Ventotene / Elezioni amministrative, Tar respinge ricorso del canditato sindaco del “Partito Gay Lgbt+”

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VENTOTENE – Rimane immacolato l’esito delle elezioni amministrative al comune di Ventotene che lo scorso 12 giugno sono culminate con la conquista del palazzo municipale di piazza Castello dell’ex segretario comunale Carmine Caputo. L’ha sentenziato la prima sezione del Tar di Latina che ha respinto il ricorso presentato da uno dei quattro candidati a sindaco, il romano ma latinense di nascita Luca Vittori. Era l’aspirante primo cittadino della lista che, denominata “Partito Gay Lgbt+ Solidale, Ambientalista, Libraele”, aveva conquistato un solo voto….uno in più rispetto al candidato sindaco del “Popolo della famiglia” Mario Adinolfi.

Attraverso l’avvocato Sara Franchino, Vittori aveva chiesto l’annullamento del verbale di proclamazione dei dieci consiglieri comunali neo eletti, dell’elezione del neo sindaco Caputo e soprattutto del verbale con cui furono ammesse le due principali formazioni che parteciparono al voto amministrativo di Ventotene: la lista (poi vincitrice con 274 voti delle elezioni) “Insieme per Ventotene e quella, “Uniti per il bene di Ventotene”, che candidava di nuovo a sindaco il primo cittadino uscente, il notaio Gerardo Santomauro.

Perché questo ricorso rigettato al mittente dal collegio giudicante (presidente Riccardo Savoia, consigliere estensore Ivo Correale e primo refendario Valerio Torano)? Secondo il candidato sindaco Vittori le principali due liste, “di maggioranza” e “di minoranza”, non avrebbero rispettato la quota di genere di almeno i 2/3 di candidati di un genere (rispettivamente otto uomini e due donne e otto uomini e una donna).

Sul piano procedurale l’aspirante sindaco di Ventotene per conto del “Partito Gay Lgbt+ Solidale, Ambientalista, Liberale” la commissione elettorale avrebbe violato gli articoli 71 e 30 del Testo unico degli enti locali ed il Dpr 570/1960 (per i quali era stata sollecitata una valutazione di costituzionalità da parte della Consulta) compiendo un “eccesso di potere per travisamento dei fatti, un’erronea istruttoria, un vizio e difetto del procedimento amministrativo, un’erronea interpretazione dei presupposti, irrazionalità, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento”. Insomma di tutto e di più.

L’avvocato Sara Franchino, insomma, aveva chiesto l’annullamento del voto di Ventotene perché le due principali liste in lizza non avrebbero rispettato la quota di genere di almeno i 2/3 di candidati di un genere (rispettivamente otto uomini e due donne e otto uomini ed una donna). In quest’ottica era stata chiesta l’applicazione di una recente sentenza, la numero 62/2022, della Corte Costituzionale. In pratica l’ammissione delle due principali liste – secondo il candidato sindaco Vittori – ha provocato “uno squilibrio nella rappresentanza di genere ed un “deficit” di rappresentanza democratica dell’articolata composizione del tessuto sociale e del corpo elettorale.

Il comune di Ventotene per difendersi con successo davanti il Tar si è affidato invece all’assistenza legale dell’avvocato Renato Ciamarra che, rilevando in primo luogo la carenza di interesse del ricorrente, in virtù dell’applicazione del “principio di resistenza”, ha specificato come la lista di Vittori abbia riportato un solo misero voto. In ogni caso, per il Comune isolano era assente la dimostrazione di un interesse attuale e concreto all’annullamento degli atti impugnati, “avendo dato luogo il presente ricorso a una mera azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, non consentita nell’attuale ordinamento”. La stessa difesa del comune di Ventotene ha fatto rilevare comunque l’infondatezza del ricorso. Aggiungendo come la commissione elettorale abbia agito secondo le chiare “Istruzioni” ministeriali sul punto.

In effetti l’articolo 71-terzo comma del Tuel prevede che: “Nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi. Nelle medesime liste, nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei candidati del sesso meno rappresentato da comprendere nella lista contenga una cifra decimale inferiore a 50 centesimi”.

La Consulta con la sentenza numero 22/2022 ha dichiarato anticostituzionale soprattutto il Dpr 570/1960 nella parte in cui non prevede(va) l’esclusione delle liste che non assicurano la rappresentanza di entrambi i sessi nei comuni con popolazione inferiore a 5000 abitanti. In particolare, la Corte Costituzionale ha precisato che “…Per i comuni con meno di 5.000 abitanti non è prevista né la doppia preferenza di genere, né la quota di lista, sicché per essi l’unica norma di promozione del riequilibrio risulta essere quella generale, secondo cui ‘nelle liste dei candidati è assicurata la rappresentanza di entrambi i sessi’, contenuta nell’articolo 71 del Tuel

La materia è complessa e i giudici amministrativi di Latina l’hanno evidenziato rilanciando la palla nella metà campo della politica: ”Ne consegue che prende spessore la tesi, sostenuta anche dal Comune di Ventotene, sull’insussistenza di margini per l’intervento della Corte allo stato dei fatti, riservandosi, semmai, alla discrezionalità del legislatore, con impulso certamente di natura da definirsi “politica”, un riordino generale della materia che preveda, eventualmente, l’obbligo del rispetto della proporzione “di genere”, e non solo della presenza “minima”, anche nei Comuni con meno di 5.000 abitanti.

La sezione di Latina Tar è stata invece salomonica quando, in considerazione della “novità della questione”, ha deciso “di compensare eccezionalmente le spese di lite”. Il Comune di Ventotene è stato corretto nella gestione della fase elettorale ma ora deve contribuire al 50% a sostenere il ‘disturbo’ legale del candidato sindaco, ormai ex, del “Partito Gay Lgbt+ Solidale, Ambientalista, Liberale”.