Formia / Nomina Taglialatela, condanna per ex-sindaco Villa: Corte dei Conti parla di “macroscopica negligenza”

FORMIA – Chi di spada ferisce di spada perisce. La sezione giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti non è stata affatto tenera con l’ex sindaco di Formia Paola Villa, condannata a risarcire l’ente di 2120 euro per l’illegittima nomina avvenuta nell’estate 2020 dell’ex candidato a sindaco Mario Taglialatela quale suo neo capo di gabinetto. L’ex primo cittadino aveva censurato la condanna arrivata dalla Corte dei Conti ai danni Elpidio Bucci, project manager dell’ufficio Pnrr assunto per 12 mesi dal comune di Formia per circa 45mila euro netti, relativamente alla sua presenza nella commissione di concorso del comune di Allumiere i cui candidati idonei furono poi assunti dalla presidenza del Consiglio regionale del Lazio.

E mentre Bucci (o meglio il sindaco di Formia Gianluca Taddeo) finiva nel mirino del suo predecessore, sono state rese note le motivazioni con la stessa Corte dei Conti aveva condannato per la nomina dell’avvocato Taglialatela (e dunque per danno erariale), la stessa professoressa Villa e lo stesso ex capo di gabinetto (4240 euro) con la decisione dell’attuale dirigente della ripartizione finanziaria del comune di Formia Daniele Rossi di effettuare una sorta di transazione versando volontariamente nelle casse dell’ente 706 euro. Somme a parte, la vicenda, che terrà banco l’11 aprile prossimo davanti il Gup del Tribunale di Cassino chiamato a decidere o meno il rinvio a giudizio di Villa, Taglialatela e Rossi per abuso d’ufficio e falso, si presta alle severe censure che hanno avanzato nelle loro motivazioni i giudici contabili Tommaso Miele (presidente), Anna Bombino e Giuseppe Di Benedetto (consiglieri).

Nelle 39 pagine in cui sono state chiarite le motivazioni della sentenza si parla platealmente di macroscopica negligenza, di volontarietà della condotta colpevole e di falso nelle dichiarazioni. All’ex sindaco Villa, per esempio, è stata contestata “una condotta cosciente e volontaria e quindi dolosa nel conferire disinvoltamente un incarico illegittimo ad un soggetto in quiescenza senza effettuare le dovute verifiche, attesa anche la frettolosità nella adozione dei relativi atti”. L’ex segretario e direttore generale del comune di Formia, Mario Taglialatela, accettò l’incarico di capogabinetto a titolo oneroso “dichiarando di non trovarsi in cause di incompatibilità ed inconferibilità” previste dall’articolo 20 del decreto legislativo 39/2013 quando invece “rivestiva analogo incarico presso il Comune di Ventotene, socio della società Formia Rifiuti zero di cui il comune di è assoluto socio di maggioranza con oltre il 95% delle azioni”.

Per la Corte dei Conti l’incarico a Taglialatela tre anni fa fu conferito “scientemente e volontariamente in violazione degli obblighi di legge in materia – si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna – costituendo le relative retribuzioni danno erariale. E poi “la responsabilità dei convenuti per il danno arrecato all’amministrazione comunale sia stata piena e incontestabile, risultando palese il nesso di causalità tra le condotte poste in essere e l’evento dannoso -corresponsione di compensi illeciti- per la pubblica amministrazione”. La difesa dell’ex sindaco Villa ha sempre sostenuto come l’avvocato Taglialatela fosse stato inquadrato con un livello funzionale inferiore e, dunque, con un trattamento economico diverso tale dar prefigurare il danno erariale. “E’ stato innegabile che, nonostante il declassamento della figura di Capo gabinetto del Sindaco a categoria C-C1 economica (ex D) e relativa attribuzione del connesso trattamento accessorio previsto dal contratto nazionale degli enti, scelta peraltro non supportata da motivazioni logiche e razionali, il medesimo professionista abbia in realtà svolto funzioni dirigenziali sia operativamente sia gestionalmente, e nello specifico, con potere di elaborare atti programmatici, che sono il presupposto degli atti di gestione, in contrasto con l’art. 90 del testo unico degli enti locali”.

E poi l’avvocato Taglialatela, in pensione ed inquadrato nell’Ufficio di Staff del Sindaco di Formia, “sarebbe dovuto essere reclutato “a termine”, con contratto di lavoro subordinato (di durata di un anno), a titolo gratuito, con obbligo di rendicontazione di eventuali rimborsi di spese, per l’espletamento di funzioni di in diritto e controllo attribuite dalla legge, esclusi poteri direttivi e gestionali, e, nel caso di specie, previa autorizzazione dell’Amministrazione di Ventotene, cui era legato da rapporto di lavoro subordinato a tempo parziale (18 ore settimanali).”

Le conclusioni finali della sentenza della Corte dei Conti non ammettono interpretazioni alternative: “Si è verificato uno sviamento dal canone della legalità al cui rispetto i pubblici amministratori sono sempre tenuti nello svolgimento delle proprie funzioni in ragione del fatto che comunque il principio di legalità costituisce un fondamentale interesse della collettività inteso come corretto utilizzo delle risorse anche sotto il profilo dei criteri dettati ed imposti dal Legislatore cui siano sottesi valori meritevoli di tutela”.

E poi una bordata anche all’ex sindaco Paola Villa: “E’ indiscutibile che abbia posto in essere atti rientranti esclusivamente nelle proprie competenze. Ne deriva che sarebbe bastata una diligenza minima nell’esame preliminare degli atti da adottare circa la ravvisabile legittimità e liceità degli stessi. L’inesperienza amministrativa, nonché il possesso di 35 titoli di studio estranei alla gestione amministrativa non possono rilevare ai fini dell’esenzione da responsabilità allorchè si verta in tema di atti gestionali adottati autonomamente dagli organi politici e rientranti, per l’appunto, nelle scelte discrezionali riconosciute dalla legge ad essi”.

In altri termini, non può essere affermata “un’irresponsabilità tout court dei soggetti politici – hanno concluso il presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Lazio Tommaso Miele e i consiglieri Anna Bombino e Giuseppe Di Benedetto – i quali sono comunque tenuti, nell’esercizio delle proprie specifiche ed esclusive competenze, a ben documentarsi, in fase istruttoria, sulla legittimità del proprio operato”.

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