Si chiude Sanremo 2023 tra conferme, poche sorprese, picchi di trasgressione e i Depeche Mode che alzano il livello

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Attenzione: articolo ad alto contenuto ironico.
SANREMO – Ce l’abbiamo fatta. Abbiamo resistito alla maratona interminabile del Festival. Ho faticato molto meno con le cinque stagioni della Casa De Papel. Quando a inizio serata è circolata la scaletta che prevedeva la proclamazione del vincitore alle 2:41 ammetto che mi sono un tantino preoccupata. Come molti di voi, ho usato tutte le mie risorse per non sprofondare nel sonno sul divano (spuntini, passeggiate per casa, diversivi col cane, pausa pipì).

Serata lunghissima, dicevamo, che ha decretato l’unico, vero possibile vincitore, Marco Mengoni. Canzone memorabile? In realtà no. L’essenziale di dieci anni fa era più bella, ma lui è talmente bravo che riesce a innalzarla ad un livello superiore e lo fa fin da subito, dalla prima sera in cui si è esibito. Ti lascia così, a bocca aperta, con la sua interpretazione sentita, la sua voce potente e inconfondibile. Già martedì mi ero detta che solo lui poteva essere in vincitore e così è stato, superando anche il temutissimo televoto che quasi sempre partorisce dei risultati abominevoli. Bravo, Marco. Vittoria meritata.

Secondo posto per il rapper 28enne milanese Lazza (al secolo Jacopo Lazzarini) che ci credeva davvero. Più volte ha dichiarato in questa settimana che era lì per vincere. Deve esserci rimasto molto male. Arrivare secondi è sempre più difficile da accettare. Sei lì a un passo per poter toccare la vetta e invece niente. Lo sa bene Ultimo che a questo giro l’ha presa con molta più nonchalance, non riuscendo a rientrare nemmeno sul podio. Ma che te frega, Niccolò, tu riempi gli stadi, non tutti possono dirlo. Pare che Lazza sia scoppiato a piangere mentre lasciava il palco. Comprensibile, ma sei bravo, la classifica è solo un foglio di carta, quello che conta sono le vendite e il tuo pezzo è bello.

Terzo posto a sorpresa al rapper bresciano Mr. Rain, alias Mattia Balardi. Mi sono documentata e ho scoperto che era stato scartato da X-Factor anni fa, quando c’era la Ventura (una volta tanto avevi ragione, Simo), poi rifiutato per tre anni di fila da Sanremo. Insomma, la rivincita di chi non molla, come i Modà. Va forte sui social e su Spotify, ma la ragione del terzo posto è stata soprattutto un tam tam di mamme che su Tik Tok hanno fatto annunci a profusione per farlo votare. La canzone gigiona con titolo ancora più gigione e i bambini come coristi. Una canzone semplice, frasi prese dal diario delle scuole medie per parlare dei momenti difficili che si superano chiedendo aiuto. A detta sua è una canzone sulla depressione, le mamme e i genitori di bambini ci hanno visto tutt’altro, ma anche questo è il potere della musica.

Dovendosi riesibire a notte fonda, non poteva portare i minorenni sul palco (finalmente sono stati dissequestrati e ridati alle famiglie). Ho temuto dei cartonati o un nuovo coro di diciottenni. Per fortuna ci ha risparmiato.

Nota di biasimo a tutti i televotanti: credo sia la prima volta che nelle prime 5 posizioni non ci sia nemmeno una donna. A conferma – non che ce ne fosse bisogno – che le donne non votano per le donne, nemmeno se le canzoni sono belle. Secondo me Madame, Elodie e soprattutto Levante (relegata ingiustamente alle posizioni più basse) meritavano molto di più.

Grande risultato per Tananai che è stato l’unico quest’anno a portare davvero qualcosa di sentito per il popolo ucraino e il dramma vero che sta vivendo. Se non avete ancora visto il video della sua canzone su Youtube, Tango, fatelo. Sono immagini vere, a distanza di tempo, di una coppia di ucraini, così si capisce anche che quando nella sua canzone parla di edifici in fiamme, non era in senso metaforico.

