Benefit ambientale, il Consiglio di Stato rimanda alla Corte Costituzionale per dubbi di legittimità

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APRILIA/CASTELFORTE – La controversia è diventata politica ma anche terribilmente seria per la sopravvivenza finanziaria di quei comuni, Castelforte e Aprilia, che sinora hanno incassato lauti benefit ambientali da quelle aziende proprietarie e gestrici sui rispettivi territori degli impianti di trattamento dei rifiuti. Questa oggettiva considerazione scaturisce dalla ordinanza numero 04034 del 24 giugno scorso della quarta sezione del Consiglio di Stato che ha invocato ora il pronunciamento della Corte Costituzionale per dirimere un quesito che, se dovesse avere un riscontro negativo, potrebbe terremotare le casse dei comuni di Castelforte e Aprilia: fa bene la Regione Lazio da qualche anno ad obbligare il versamento di un benefit ambientale a favore di quegli locali che ospitano strutture autorizzate dalla stessa Regione per la raccolta e trattamento dei rifiuti urbani?

Il Consiglio di Stato con un’ordinanza ha invocato un parere di costituzionalità per questo obbligo alla stessa stregua fatto di recente nei confronti delle altre regioni italiane che non avrebbero dovuto “costringere” le società titolari di impianti di trattamento dei rifiuti a versare agli enti locali territorialmente competenti alcun benefit ambientale, considerato “un ristoro, inteso in senso non tecnico, che a certe condizioni i Comuni i quali conferiscono i rifiuti ad un impianto devono pagare, per tramite del gestore, al Comune nel quale l’impianto ha sede”. I giudici di secondo grado hanno condiviso le perplessità del Csa, il centro servizi ambientale di Castelforte, che, in opponendum alla Rida Ambiente, ha chiesto l’annullamento della sentenza del Tar di Roma, sezione prima quater, del 17 novembre 2017. Il provvedimento del primo grado della magistratura amministrativa,di fatto, legittimava, invece, il contenuto del provvedimento del 1 febbraio 2016 con cui la Direzione “Territorio, urbanistica, mobilità e rifiuti, Area ciclo integrato dei rifiuti” della Regione aveva obbligava il Csa a versare un benefit ambientale al Comune di Castelforte, per i rifiuti conferiti a partire dal 14 agosto 2013, secondo quanto prevede il decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Lazio numero 15 dell’11 marzo 2005.

Il Csa, assistito dall’avvocato Leopoldo Di Bonito, aveva fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la Regione Lazio ed il Comune di Castelforte (difesi rispettivamente dagli avvocati Stefania Ricci, Teresa Chieppa ed Enrico Morigi) e, indirettamente, anche contro i Comune di San Vittore del Lazio, Roccasecca, Formia e Gaeta e della Provincia di Latina che però non si sono costituiti in giudizio. Il Consiglio di Stato aveva depositato una prima relazione il 21 gennaio 2020, alla quale ha fatto seguito per ciascuna parte il deposito di controdeduzioni il 23 gennaio 2020 per la Regione, il 14 febbraio 2020 per il Comune e il 20 febbraio 2020 per la ricorrente appellante. Con un atto del 28 febbraio ed una memoria 10 marzo 2020, il Csa, attraverso l’avvocato Di Bonito, ha chiesto l’intervento ad opponendum di un’altra impresa del settore, che opera con un impianto simile nel Comune di Aprilia, la Rida Ambiente.

Per la quarta sezione il ricorso del Csa è da accogliere in parte, specificatamente sull’eccezione di legittimità costituzionale nella parte in cui prevede che “la tariffa per conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo la ‘quota percentuale della tariffa’ in questione “dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell’impianto o della discarica a favore del comune sede dell’impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa”. Il presidente Antonino Anastasi ed il giudice estensore Francesco Gambato Spisani hanno scritto testualmente nell’ordinanza che il “benefit ambientale deve avere la natura di tributo” e hanno osservato che “il benefit in questione è dovuto esclusivamente in base alla legge regionale e non trova la sua fonte in un rapporto sinallagmatico tra parti, derivante da un contratto, da una convenzione o da atti negoziali simili, in modo del tutto analogo a quanto prevedeva la norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza 280/2011”. Insomma il Consiglio di Stato ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale e, disponendo la sospensione del giudizio per trasmettere gli atti alla Corte costituzionale,ha suggerito, seppur indirettamente, l’intervento della Regione Lazio e,dunque,della politica. I giudici amministrativi di secondo grado hanno dichiarato – e non in forma pilatesca – che la Regione metta fine ad un vulnus che ha consentito ai comuni ospitanti gli impianti di trattamento dei rifiuti di avere cospicue liquidità nei propri e asfittici bilanci grazie a queste strutture tecnologicamente all’avanguardia ed impegnate a tutelare l’ambiente.

In quest’ottica il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, ha dunque dichiarato “rilevante e non manifestamente infondata” la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 29 comma 2 della legge regionale Lazio numero 27 del 9 luglio 1998 nella parte in cui prevede che la tariffa per conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo la ‘quota percentuale della tariffa’ in questione ‘dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell’impianto o della discarica a favore del comune sede dell’impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa’. Da qui la decisione di sospendere il giudizio davanti allo stesso Consiglio di Stato, di ordinare alla Segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ma anche al Presidente della Giunta Regionale del Lazio Nicola Zingaretti e a quello del Consiglio regionale del Lazio Mauro Buschini.

I patron delle due strutture di Castelforte e di Aprilia, Enrico Giuliano e Fabio Altissimi, sanno che il cerino è ora acceso nelle mani del giudici della Consulta ma, indirettamente, degli stessi amministratori regionali. Non mancano di polemizzare in maniera diplomatica nei confronti dei due comuni pontini: “C’è chi ha cercato, senza attendere il pronunciamento degli organi di giustizia, di riscuotere il benefit, accusando tra l’altro le nostra aziende di trattenere indebitamente somme erogate dai comuni in cui svolgiamo il servizio di raccolta dei rifiuti e destinate invece alle due nostre collettività. L’ordinanza del Consiglio di Stato – hanno concluso Giuliano e Altissimi – è chiara quando afferma che ‘la norma contrasta quindi per la materia sulla quale incide con la riserva di potestà legislativa statale in materia, anche se, si noti, il benefit che essa prevede non andasse qualificato come tributo, ma semplicemente come corrispettivo aggiuntivo, che si paga nel Lazio e non altrove’”.