valutazione delle prove fornite dalla signora Anna: “L’univoca ricostruzione offerta dai due testimoni oculari risultata essere coincidente ed in linea con la versione offerta dalla signora Pisapia…e poi alle ore 16,20 dell’11 dicembre 2007 pioveva, era umido in via Lungomare di Serapo ed era già buio”. Il comune di Gaeta all’epoca avrebbe potuto e dovuto dimostrare eventualmente il contrario ma non lo fece” fornendo una minima prova a supporto anche di un eventuale, anche parziale declino di responsabilità circa l’accaduto.

E’ stato dimostrato come il marciapiede in cui cadde la donna “sia rimasto dissestato, per molti giorni dopo quanto accaduto” e la rappresentazione dei luoghi è “stato “dimostrato attraverso le fotografie allegate e riconosciute al fascicolo di primo grado, come confermate dai testi”. Sulla scorta di queste considerazioni il giudice Giuseppina Vendemmiale della prima sezione civile del Tribunale di Latina ha condannato il comune di Gaeta al risarcimento danni alla signora Anna per un importo di 5000 euro, poco meno della metà per i danni fisici subiti dall’allora 70enne e per la restante parte per quelli morali, le rivalutazioni e gli interessi legali maturati. In più il Tribunale di Latina ha condannato il comune di Gaeta a risarcire l’avvocato Lisetti 3202 euro, 650 euro per il primo grado di giudizio affrontato 14 anni fa e 2552 per quello conclusosi con successo in suo favore nella giornata di giovedì.

“Penso che questa sentenza emessa dal Tribunale di Latina, che farà giurisprudenza negli annosi casi di ‘insidia e trabocchetto’ relative alla responsabilità della Pubblica Amministrazione – ha commentato l’avvocato Lisetti – ha dato giustizia dopo 16 anni dall’accaduto, alla signora Anna. Molto sfiduciata dalla giustizia aveva confessato 6 anni fa di non credere più ad un risultato positivo e di lasciar perdere tutto”. L’avvocato Lisetti con ostinazione e anticipando i costi legali “chiudere”” in suo favore il lunghissimo contenzioso durato 13 anni in appello e 3 davanti il Giudice di Pace di Gaeta. Non sono stati pochi.

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