Incomprensibile per me i due premi, della critica e della sala stampa, ai sopravvalutati  Colapesce e Dimartino. Grignani ne meritava uno ad occhi chiusi. Ieri sera è stato persino perfetto, la migliore esibizione della settimana. Invece viene premiato un brano leggero con alte aspettative che parla di non voler sentire il peso delle aspettative. Una canzone che a me sembra proprio costruita a tavolino. Ok, se vogliamo andare a vedere il senso della canzone, può anche essere interessante, ma dargli due premi no. Due premi sono troppi, veramente.

Più accettabile il premio ai Coma Cose per miglior testo, le parole sono belle. All’inizio ci ero rimasta male per Grignani, ma ci sta. Certo non il premio per la miglior acconciatura a California che ieri si era pettinata con un petardo, ma c’è chi l’ha battuta (leggasi più sotto).

Il Depeche Mode affaire

Anatemi ad Amadeus per il trattamento riservato ai Depeche Mode. Dave (sempre più figo, ma come fa?) e Martin salgono sul palco alle 22. Eleganti, raffinati. Presentano prima il nuovo singolo, Ghosts again dall’ultimo album Memento Mori, poi Personal Jesus, un inno degli anni ’80, una canzone iconica e poi… poi nulla più! 8 minuti scarsi di esibizione, non una domanda, non un’ intervista. Niente. Ama e Ferragni li liquidano citando solo le date del tour, senza tradurre quello che stanno dicendo. I poveri Depeche erano lì in un angolo non capendo bene se li stavano salutando o meno. Ma dico, scherziamo?!

Hai i Depeche Mode accanto a te, una delle rock band più importanti del mondo, che ha fatto la storia della musica, un cantante che è resuscitato due volte e ne avrebbe di storie da raccontare, una canzone in anteprima MONDIALE, la prima volta che i Depeche si esibiscono senza lo storico terzo membro del gruppo, il tastierista Andy “Fletch” Fletcher, morto per un brutto male nove mesi fa e non gli fai almeno due domande?

Sono senza parole. Qualsiasi conduttore lo sa. C’è scritto anche nel Manuale del Provetto Presentatore, capitolo 2 paragrafo 1: “Quando hai degli ospiti importanti, DEVI fargli un’intervista degna di nota”. E non lo dico solo da fan sfegatata dei Depeche, sarebbe stato così per qualsiasi ospite che si fosse trovato lì ieri sera.

Memento Mori è un album nato durante la pandemia. I Depeche ci hanno lavorato insieme, prima a distanza, poi dal vivo. Voleva essere un inno ad apprezzare le cose belle che abbiamo nei momenti più bui e difficili. Quando Fletch è venuto a mancare a maggio 2022, avevano appena cominciato a registrare in studio, da lì il significato dell’album diventa molto più ampio e personale. Non solo: Andy ha collaborato a tutto l’album, quindi in qualche modo è il suo ultimo tributo alla band a cui ha dedicato tutta la sua vita. Io che sono fan ho avuto un nodo in gola a vederli lì senza di lui, non riesco a immaginare come sia stato per loro. Era obbligatorio per me fargli qualche domanda su questo, sull’album, sui loro intenti… Inoltre, i Depeche furono già ospiti a Sanremo nel 1985 (all’epoca lo conduceva Loretta Goggi). Era tanto brutto fargli rivedere una clip di quell’anno, in cui erano praticamente agli inizi, e ripercorrere insieme qualche minuto della loro lunga e stratosferica carriera? E non adduciamo problemi di tempo perché la serata era iniziata da poco e davanti a dei miti simili non c’è scaletta che tenga. Inaccettabile.

Quando è stato il momento di Gino Paoli, che con tutto il rispetto ha già fatto questo tributo almeno 5 volte finora (forse ogni anno temono che sia l’ultimo), lì le domande sono uscite, salvo poi censurarlo quando stava per parlare a sproposito di una storia di corna non meglio identificata che riguardava Little Tony (riposa in pace, Little). Mah.

Nota di merito alla band pop-rock ucraina Antytila che ieri notte (ormai quasi mattina) ha cantato un bel pezzo. Ovviamente non ci ho capito una cippa lippa perché era in ucraino, ma la musica era molto bella. Tanta stima per il frontman Taras Topolia e gli altri membri della band Serhii Vusyk, Dmytro Zholud, Dmytro Vodovozov e Mykhailo Chyrko che sono saliti sul palco di Sanremo dopo mesi impegnati personalmente al fronte con l’esercito per combattere contro i russi. Fa quasi impressione pensarci. Fino a poco prima con mimentica e fucile, ieri con strumenti musicali a cantare, ovvero come dovrebbe essere la loro vita. Com’era prima che quest’assurda guerra cominciasse. Speriamo che finisca presto, senza retorica.

