Ultime dichiarazioni sul tema delle intossicazioni da botulino, frasi che fanno scattare l’allarme per la popolazione: cosa sta succedendo
Piuttosto preoccupante, quanto accaduto negli ultimi giorni, con i diversi casi di intossicazione da botulino in provincia di Cosenza, a Diamante, che hanno portato al sequestro di un food truck e a gravi conseguenze. Ci sono stati, purtroppo, due decessi e diversi ricoveri in ospedale, e il tutto per aver mangiato soltanto un panino.

Le autorità si sono attivate ritirando dal mercato diversi lotti di prodotti, ma il tema va analizzato ulteriormente a fondo. La questione delle intossicazioni da botulino è purtroppo piuttosto complessa e di difficile soluzione. Sappiamo che l’emergenza può riguardare conserve vegetali non acide, ma rilevare la presenza della tossina botulinica al loro interno non è per niente semplice, dato che non ci sono variazioni né in termini di sapore né di odore. Il grosso problema è che basta una quantità davvero minima di tossina da ingerire, pari a 0.001 milligrammi, per causare potenzialmente gravi malattie o la morte. E allora, come fare?
Botulino, l’esperto avverte: “Ancora poche conserve sottoposte ai giusti test”
C’è un test specifico che andrebbe compiuto sugli alimenti per rilevare la potenziale formazione di tossine botuliniche ed è il cosiddetto “challenge test”, che coinvolge diverse prove di laboratorio.

Il test avviene in questo modo: dopo il trattamento a caldo o a freddo sugli alimenti, si verifica se una inoculazione di spore di Clostridium botulinum permette la germinazione della relativa tossina. Ma è un test che viene condotto assai di rado. Anche perché in Italia ci sono solo tre laboratori che lo svolgono ed è una operazione molto costosa, tra gli 8mila e i 10mila euro.
Sul tema è intervenuto Antonio Paparella, professore ordinario di microbiologia degli alimenti nel Dipartimento di Bioscienze e Tecnologie Agroalimentari e Ambientali di Teramo, che ha spiegato: “Possiamo desumere che siano ancora poche le conserve industriali che vengono sottoposte a challenge test. Gli standard di sicurezza vengono fissati su quanto viene riportato dalla letteratura scientifica, ma i dati sono ancora limitati e non coprono molte casistiche. E’ una situazione che lascia tanti margini di incertezza, se il test non viene effettivamente condotto. Le prove sarebbero necessarie”. Ma c’è una soluzione, senza ricorrere al test, aggiunge Paparella: “Si possono sterilizzare le confezioni a 121 gradi centigradi per almeno 3 minuti, o si possono acidificare le conserve portando il pH sotto quota 4.6. Ma il rischio del danno merceologico è elevato“.