Minturno / All’asta barca dell’Ismef per pagare una dipendente licenziata

Cronaca Minturno

MINTURNO – Cinquantaseimila euro. Nella giornata di giovedì 31 ottobre è stato un altro capitolo – forse uno degli ultimi – nell’incredibile vicenda di una dipendente di Gaeta di 40 anni dell’Ismef Onlus, l’Istituto Mediterraneo di Formazione per le Professionalità Nautiche che nelle intenzioni dei suoi promotori politici sarebbe dovuto diventare presso il Castello Baronale di Minturno un’eccellenza per la formazione nel mondo della nautica rivelandosi invece un clamoroso flop economico e gestionale.

La lavoratrice, destinataria qualche anno fa di una lettera di licenziamento la mattina del giorno del suo matrimonio, provvedimento definito illegittimo prima dal Tribunale di Cassino e poi dalla Corte di Appello di Roma, ha chiesto ed ottenuto che finisse all’asta l’unico bene ancora in possesso dell’Ismef Onlus, il “Pepe”, una lussuosa barca a vela di oltre venti metri. La donna licenziata vanta un credito di circa 30mila euro e – sulla scorta della condotta processuale accertata dalla Corte di Appello – attraverso i suoi legali, gli avvocati Luca Capolino e Daniele Lancia, ha “costretto” il giudice delle esecuzioni del Tribunale di Cassino, Rosanna Gentile, ad inaugurare la procedura di pignoramento del natante che quando fu realizzata e varata era considerata una delle tre barche a vela più belle in Europa per la sua classe.

Avv. Daniele Lancia

In quest’ottica negli ultimi giorni è proseguito on line, attraverso il sito dell’istituto vendita giudiziarie di Frosinone, l’iter per la vendita della barca che, ormeggiata presso il cantiere navale “Azzurra” di Gaeta, non versa purtroppo in buone condizioni. Lo ha accertato un consulente di parte dello stesso Tribunale che, revocando l’incarico di custode ad un noto legale di Cassino per la pessima manutenzione garantita alla barca, ha accertato come il valore del “Pepe”, dopo anni di incuria, si fosse deprezzato passando dai 300mila euro nel 2016 – anno del pignoramento – ai 70mila attuali. E’ stata questa la base d’asta con cui si era svolta la prima vendita il 26 settembre. Ma era andata fallita: l’interessamento ad acquistarla era stato esternato da numerosi appassionati e cultori ma nessuno ha voluto staccare un assegno con quell’importo. La mancata aggiudicazione della barca ha provocato – come prevede la legge – altre vendite. La seconda è andata in porto proprio il 31 ottobre quando il valore della barca è stato decurtato ulteriormente di un quinto rispetto al valore stimato dal perito della dottoressa Gentile. Per veleggiare la prossima estate a bordo del “Pepe” sono bastate 56mila euro: si è trattato di una proposta presentata da una società che, specializzata nell’organizzazione di mini crociere tra le isole greche, vede coinvolto un imprenditore di Formia del settore.

Se spera di soddisfare così il suo credito la donna licenziata il giorno del suo matrimonio, anche il costruttore di Gaeta Edoardo Accetta ha avviato un contenzioso in sede civile con l’Ismef, ormai una società fantasma, per recuperare i quasi 100 mila di lavori di riqualificazione e sistemazione, mai ufficialmente terminati, dell’ex Castello Baronale di Minturno.

Il giudice del Tribunale di Cassino Rosanna Gentile aveva rigettato le richieste dell’Ismef non concedendo la richiesta sospensione della procedura esecutiva e rappresentando “come, nel caso di specie, non sussistano né il fumus boni iuris né il periculum in mora”. Ora l’imbarcazione è oggetto di stima per essere venduta all’asta, una procedura che ha evidenziato non solo la legittima e totale pignorabilità del bene, ma anche la ritualità delle notifiche di ogni atto relativo alla procedura esecutiva. Secondo gli avvocati Daniele Lancia e Luca Cupolino il “pignoramento non deve essere molto piaciuto all’Istituto, dato che ha proposto inutilmente un’opposizione all’esecuzione particolarmente sui generis, sostenendo l’esistenza di un vizio di notifica degli atti prodromici all’esecuzione nonché una presunta impignorabilità dell’imbarcazione”.

Ma alla luce dei due gradi di giudizio nonché dell’ennesimo rigetto delle richieste dell’Ismef tutti, ormai, si interrogano su quale possa essere la credibilità di un ente che, nonostante sia finanziato con fondi di provenienza pubblica, avrebbe dovuto provvedere la formazione di decine di giovani rifiutandosi, allo stato dei fatti, di adempiere ad un provvedimento emanato dapprima dal Tribunale di Cassino e poi dalla Corte di Appello di Roma. E sarebbe importante capire il pensiero dei vari enti pubblici che hanno erogato all’Ismef centinaia di migliaia di euro l’anno per mirati corsi di formazione che non sono mai partiti e mai lo faranno.

Saverio Forte