Momenti top

Ornellona nazionale c’è ancora, e per fortuna. Ci regala sempre delle perle. A 88 anni compiuti la Vanoni canta e richiede i carciofi buoni perché “a Milano fanno schifo”. Senza più filtri, è una maestra di comicità. Già mi vedo il suo epitaffio tra vent’anni: “Si dispensa dai fiori, solo carciofi e opere di bene”. Lei, che appena sale sul palco a mezzanotte inoltrata, dice che è già stanca. Lei che all’ennesima richiesta di cantare L’appuntamento, risponde ad Amadeus “Sempre questa, ma che palle”. Impagabile, Ornella. Tu sei la vera donna rivoluzionaria, altro che Ferragni. Mettete al gabbio il chirurgo plastico che ti ha combinata in quel modo, però. Veramente da criminali.

Rosa Chemical lə sto rivalutando. Ieri sera grande entertainment. Improvvisa mosse sexy con un ignaro Fedez in platea che cercava di godersi lo spettacolo in prima fila, poi lo trascina di peso sul palco, lo tocca, lo abbraccia, inscena un teatrino sexy giocoso. A fine canzone ci scappa un bel bacio, con tanto di lingua. Si è vista, non fate finta di no. Grande colpo di spettacolo, perché è di questo che si tratta, nonostante la reazione scandalizzata dei più bigotti. Ed è stato divertente. Fedez resta sorpreso ma ci sta, è un tipo generoso, è risaputo. La Ferragni resta a bocca aperta. “Sono in debito di un limone” abbozza con un finto sorriso di circostanza, salvo poi fargli – pare – un cazziatone dietro le quinte (il video circola in rete da ieri sera). Il povero Federico torna in punizione in prima fila con gli occhi lucidi, poi quando Ornellona chiede di lui e dice che gli vuole parlare, impallidisce visibilmente, già trema al pensiero di cos’altro gli possa capitare. È la tua serata Fedez, magari ci scappa un limone pure con la Vanoni, hai visto mai… Ha ragione Fiorello quando dice che in confronto a Rosa Chemical, Achille Lauro l’anno scorso sembrava Cristina D’Avena. La quota trasgressive quest’anno è stata rispettata. Achille che, a proposito, ieri sera dal palco esterno in tuta cinigliata rossa si stava congelando e un tantinello appesantito. Mi consola, non sono l’unica che a Natale ci ha dato dentro.

Salmo dal Palco sul Mare propone una versione cazzutissima di Diavolo in me di Zucchero. Salmo, che oltre a saper cantare – e dico cantare, non parlare a voce bassa col microfono in bocca, proprio cantare, emettere suoni gradevoli e intonati – è pure sorprendente come attore. Se non l’avete ancora visto in Blocco 181, la serie targata Sky, correte. Fa il cattivo in maniera così credibile che a me fa paura pure adesso. Comunque, ieri ha cantato questa cover con una base tosta tosta ed è stato ipnotico! Lui sì che è tosto. 90 minuiti di applausi per te, Mauri! Ti sto ascoltando pure ora, mentre scrivo.

Levante è stata divina. Il suo pezzo con sonorità molto 80s (e sarà per questo ha suscitato il mio interesse da subito) ti prende sempre di più ad ogni ascolto. Un pezzo vero, sincero, personale, sul suo essere diventata madre, la depressione post-partum, l’accettazione di sé. Tutto senza usare nessuno di questi vocaboli. Non il pippone melenso, ma un pezzo energico, vitale e la sua interpretazione intensa. Brava, Claudia. Il tuo è il pezzo probabilmente più sottovalutato del festival, ma sono certa che in radio sarà un tormentone. Per me è un inno liberatorio, lo amo, lo canto tutti i giorni. Sei tu un atto magico.

Clamorosi Flop

Anna (Oxa) continua a volersi male o a volerne a noi. Per la finale sale sul palco a notte fonda scalza e con i capelli più stopposi e inquietanti possibili. Inevitabili i meme e gli sfottò sui social, in un nanosecondo non si parlava d’altro. Anna, ma perché? Mal consigliata? Strategia social? Già il pezzo è quel che è, la simpatia mancata pure, non ti sembra di esagerare?

