Formia / Maltempo e fragilità del territorio: “il Lazio al terzo posto tra le regioni per numero eventi estremi”

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FORMIA – Alla luce degli ultimi accadimenti metereologici e gli effetti sul territorio del Sud Pontino, l’associazione ambientalista “La barba di Giove” nella sua articolazione pontina nelle figure di Maria Rita Mazno e Beniamino Gallinaro ha deciso di intervenire per evidenziare che “tali episodi hanno messo tragicamente in primo piano la fragilità che la nostra provincia presenta e la possibilità di una mancata tenuta strutturale di alcune nostre aree cittadine.  Solo per citare alcuni dati: il Lazio è al terzo posto tra le regioni per numero di eventi estremi, nel periodo 2010-2022″.

“Il cambiamento climatico, chiamato in causa in queste occasioni, pur essendo centrale e di grande importanza in quanto riguarda la salute compromessa del nostro Pianeta, non è la sola e principale causa di quanto sta avvenendo. Ovviamente, il cambiamento climatico ha effetti seri sui fenomeni di dissesto idrogeologico e sulla vulnerabilità del territorio. Insistere solo su questo aspetto, però, serve probabilmente a ciascuno di noi per non avvertire il peso gravoso di una responsabilità che invece abbiamo. Serve soprattutto alla politica che con difficoltà ha investito sulla tutela del territorio e dell’ambiente. Date le dimensione e il ripetersi del fenomeno è diventato ormai del tutto evidente, anche a chi ha per decenni sottovalutato, quanto sia importante affrontare con specifici interventi, sia pur tardivamente, i danni all’ambiente procurati dalla noncuranza e da politiche disastrose sotto il profilo ambientale e mettere, quindi, in campo un programma convinto di prevenzione e manutenzione ordinaria ( e non solo straordinaria ) , di controllo e di tutela del territorio sistematici. Non a caso, nel PNRR occupa uno spazio rilevante il contrasto al ‘dissesto idrogeologico’, prevedendo somme ingenti da trasferire proprio ai Comuni per aiutarli nell’opera di messa in sicurezza dei territori” – scrivono Manzo e Gallinaro.

“La manutenzione dei torrenti e il monitoraggio dei corsi d’acqua, il controllo del deflusso delle acque, la regimentazione e la regolazione della loro canalizzazione, la pulizia sistematica dei torrenti, il monitoraggio del loro corso e dei rifiuti scaricati nelle acque, il controllo strutturale degli edifici e dei ponti, la verifica della solidità strutturale dei beni archeologici e monumentali, delle scuole cittadine: alcuni degli interventi da programmare e sui quali impegnare importanti somme. Superfluo aggiungere la necessità di mettere uno stop inequivocabile all’utilizzo del suolo, in molti casi pericolosamente sovraffollato con insediamenti selvaggi. Il nostro comune, secondo i dati ISPRA, ha un consumo di suolo, al 2021, doppio rispetto alla media nazionale. Il 13,7% rispetto al 7,1%” – si legge ancora.

“Vale per Formia, vale per il Paese” – spiegano i due esponensi dell’Associazione ambientalista –  “E, lo ripetiamo più volte, facendone materia di battaglie politiche e anche amministrative , di enorme interesse continuano ad essere il rimboschimento delle nostre montagne e anche di molte aree urbane e la prevenzione degli incendi.  Molti dei disastri hanno ovviamente a che fare con la devastazione operata dagli incendi boschivi, durante questa e altre precedenti stagioni estive. Obbligatorio un piano antincendi che superi le potenzialità e l’efficacia dei Piani comunali vigenti non più sufficienti ad affrontare il fenomeno. Qualche risultato si sta registrando su questo terreno ma non bisogna fermarsi”.

“Non meno rilevante” – si legge ancora – “il tema della siccità, responsabile di fenomeni di desertificazione e abbandono di terre che rendono ancora più a rischio vaste aree ove diventa del tutto necessario intervenire con rimboschimenti, per ridare forma ad una flora ormai inesistente. Le forti precipitazioni, i lunghi periodi di siccità e gli eventi meteorologici di forte intensità, come quelli che stiamo vivendo , incidono sul ciclo idrogeologico e aumentano il rischio di fenomeni di vero e proprio dissesto. Non c’è cosa che da sola possa evitare il disastro ma investendo sulla tutela del territorio nel suo complesso, sulla conservazione della montagna, del verde pubblico, del patrimonio naturalistico e forestale, sulle sorgenti e sui canali e corsi d’acqua, sulle nuove soluzioni urbanistiche, è possibile mettere in piedi un pacchetto di azioni di prevenzione di un dissesto che è già in atto anche nei nostri territori, contenuto in una sorta di piano regolatore ambientale”.

“In tema di ‘cambiamento climatico’, si parla di mitigazione ed adattamento. Facciamo presente che la mitigazione (la decarbonizzazione) attiene a politiche globali ma l’adattamento (organizzare il territorio per evitare o ridurre i danni) si concretizza in politiche di intervento su scala locale. Insomma, sono le scelte politiche, anche territoriali, quelle che contano e che invochiamo a tutti i livelli. Il nostro appello va proprio in questa direzione: non ricette eclatanti e impossibili ma il coraggio di dare priorità, anche di bilancio, ai progetti di recupero del territorio, di tutela a tutto campo, delle nostre risorse ambientali, della salute e della conservazione della nostra città, di difesa della incolumità dei suoi cittadini. Fare ciò ha un costo ma è del tutto vitale e irrinunciabile se non vogliamo veder morire le nostre città. Esprimiamo con forza la nostra preoccupazione”.

(In copertina, immagine di repertorio)