Minturno / Inchiesta sulla videosorveglianza, chiesto il rinvio a giudizio per il sindaco Stefanelli e altri 3

Cronaca Minturno

MINTURNO – Sereno e pronto a dimostrare al Gup l’infondatezza dell’impianto accusatorio della Procura. Si è espresso in questi termini il sindaco di Minturno e presidente della Provincia di Latina Gerardo Stefanelli dopo aver ricevuto dal Sostituto procuratore Chiara D’Orefice la richiesta di affrontare un processo, che naturalmente sarà decisa o meno al termine dell’udienza preliminare in programma il 18 aprile 2023, relativamente all’inchiesta sull’ampliamento del sistema di videosorveglianza del comune di Minturno. “Non è stata commessa alcuna illegittimità e tantomeno alcuna turbativa del procedimento amministrativo. E lo dimostreremo”. A dirlo è stato il sindaco di Minturno che si è affidato ad un migliori penalisti del foro del comprensorio, l’avvocato Renato Archidiacono.

Hanno annunciato bagarre in aula anche i legali degli altri indagati: si tratta degli avvocati Roberto Palermo e Ilaria Pelle per la professionista che si occupò del progetto sulla videosorveglianza, l’ingegnere Laura Mancini; dell’avvocato Luca Scipione per conto dell’ex comandante della Polizia Locale del comune di Minturno Mario Vento e, soprattutto, dell’avvocato Mattia Aprea, legale di fiducia dell’imprenditore e finanziere formiano Marcello Arnone che all’epoca dei fatti gestiva una minima quota nella società – secondo le risultanze investigative della Procura di Cassino – affidataria degli appalti “incriminati”.

Questa inchiesta su Minturno fu uno stralcio di una più importante che, promossa dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, stava cercando di monitorare la correttezza degli appalti promossi dal comune di Formia. Se l’inchiesta della Dda nel 2017 non ha mai conosciuto alcun esito, il nome di Arnone venne intercettato in maniera secondaria per essere l’uomo cognato dell’ex sindaco di Formia Sandro Bartolomeo e fratello dell’attuale consigliera comunale Imma Arnone, persone, le ultime due , che nell’indagine della dottoressa D’Orefice sono assolutamente estranee.

La Procura di piazza Labriola ha ora chiesto il rinvio a giudizio di Stefanelli, Mancini e Arnone per due determine dietro le quali ci sarebbe stato un tentativo del comune di Minturno di aggiudicare due appalti – del 9 e 25 settembre 2018 rispettivamente con un importo di 22mila e 40 euro- alla società “A.M. Tecnologia e sicurezza” di cui il finanziere Arnone era inizialmente – o almeno – socio. Nella richiesta di rinvio a giudizio i quattro indagati avrebbero favorito l’affidamento dei lavori per l’installazione di alcune telecamere di controllo del territorio minturnese utilizzando “mezzi fraudolenti consistiti in un artificioso frazionamento del valore dei contratti relativi ai lavori di potenziamento e ampliamento del sistema di videosorveglianza del Comune“.

Insomma a fronte di un finanziamento regionale iniziale di 50mila euro i due appalti sarebbe stati “spaghettati” per favorire il loro affidamento diretto entro la soglia dei 40mila euro. A decidere su questa ricostruzione della Procura sarà la prossima primavera il Gup del Tribunale di Cassino ma il collegio difensivo annuncia di fornire un’altra versione come hanno voluto anticipare nel corso delle indagini preliminari i legali di Vento e Mancini.