Formia / Pastificio Paone, ricorso al Tar contro la procedura d’acquisto del Consorzio Industriale

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FORMIA – Tutt’altro che definita la lunga e complessa controversia giuridico-legale ed amministrativa legata al concordato preventivo concesso nel 2015 al Pastificio Paone di Formia da parte del Tribunale di Cassino. Quelli in corso sono giorni delicatissimi che potrebbero condizionare o meno le vendite, formalmente giù avvenute, dei capannoni e delle linee di produzione nell’area industriale di Penitro a Formia. Ma andiamo per gradi.

Ora è ufficiale e ha anche un numero, il 377/2019, il ricorso presentato davanti il Tar del Lazio-sezione di Latina per conto del liquidatore giudiziale Maurizio Taglione. L’ha presentato, dopo aver ottenuto il parere favorevole del comitato dei creditori, l’avvocato Rosalba Genovese, un’insigne amministrativista originaria di S.Elia Fiumerapido e da anni stretta collaboratrice del professor Mario Nigro, ordinario di diritto commerciale presso l’Università “La Sapienza” di Roma. L’avvocato Genovese con un impegno finanziario di 10mila euro ha avuto mandato di impugnare davanti i giudici amministrativi del Tar del Lazio la delibera del consiglio d’amministrazione del Consorzio Industriale del sud pontino, la numero 27 del 25 marzo scorso, con cui si avviava il procedimento amministrativo finalizzato ad riacquistare i capannoni dello pastificio Paone alle stesse condizioni economiche, poco più di due milioni di euro, con cui nei primi giorni dello scorso aprile era stata aggiudicata la vendita alla “Corex spa” di Battipaglia.

Il liquidatore nominato dal giudice delegato Sandulli con la nomina dell’avvocato Genovese intende bloccare l’iter avviato dall’ente di sviluppo industriale del sud-pontino per esercitare, di fatto, il diritto di prelazione secondo quando prevede l’articolo 63 della legge 448/98. Si tratta di una facoltà concessa dal legislatore ai consorzi industriali di riacquistare, unitamente alle aree cedute, anche gli strumenti industriali realizzati. Se la richiesta di annullare in autotutela la delibera del Cda numero 27 del 25 marzo scorso non era andata in porto, lo stesso Consorzio industriale di Gaeta dava mandato al suo direttore amministrativo Giampaolo Scalesse per manifestare il suo interesse a subentrare nella proprietà e nella futura gestione dello stesso sito produttivo. Il ricorso al Tar dell’avvocato Genovese, per la cronaca, si discuterà il prossimo 17 luglio e poggia essenzialmente su tre asset: le aree nella zona industriale di Penitro su cui è stato realizzato dieci anni fa il nuovo pastificio Paone “non sono state cedute dal Consorzio industriale ma sono state acquistate con atti notarili dalla famiglia Paone”, “il nuovo sito produttivo è stato realizzato nel termine di cinque anni dalla cessione dell’area e “la stessa attività industriale del Pastificio Paone non è cessata da più di tre anni”, anzi, al contrario , “è in continuo svolgimento ed incremento”.

Da qui la decisione del liquidatore Taglione di avviare un contenzioso davanti il Tar del Lazio in quanto il procedimento attivato dal direttore Scalesse sarebbe “illegittimo per difetto dei presupposti di legge, lesivo degli interessi della procedura e foriero di gravi danni a carico della massima dei creditori”. Ma qual è attuale comportamento della famiglia Paone e della nuova governance del pastificio di fronte a questa iniziativa del consorzio industriale che – nel suo apparente orientamento – è quello di tutelare la sopravvivenza della prestigiosa realtà industriale, commerciale ed occupazionale di Formia? Naturalmente è quella di sostenerla e non a caso la società “Domenico Paone fu Erasmo spa” ha giù depositato una memoria, naturalmente insieme al Consorzio industriale del sud-pontino, in vista della discussione del ricorso del 17 luglio 2019 che chiederà, almeno in questa fase, la sospensiva alla delibera consortile numero 27 del 25 marzo scorso. Il secondo fronte aperto in questi giorni riguarda la seconda vendita avvenuta il 17 giugno delle linee di produzione del pastificio formiano. Il 2 luglio scadrà, infatti, il termine di 10 giorni entro il quale è possibile effettuare un’azione di rilancio, del 10%, rispetto all’offerta con cui la neo costituita società “Domenico Paone srl” si è aggiudicata, in solitario, il ramo d’azienda del pastificio di Penitro.

Gli interessati dovranno ritoccare, dunque, verso l’alto la proposta di tre milioni e 840mila euro – duemila euro in più rispetto alla base d’asta contenuta nell’avviso di vendita del 29 aprile scorso – avanzata dall’unico socio ed amministratore unico della “Domenico Paone srl”, il manager italo-argentino Alejandro Octavio Quentin, di 53 anni, per acquistare , tra le altre cose, le due linee di produzione del pastificio. Il liquidatore Sandulli in questi giorni mantiene correttamente la bocca ermeticamente ben cucita: “Di posta e di lettere al giorno ne ricevo tanta. Ci sentiamo la prossima settimana” . I legali del pastificio avevano chiesto di bloccare la vendita del ramo d’azienda ed il giudice Sandulli ufficialmente ha respinto l’istanza perché “immotivata”. Ora sotto la lente d’ingrandimento è finita la proposta della “Domenico Paone srl”, una società che, registrata presso lo studio del notaio Luca Troili di Roma soltanto il 7 giugno scorso dopo tre giorni la presentazione della domanda di partecipazione alla vendita, è ufficialmente inattiva – non poteva essere diversamente – secondo quanto si legge dalla visura storica presso la Camera di Commercio di Roma.

La sua sede legale nel cuore della capitale, Via Barberini 47, vanta un capitale sociale davvero irrisorio, 10mila euro, e ha un solo socio che – come detto – peraltro è anche l’amministratore unico. Quentin aveva presentato nella mani del dottor Taglione due assegni circolari non trasferibili che, emessi da “Che Banca spa” il giorno di presentazione della richiesta di costituzione della nuova società (che ha per oggetto sociale l”esercizio dell’industria molitoria e della pastificazione e affini e di tutto quanto riferito a prodotti alimentari in genere e la loro conservazione”), avevano i seguenti importi: 250mila e 134mila euro, insomma il 10% del prezzo previsto dalla vendita…. Ma un’entità economica (apparentemente) vuota, senza alcun tipo di informazione finanziaria nota, può realmente garantire l’occupazione e l’attuale (ed importante) ciclo produttivo di cui invece può disporre il pastificio Paone di Formia?

Saverio Forte