Fondi / Gran finale per la XXI edizione del “Fondi Film Festival – Riviera di Ulisse”

Eventi Fondi Spettacolo Tempo libero

FONDI – Finale con il botto per la 21° edizione del Fondi Film Festival-Riviera d’Ulisse. La giornata di sabato 8 ottobre della manifestazione in programma presso la sala Lizzani del Complesso di San Domenico di Fondi ed organizzata dall’associazione culturale “Giuseppe De Santis” è interamente dedicata alla sezione “Immagini dal lavoro”, con cui gli organizzatori intendono mettere a fuoco quanto di più interessante si produce sull’argomento, ma anche di trarre profitto da un’esplorazione di ciò che l’immaginario cinematografico ha prodotto fino a oggi su un argomento sempre attuale.

“Le proiezioni e gli incontri – ha anticipato il direttore artistico del festival, Marco Grossi – costituiscono anche un’occasione per riflettere sull’importanza del cinema che ha affrontato e affronta, con i toni della denuncia, della commedia o in chiave di reportage documentaristico, il tema del lavoro: dalla condizione operaia alla mobilitazione sindacale, dalla consapevolezza del ruolo del lavoratore allo spirito politico, dai mutamenti del contesto sociale e culturale ai risvolti del disagio e della marginalità del nostro tempo”.

Alle ore 18 è in programma l’atto finale della trilogia del lavoro di Stéphane Brizé, “Un altro mondo” (2021), che fa seguito ai due film programmati al Fondi Film Festival nelle precedenti edizioni: “La legge del mercato” (2015) e “In guerra” (2018). Questa volta siamo al tavolo dei potenti, dei manager, coloro che devono gestire il futuro di persone che stanno per essere licenziate. Alle 20.30 si svolgerà invece, un doppio appuntamento che prevede la presentazione a cura degli autori e la successiva proiezione di due opere audiovisive che affrontano, tra gli altri, il tema del lavoro in Case Circondariali.

Il cortometraggio “Oltre” (2021), che si avvale del coordinamento artistico di Michela Carobelli, scaturisce dall’attività didattica di un gruppo di docenti dell’Ipsia “Sandro Pertini” di Terni, impegnati presso la locale Casa Circondariale, che in tempo di pandemia e isolamento ha ideato un progetto di dialogo educativo con i detenuti attraverso il quale gli studenti “ristretti” hanno avuto occasione di esprimersi per iscritto e di far ascoltare all’esterno in una modalità inedita la propria voce. Dai racconti di quei mesi bui è scaturita un’opera tra documentario e poesia in cui – in un moltiplicarsi di punti di vista – detenuti, cappellano, volontari, docenti e agenti della Polizia Penitenziaria leggono le testimonianze degli studenti. ““Oltre” nasce da un inevitabile dialogo a distanza, in cui le voci e le emozioni di chi scrive da “dentro” vengono evocate da altre voci e altri sguardi che aprono all’esterno ed evocano varchi di “altrove” – afferma Michela Carobelli -, mentre chi è “fuori” percepisce una costante tensione a guardare e sentire “dentro””.

Il documentario “Cattività” (2019), diretto dallo sceneggiatore e regista Bruno Oliviero e coprodotto da Rai Cinema, racconta l’impegno del regista Mimmo Sorrentino nel trasformare in una pièce teatrale le storie personali di alcune detenute del reparto di massima sicurezza del carcere di Vigevano (Pavia), in cui ciascuna ha interpretato la storia di un’altra. Il percorso verso le origini di ciò che le ha portate in carcere, di ciò che le ha rese quello che sono, ha smosso le loro viscere cambiando gli equilibri del loro essere. Lo scopo del progetto non era soltanto narrare dall’interno il mondo mafioso visto da una prospettiva femminile, ma anche evidenziare l’emancipazione di queste donne, che una volta scontata la pena sono riuscite a ricostruirsi una vita distante dal contesto che le ha ingabbiate e a reinserirsi nella società grazie anche a un lavoro onesto.

“La regia – sottolinea Bruno Oliviero – è il risultato della scelta di filmare nella loro interezza le “giornate particolari” che queste donne hanno vissuto ogni volta che sono uscite dal carcere. Non solo gli spettacoli, quindi, ma ciò che accade sui loro volti nelle pause, negli interstizi delle incombenze carcerarie, nei momenti di incontro tra le loro storie e il pubblico. Nei loro occhi abbiamo colto il processo di cambiamento che stavano vivendo: il dolore prima della gioia”.