La Ferragni ieri non classificata. Inutile vantarsi di avere amici stilisti se poi ti vesti con il copricostume comprato in spiaggia a Gabicce Mare nel 1989. Inguardabile. D’altronde, la classe non si compra, né te la regalano gli sponsor. E poi, ancora con calchi di tettine e disegni di nudità, ma basta. Che, tra altro, servono solo a deviare l’attenzione da un’inconsistenza davvero palpabile. Pure i siparietti dei meme e su come si utilizzano i social con Gianni e Amadeus, che noia. Sembrava la nipotina che cerca di insegnare ai nonni come si fa a scrivere un messaggio senza la lente d’ingrandimento. E non è nemmeno colpa sua, in fondo. Non è che abbia grandi qualità artistiche. A parte farsi foto, reel e sovraesporre in maniera sempre più massiccia i poveri figli, di contenuti non ce ne sono. E pensare che mi piaceva, prima di questa parentesi sanremese. Povero Fedez che ieri si è beccato pure la ramanzina dietro le quinte per il limone con Rosa chemical. Che pazienza, Federì.

Giorgia che si ostina a quello stile da collegiale non la capirò mai. Mi spiace anche che non sia finita nemmeno nella Top 5, non per la canzone che è davvero bruttina, ma per la grande professionista che è e la voce che ha. Ecco, parliamone di questa TOP 5, ma era proprio necessaria? E soprattutto, era necessario far cantare di nuovo i primi 5? Non era sufficiente una piccola clip e risparmiare un po’ di tempo? Poi però ai Depeche Mode neanche una domanda, eh? (Scusate, non riesco a superarla, è più forte di me).

Sarà pure stato il festival dei record, ma di contenuti ce ne sono stati veramente pochissimi. Nei festival di Morandi, Bonolis e Fazio per esempio, il festival era un mix ben calibrato di qualità e argomenti. Qui, a parte il monologo della Francini (relegata quasi alle due di notte) nessun ospite culturalmente di spessore, nessun tema di discussione costruttiva. Pure la presenza di Zelensky sbandierata ai quattro venti, poi si è ridotta nemmeno a un collegamento video, ma una semplice lettera di poche righe. È stato più incisivo Tananai con la sua canzone.

Incomprensibile anche la scelta di non avere Fiorello, mattatore irresistibile, presente all’Ariston ieri sera. I collegamenti col cellulare vanno bene solo se sei a casa col covid, ma perché non averlo lì a dare un po’ di brio?

Infine, Amadeus ha un debito enorme con Morandi. Senza di lui questo festival non sarebbe stato lo stesso. Gianni ha portato sorrisi, verve, allegria e anche grandi lezioni di stile, canto e galanteria. È stato supporto morale per tutti i cantanti e ha dato anche un grande esempio proprio ai giovanissimi (memorabile resterà la sua foto con la scopa a pulire l’Ariston). Insomma, per me il vincitore morale è lui, Gianni nazionale nostro, che ancora ha energie da vendere e non parlo solo della maratona. Un patrimonio inestimabile. Sono cresciuta con te, Gianni. Mia madre ti ascoltava a ripetizione, ti guardavamo fare l’attore in tv. Se uno di famiglia. E sei bello perché sei genuino, rimasto coi piedi per terra anche se potresti fare il divo.

Potremmo disquisire per ore sulle occasioni mancate di questo festival, dove si voleva fare i paladini dell’inclusione e del rinnovamento, ma solo per finta. Ma anche questo è Sanremo e io sono già in astinenza. Come farò senza il festival questa sera?

Mi ci vorranno un po’ di giorni per disintossicarmi. Nel frattempo devo ancora capire come sono andata al FantaSanremo e soprattutto scoprire se è vero che l’anno prossimo il festival non si farà più all’Ariston ma in una location più grande. Sono sconvolta, i cambiamenti mi destabilizzano un tantino. Proprio l’anno prossimo che dovrei andarci di persona? Ma ora è presto per parlarne. Godiamoci le canzoni belle (poche) che il festival ci ha donato e rituffiamoci nelle nostre vite. Perché Sanremo è finito e l’Italia riparte da dove si era interrotta.

Cordialmente vostra.

 

(Photo credits: Icon Magazine)