Latina / Giornata della memoria, la riflessione dell’Anpi provinciale: “simili eventi non possano mai più accadere”

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LATINA – In occasione della “Giornata della memoria” pubblichiamo, di seguito, il testo integrale di riflessione redatto dal Comitato Provinciale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia” di Latina, presieduto da Teresa Pampena. 

affinché simili eventi non possano mai più accadere. Così si chiudono i due articoli della legge 211 del 2000 che istituisce la Giornata della memoria del 27 Gennaio. Il legislatore, dopo aver citato le vittime dell’olocausto e delle leggi razziali, i deportati militari e politici, dopo aver ricordato tutti coloro che coraggiosamente si sono opposti al progetto di sterminio… a rischio della propria vita, ha voluto anche formulare un’ipotesi di lavoro e dare sostanza al testo di legge: formare, a partire dalle nuove generazioni, le coscienze degli italiani al rifiuto di ogni pregiudizio, di ogni esclusione, del razzismo e della xenofobia, per una società più giusta, più rispettosa delle diversità e delle differenze. Un impegno preciso e di lungo termine certamente, ma necessario.

Ci sono delle date del calendario civile dell’Umanità che hanno un peso enorme, un carico di significati e di senso profondo. Questa del 27 Gennaio è una data del calendario civile, mondiale, la più triste, quella che ci interroga nel più profondo come esseri umani. Il 27 Gennaio del 1945 i cancelli di Auschwitz – Birkenau furono aperti dall’Armata Rossa e fu evidente al mondo quanto folle e diabolico era stato il progetto totalitario di supremazia razziale, la razza ariana, destinata a governare il mondo. Ravensbruck, Buchenvald, Dachau..Luoghi impressi nella memoria per sempre, dove la parola umanità perse il suo significato.

Il rischio oggi però è di sviluppare, soprattutto nei più giovani, una percezione in cui il senso dell’alterità assopisce le coscienze: si considera la Shoah come qualcosa di sicuramente enorme e malvagio, ma successo altrove (Auschwitz è un ‘lontano’), in un altro tempo (vagamente storicizzato), capitato ad altri (gli ebrei), e per colpa di altri (i tedeschi o i nazisti). Bisogna insistere nel dire che la storia italiana e degli italiani ha invece molto a che fare con l’argomento, per le responsabilità del fascismo relativamente alla Shoah ma anche alle persecuzioni di altre minoranze come Rom e Sinti ( a cui la Legge non fa cenno) oppositori politici, deportati militari, omosessuali, disabili…

Dobbiamo dirlo con chiarezza, senza declinare ancora nel mito del ‘Italiani brava gente’, definitivamente distrutto dal lavoro storico di Angelo del Boca: l’Italia non va assolta! Nel Manifesto della razza (14 Luglio 1938), firmato da 10 scienziati, o meglio redatto dal Duce e fatto firmare da 10 scienziati, si annuncia, senza la paura di cadere nel ridicolo, che le razze umane esistono ed esiste una pura razza italiana. Sconcerto? Dubbi? Nient’affatto! Studiosi e docenti già da diversi anni giuravano fedeltà alla Patria e al Fascismo. I documentari LUCE e l’esaltazione del regime sulle copertine illustrate dei quaderni scolastici educavano le coscienze. L’Italia non va assolta, anzi ha una sua grossa parte di responsabilità. La promulgazione delle leggi razziali del 1938 ebbero effetti nefasti soprattutto nelle scuole: una vera e propria educazione all’odio.

Già qualche giorno prima dell’approvazione della Carta Costituzionale, l’11 dicembre 1947, alla Assemblea Costituente, venne votato all’unanimità, con prolungati applausi, un ordine del giorno presentato da Aldo Moro come primo firmatario. Nel documento si chiedeva che la nuova Carta costituzionale trovi senza indugio adeguato posto nel quadro didattico delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituiscono ormai sacro retaggio del popolo italiano. Giganti i nostri Padri e Madri Costituenti a confronto con i nostri uomini e donne delle Istituzioni!

