Il Lazio è la regione più radioattiva d’Italia: “ospita” il 30% dei rifiuti

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ROMA – Il Lazio è la regione più radioattiva d’Italia. Lo si apprende dai dati, piuttosto allarmanti, contenuti nell’instant book “Troppe mine sparse per l’Italia, l’urgenza di un deposito nazionale“, elaborato dal coordinamento di Alternativa Ecologica e che sarà pubblicato la prossima settimana sul sito Alternativaecologica.it.

Secondo lo studio, la regione Lazio è in testa alla classifica dei rifiuti radioattivi, con una percentuale del 28,6%. Qui attrezzature mediche, industria e ricerca scientifica utilizzano il 15,3% delle radiazioni ionizzanti. Anche per quanto concerne il trasporto, sia su strada che in aereo, transita sul territorio laziale la gran parte delle materie radioattive che riguardano, anche in questo caso, la medicina, la ricerca e l’industria.

Nelle casse di 11 comuni laziali, distribuiti tra le Province di Roma (oltre alla Capitale, Nettuno, Anguillara, Campagnano, Fiumicino Formello) e Latina (Minturno, Latina, Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Cisterna di Latina) finisce circa il 20% (19,58) – una media di 3 milioni ogni anno – delle risorse nazionali stanziate annualmente dal Cipe (45 milioni e 233 mila euro ‘12/13/14) come indennità compensativa per i rifiuti radioattivi stoccati negli impianti e nei depositi di Borgo Sabotino e Casaccia.

Secondo lo studio di Alternativa Ecologica, nella Regione Lazio i Comuni e le Province che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare ricevono infatti ogni anno come misura compensativa diverse decine di miglia di euro dal Cipe. Si tratta di cifre significative. Ad esempio, il solo Comune di Latina tra il 2012 e il 2013 ha ricevuto 1 milione e 678 mila euro, il Comune e la Provincia di Roma 1 milione 529mila euro, il Comune di Nettuno 525mila euro.

Tali risorse, almeno sulla carta, devono essere destinate alla realizzazione di interventi mirati all’adozione di misure di compensazione in campo ambientale e in particolare in materia di tutela delle risorse idriche, bonifica dei siti inquinati, gestione dei rifiuti, difesa e assetto del territorio e così via.

Il contributo inoltre è esteso ai Comuni confinanti con quello nel cui territorio è ubicato il sito (è il caso della Centrale Nucleare del Garigliano) e viene calcolato in proporzione alla superficie ed alla popolazione residente nel raggio di dieci chilometri dall’impianto.