Contro ogni forma di violenza, il toccante convegno a Minturno con la famiglia di Federica Mangiapelo

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I genitori e lo zio di Federica
I genitori e lo zio di Federica

MINTURNO – Ci sono convegni che lasciano il tempo che trovano, interessanti ma fini a se stessi e poi ce ne sono altri che lasciano indelebilmente qualcosa dentro ognuno di noi. E’ il caso dell’incontro tenutosi ieri pomeriggio in Sala Consiliare a Minturno dal titolo “Violenza sulle donne – dare voce al silenzio”.

L’evento, organizzato da Maria Teresa Conte – referente della Task Force Codice Rosa – con la collaborazione dell’assessore alle Pari Opportunità Manuela Cappuccia, aveva come scopo quello di lanciare un messaggio forte contro ogni forma di violenza, oltre che su quella di genere di cui si è ampiamente parlato ieri, soprattutto in considerazione del fatto che nella regione Lazio non c’è nessuna iniziativa che miri a tutelare e difendere le vittime di violenza e gli stessi comuni sono ancora troppo passivi davanti ad una piaga ormai socialmente riconosciuta.

Intervista all’assessore Manuela Cappuccia

Particolarmente interessante è stato l’intervento della Conte che ha spiegato in maniera chiara ed esaustiva in cosa consiste la Task Force Codice Rosa, attiva nella regione Toscana dal 2010: “La task force Codice Rosa è una squadra congiunta, composta da personale medico, polizia giudiziaria e Procura della Repubblica. L’obiettivo è quello di creare una vera e propria equipe di personale addestrato a riconoscere tutti i tipi di violenza, soprattutto quelle non evidenti che tendono ad essere nascoste dalle vittime, sempre molto impaurite e restie a comunicare il proprio profondo disagio. L’idea è quella di accogliere la vittima di una violenza – che sia donna, minore, uomo, anziano, straniero – in una stanza preposta, la cosiddetta stanza rosa, in cui la persona che ha bisogno di aiuto venga ascoltata e seguita in ogni passo. Il personale militare è sempre in borghese, per favorire un rapporto più diretto e meno istituzionale tra la vittima e le forze dell’ordine. Altro punto importante è che la vittima non deve fare lunghe trafile, attese interminabili al pronto soccorso, spostamenti da un piano all’altro: sono i vari specialisti e il personale proposto che andranno da lei nella stanza rosa e sempre qui potrà decidere se formalizzare la denuncia senza doversi recarsi altrove.

E’ un approccio nuovo – continua la Conte – quello di aiutare la vittima in maniera discreta, competente e rispettando i suoi tempi, ad accettare la sua condizione, prenderne coscienza e decidere di agire, tutelata dalla task force in ogni momento”.

Intervista a Maria Teresa Conte

Un progetto ben pensato, ideato dalla dottoressa Vittoria Doretti, proprio in seguito ad alcune situazioni che si è trovata ad affrontare lei stessa in ospedale. La task Force Codice Rosa funziona a pieno regime nella regione Toscana da oltre 5 anni con enorme successo, mentre nel Lazio l’unico codice rosa attivo è quello del Fatebenefratelli di Roma. Sarebbe invece auspicabile che il Codice Rosa diventasse un progetto nazionale con obbligo di presenza in ogni presidio sanitario, soprattutto considerando che in Italia, secondo le ultime statistiche, una donna al giorno è vittima di violenza che, nei casi più gravi, si trasforma in un femminicidio.

Proprio a questo proposito, la dottoressa Daniela Monfreda, psicologa e vice presidente del Centro Antiviolenza “Noi voci di donne” di Caserta, ha illustrato come, con la legge 612 bis contro lo stalking, i centri antiviolenza siano molto attivi sul territorio, anche grazie a protocolli d’intesa che stabiliscono un rapporto diretto con le forze dell’ordine e con la magistratura. Questi centri, fondamentali nel percorso di sostegno alle vittime di violenza, forniscono assistenza legale, psicologica e criminologica assolutamente gratuita grazie ai patrocini previsti dalla recente legge contro il femminicidio.

