Formia / “Non è solo un click” il primo laboratorio inclusivo di fotografia in un mini-documentario

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FORMIA – È stato presentato il mini documentario scritto e diretto da Sono Enrico Duratorre, fotografo professionista pontino, che racconta due anni di lavoro del primo laboratorio di fotografia dedicato a ragazzi disabili. Un laboratorio inclusivo di fotografia dedicato a ragazzi con diverse abilità frutto di un progetto fortemente voluto dal Presidente della Fondazione Don Cosimino Fronzuto, Davide Piras e diretto proprio da Enrico Duratorre.

Tra i partecipanti al laboratorio c’è una ragazza ipovedente che sta imparando a fotografare utilizzando una normale reflex. Inizialmente i ragazzi, che di volta in volta si sono alternati in posa, l’hanno guidata attraverso la loro voce per farle capire come erano posizionati sul set, quanto erano alti rispetto a lei ed in quanti erano in posa, un esperimento che ha, immediatamente, dato i suoi frutti ed ha reso tutti protagonisti. Successivamente dopo aver preso confidenza con la macchina e con l’obiettivo, la ragazza ha recepito il suggerimento di scattare “guardando” nel mirino, focalizzando l’attenzione sui colori che riusciva a visualizzare. Il risultato è stato che la ragazza è riuscita a scattare diverse foto alcune con inquadrature quasi perfette.

“Questo esperimento” – spiega una nota a firma di Duratorre che racconta del progetto – ” che ancora non ha una chiara valenza scientifica, potrebbe aprire, tuttavia, nuove strade per tutti coloro che hanno gravi e/o importanti problemi di vista. In base ad una piccola ricerca, supportati dall’Unione Italiana Ciechi e dall’INVAT, Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie, non esistono strumenti e/o tecniche consolidate che possano aiutare una persona ipovedente nel cimentarsi in campo fotografico; esistono esperienze a livello mondiale, anche artistiche, a quanto asseriscono promotori ed attori coinvolti, ma nulla di conclamato, almeno dal punto di vista rigorosamente scientifico. Questo progetto, quindi, nato quasi in sordina, potrebbe lasciare un grande segno di speranza rendendo un servizio probabilmente utile a vantaggio della vera inclusione”.

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