Cassino / Delitto Serena Mollicone, venerdì 17 dicembre si tornerà in aula

Cassino Cronaca Frosinone

CASSINO – Nel 2016 per 13 mesi i Carabinieri ora sotto processo per la morte di Serena Mollicone sono stati attenzionati dai colleghi del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Frosinone. Vennero installate delle cimici a bordo delle loro auto ma i risultati scaturiti non furono esaltanti. L’aveva detto venerdì nel corso di una deposizione fiume il luogotenente Massimo Polletta nel corso di una nuova udienza del processo per la morte della studentessa di Arce. Si torna in aula venerdì 17 dicembre, sarà l’ultima udienza del 2021 del processo per la morte della studentessa di Arce. Sono previsti il controesame delle difese nei confronti del luogotenente Polletta, l’interrogatorio del collega Riccardo Colella e l’audizione di un’intercettazione ambientale di oltre un’ora e mezza registrata il 10 aprile 2008 tra Santino Tuzi ed il luogotenente Vincenzo Quatrale. Il giorno dopo il brigadiere di Sora si tolse la vita con l’arma di pistola che sino a quel momento non aveva mai portato con sé fuori dall’orario di servizio.

Le indagini di Polletta, in effetti, avevano permesso di aprire il caso e di chiudere il processo per Franco, Marco e Annamaria Mottola, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. I Carabinieri di Frosinone, insieme ai colleghi della Compagnia di Pontecorvo, avevano deciso di installare delle microspie nelle auto di Quatrale, Suprano e Franco Mottola ma quest’ultimi se ne accorsero ben presto: Quatrale nel piazzale antistante l’ex caserma dei Carabinieri di Cassino, il comandante Mottola nel suo paese natio, Teano, in provincia di Caserta. Il sottoufficiale venne invitato a recarsi in caserma per ricevere un atto ma fu una scusa. Mottola improvvisamente uscì all’esterno e sorprese i colleghi e i tecnici che stavano montando le microspie. Il luogotenente Polletta, incalzato dai sostituti procuratori Siravo e Fusco, ha ricostruito quello che sarebbe avvenuto il 1 giugno 2001 e le indagini effettuate dal 2016 in poi ma gli accertamenti furono condizionati – ha osservato – dalla circostanza che i Carabinieri sott’osservazione avevano capito di essere finiti nel mirino di altri colleghi inquirenti.

Ma in questo modo Polletta ricostruì i movimenti dei Carabinieri in servizio il 1 giugno 2001 nella caserma di Arce? Essenzialmente in base alle dichiarazioni rese sette anni più tardi dal brigadiere Santino Tuzi, poi suicida l’11 aprile 2008, dal traffico telefonico dei cinque indagati e soprattutto dagli ordini di servizio sulla gestione del lavoro all’interno della caserma di Arce. Per Polletta sarebbero stati commessi veri e propri depistaggi. Gli ordini di servizio,almeno tre, sarebbero stati contraffatti nel senso che i Carabinieri controllati non si trovavano all’esterno della caserma per compiere mirati controlli sul territorio o notificare atti – come avevano dichiarato di aver fatto – ma all’interno della stazione di Arce dell’Arma. Polletta ha dichiarato al giudice della Corte d’assise del Tribunale di Cassino di aver riscontrato incongruenze tra i luoghi in cui sarebbero andati i Carabinieri e i tempi di percorrenza.

Uno dei più clamorosi depistaggi l’avrebbe commesso il Comandante Mottola: dichiarò di aver raccolto alcune testimonianze in base alle quali Serena era ancora in vita il pomeriggio del 1 giugno quando invece la studentessa fu vista per l’ultima volta in mattina litigare con “un ragazzo biondo” all’esterno del bar Chioppetelle e salire a bordo di un’utilitaria di color rosso, un’auto per la quale erroneamente furono svolte subito dopo le ricerche. Un altro depistaggio ha riguardato il telefonino di Serena: inizialmente non fu trovato ma alle 22.30 dell’8 giugno durante la veglia funebre su richiesta del maresciallo Mottola (gli chiese di trovare alcuni orecchini di Serena) il cognato di papà Guglielmo lo rinvenne in un cassetto della studentessa ispezionato in precedenza ma con esito negativo. La conclusione di Polletta: i depistaggi compiuti – uno ha privilegiato la pista satanica – hanno contribuito a tardare lo svolgimento di ‘accertamenti determinanti’ che invece hanno percorso “direzioni sbagliate”.

Ad inizio udienza è comparso anche il Maresciallo dei Ris Flavio Baratta: effettuò una perizia dattiloscopica sulla berretta d’ordinanza con cui Santino Tuzi si tolse la vita nell’aprile del 2008. Le uniche impronte digitali rinvenute dal consulente erano del brigadiere di Sora.