Intervista a Daniela Monfreda

“Parlando della violenza di genere, la maggior parte delle donne subisce violenza all’interno della propria schiera di conoscenti: il maltrattante è quasi sempre una persona a loro molto vicina come un familiare, un marito, un compagno, mentre è ridotta al minimo la violenza perpetuata da totali sconosciuti. Ciò significa che il rapporto che si crea tra vittima e maltrattante è molto stretto e spesso dipendente. Esistono molte forme di violenza, oltre a quella meramente fisica, come quella verbale, economica, il mobbing o il bullismo e il nostro scopo è proprio quello di intervenire sulla vittima, abbattere il senso di vergogna e soprattutto ascoltare quella che spesso è una lunga storia di abusi.

Un altro elemento fondamentale – continua la Monfreda – è l’assistenza che i centri come il nostro offrono ai familiari delle vittime, laddove ormai è troppo tardi intervenire per salvare la sua vita. Questo è un passaggio che molti trascurano, ma che ha un ruolo determinante nell’elaborazione del lutto. Ovviamente noi puntiamo tutto sulla prevenzione, lavorando con gli adolescenti e nelle scuole per educare al rispetto e a sapersi relazionare con l’altro in maniera consapevole, imparando il conflitto sano, ben diverso da quello malato che provoca danni talvolta irreparabili.”

Federica Mangiapelo, uccisa nel 2012
Federica Mangiapelo, uccisa nel 2012

Presente all’incontro c’era anche una rappresentanza del centro antiviolenza di Cassino, che ha seguito dei corsi di formazione tenuti proprio dal centro di casertano della dottoressa Monfreda. Oltre ad alcuni video esplicativi sul lavoro delle forze dell’ordine e della task force codice rosa, il momento più toccante è stata la visione del videoclip musicale Basta, di Andrea Febo, patrocinato dal Telefono Rosa (a cui vanno tutti i proventi per volere dell’autore) riguardo proprio la violenza sulle donne, in cui c’erano anche alcune immagini di Federica Mangiapelo, la sedicenne di Anguillara Sabazia, trovata morta il 1 novembre 2012 lungo la spiaggia di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano.

Erano presenti ieri i genitori di Federica, Luigi e Rosella Mangiapelo, e lo zio Massimo Mangiapelo, che ha presentato il suo libro riguardo la storia della nipote, “Federica, la ragazza del lago“, con l’intento di sensibilizzare e lanciare un messaggio forte su tragedie come quella che ha colpito la loro famiglia e che purtroppo stanno diventando all’ordine del giorno. La cosa che ha maggiormente colpito è stata la dignità e la compostezza di queste persone che negli occhi portano un immenso dolore, visibile a chiunque, ma con una grande forza interiore. Ad ogni immagine di Federica sua madre, minuta e bellissima nonostante la sofferenza, si faceva sempre più piccola su quella sedia, come se ad ogni fotogramma della figlia ricevesse una stilettata al cuore.

Intervista a Rosella Salvatori, madre di Federica

Non se l’è sentita di parlare al microfono, stretta attorno ai suoi cari, ma l’ha fatto Massimo Mangiapelo per lei: “Questo libro nasce da una promessa che ho fatto a Federica sulla sua tomba, quella di non dimenticarla mai e di provare quanto meno ad aiutare altre famiglie affinché non si ritrovino a vivere la nostra stessa tragedia. Si fa tanto circo mediatico sulle sofferenze altrui, io che ho fatto il giornalista per vent’anni mi sono ritrovato dalla parte opposta e ho vissuto sulla nostra pelle come non si abbia nessun tipo di rispetto per chi vive certe drammatiche situazioni, ma si pensi solo a fare ascolti o a vendere più copie. Passato il clamore resta un silenzio assordante, non si parla mai di quello che i familiari subiscono. Questo libro vuole essere un modo per farlo capire e, insieme al video, un messaggio da far arrivare a più persone possibile, soprattutto ai più giovani”.

Intervista a Massimo Mangiapelo

Dispiace molto constatare che, nonostante l’argomento attualissimo e  la presenza di testimonianze importanti come quelle dei familiari di Federica, non ci sia stata la giusta attenzione da un maggior numero di pubblico e in primis dalle istituzioni locali. Chiunque, di qualsiasi età, in qualsiasi luogo può essere vittima di violenza. Pensare che “a noi non potrà mai accadere” è il primo errore da evitare.

Gisella Calabrese

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