E’ un compito difficile ma, credo, indispensabile ed ineludibile per l’istituzione scuola. Chiamiamola anche Educazione civica ma, quale disciplina non è educazione civica? La scuola deve diventare, anche nei pochi minuti d’intervallo, un luogo di positiva socialità, di elaborazione di progetti educativi rivolti al futuro, un luogo dove i valori attraversano tutte le discipline scolastiche. A questo serve trasmettere e conservare la memoria di quel tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa. Significa, intanto, dare la parola a quei tanti che, a differenza di me, non sono tornati dai campi di sterminio, che sono stati uccisi per la sola colpa di essere nati, che non hanno tomba, che sono cenere nel vento. Sen. Liliana Segre, La memoria rende liberi.

Ma la frase conclusiva del testo di legge è anche un invito ad evitare la retorica delle celebrazioni che è l’anticamera della pigrizia intellettuale, e a non consumare l’occasione annuale della narrazione di un evento così enorme e malvagio accaduto nell’Europa ‘civile’ del XX secolo in un (seppur sentito) coinvolgimento emotivo che dura solo qualche ora. Fare storia, fare memoria è gravoso e impegnativo, deve diventare una definitiva e positiva acquisizione di ‘valore civile’ da spendere nel comportamento quotidiano come cittadini responsabili e attivi.

La Legge ci ricorda dunque il dovere della memoria ma anche della vigilanza. Ma quando politici anche ai vertici dello Stato manifestano poca attenzione a fenomeni che in Italia e nel mondo ricordano quelle aberrazioni, e non si scompongono se succede che gruppi di giovani inneggiando con gesti e parole a quel periodo ‘profondo e buio’ e anzi minimizzano, cadono addirittura essi stessi nei medesimi giochetti gestuali o li giustificano in nome di una impossibile ambivalenza totalitarismo razzista- totalitarismo comunista, shoah e foibe secondo la logica del ‘ma…anche’, quando si costruiscono leggi che dichiaratamente tendono a scoraggiare le operazioni di salvataggio in mare di poveri migranti con assurde regolamentazioni contro la Costituzione e il Diritto internazionale, quando, ancora, un tribunale della Repubblica assolve un’ attivista neofascista che in modo spudorato indossa una maglietta con su scritto ‘Auschwitzland’ irridendo alla tragica sorte in quel campo di sterminio di centinaia di migliaia di esseri umani e, soprattutto, quando anche il mondo dell’informazione soffoca nell’indifferenza, si offende la memoria, si calpestano le leggi morali, si spegne ogni sentimento di solidarietà umana. Sono cattivi segnali che non possono non avere conseguenze nelle menti delle giovani generazioni. Viene la voglia di interrogarsi sul triste avvertimento di Primo Levi: Ciò che è accaduto, può tornare!

Una ricerca storica originale è la sua capacità di indagare il passato alla luce delle questioni del presente. Lo studio del passato non può avere un puro interesse diciamo così “antiquario”, ma un lavoro che consente di capire meglio il mondo circostante. Perché vogliamo parlare della difesa della razza in Germania (nel 1935) e in Italia (nel 1938) e delle sue conseguenze disumane? Perché una riflessione su quelle teorie, la loro formazione e diffusione, ci aiuta a capire perché anche oggi le nostre società sono attraversate da odio e razzismo verso gli altri ai quali manca la nostra presunta certificata e indiscutibile identità nazionale. Cosa ci dicono oggi quegli orribili crimini rispetto a guerre di conquiste, di sopraffazioni, di assoggettamenti in Ucraina, in Kurdistan, in Yemen, in Palestina(la Palestina sì!), in Iran, popoli che chiedono giustizia alle Istituzioni mondiali e solidarietà ai Governi occidentali e non l’ottengono? Serve a questo la Giornata della memoria o no? Se non serve a questo, allora chiamiamo un sopravvissuto di quelli che ancora vivono (sono pochi e le loro voci sempre più flebili ), facciamoci raccontare le sue tragedie personali fino a commuoverci e così torniamo a casa più buoni. E’ un insulto alla memoria-

Giurai di non tacere mai e ovunque gli esseri umani sopportano sofferenza e umiliazione. Dobbiamo schierarci. La neutralità aiuta l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio incoraggia il tormentatore, mai il tormentato- scrive  Elie Wiesel ebreo, attivista dei Diritti umani e superstite dell’olocausto”.