Formia / Delocalizzazione impianti di itticoltura, se ne discute in consiglio comunale

Formia Politica

FORMIA – Di sicuro la proposta registrerà una convergenza tra la maggioranza ed il Pd, probabilmente le altre minoranze si divideranno ma un fatto è sicuro: creerà nuovi motivi di scontro con il vicino comune di Gaeta (e con la sua maggioranza di centrodestra) per quanto riguarda la futura gestione nelle acque del Golfo degli impianti di itticoltura e di miticoltura. Ha tutte queste incognite politiche la proposta di deliberazione che, suggerita dal sindaco Paola Villa e dal capogruppo del Partito Democratico Claudio Marciano, sarà oggetto di discussione e di approvazione nei lavori del consiglio comunale di Formia fissato per martedì pomeriggio.

La proposta di deliberazione è stata materialmente scritta dalla dirigente dell’area tecnica del comune Nunzia Lanzillotta (che ha espresso naturalmente parere favorevole) ma ha evidente obiettivo politico-amministrativo da “perseguire a tutti i costi”: la delocalizzazione degli impianti delle cozze ma anche delle orate e delle spigole, i cui concessionari sono sì campani e dell’area flegrea (l’ha appurato una recente inchiesta penale della Procura della Repubblica di Cassino) ma anche..di Gaeta. La proposta di deliberazione – ha osservato l’ultimo assessore alla sostenibilità urbana della quarta amministrazione di centro sinistra – “vuole dare al Comune di Formia una linea d’azione chiara in vista della scadenza delle concessioni (superano il milione e 41mila metri quadrati) che avverrà l’anno prossimo.

Nel primo dispositivo, la delibera impegna la Sindaca e la Giunta a compiere una ricognizione sulle concessioni in essere in mare, che risultano essere ampie il doppio rispetto a quelle concordate nel protocollo Comune – Regione del 2008. L’obiettivo è quello di registrare e denunciare gli abusivi del mare: quelli che operano senza titolo amministrativo, quelli che si sono ampliati più del dovuto.

Nel secondo dispositivo, la delibera impegna la Sindaca e la Giunta a formalizzare una diffida alla Regione Lazio nel rinnovare le concessioni degli attuali impianti in scadenza nel 2020. L’attuale regolamento sulla concessione degli spazi per l’acquacoltura, nonché il riconoscimento del Golfo come area sensibile, non consentono alcun rinnovo. La sperimentazione off-shore però non è partita? Fatti loro- sbotta Claudio Marciano – Potevano pensarci prima.

Nel terzo dispositivo, si dà al Comune di Formia pieno mandato di partecipare al tavolo con la Regione e gli enti di ricerca incaricati dalla stessa per analizzare l’impatto degli impianti sull’ecosistema marino del Golfo. Gli studi esistenti sono datati e non tengono conto né dell’attuale posizione degli impianti né del loro ampliamento.

Qui la bozza dell’atto, che nello spirito costruttivo a cui si ispira la nostra azione politica in Consiglio, è stato scritto in collaborazione con la Sindaca, con il supporto tecnico-legale della nostra avvocatura comunale. Sarà pertanto proposta come atto del Comune e non di un gruppo politico” Per Marciano, uno degli ultimi amministratori “orgoglioso” di difendere l’operato dell’amministratore unico della Formia Rifiuti zero Raphael Rossi, “questa modalità d’azione la più adeguata per sottolineare la dignità di tutti gli eletti, i quali hanno il dovere ma anche il diritto di poter essere “Comune”, senza essere maggioranza”.

In effetti queste concessioni, fino al 2004 estese ad una superficie di 545.550 metri quadrati e ubicate nello specchio acqueo prospiciente il Porto Commerciale di Gaeta, sono state ampliate e delocalizzate nella posizione attuale con Decreto della Direzione Trasporti regionale numero 28 dell’8 luglio 2004, n. 61/2005 e successivi atti da parte della Regione Lazio, principalmente per consentire l’ampliamento delle attività industriali portuali. Con la delibera numero 82/2004 il Consiglio Comunale di Formia diede mandato al Sindaco “di verificare ogni possibile azione legale da intraprendere nelle competenti sedi, penali, civili, amministrative, a tutela degli interessi della città al fine di verificare la correttezza dei procedimenti amministrativi seguiti per l’adozione del decreto della Regione Lazio n.28 del 08.07.2004”. Con le delibere 317/2004 e 419/2004 Giunta Municipale di Formia conferì un incarico legale finalizzato alla verifica di quanto statuito dalla deliberazione di Consiglio Comunale n.82/2004 e procedette a promuovere un ricorso al competente tribunale Amministrativo Regionale avverso il provvedimento della Regione Lazio n.28 dell’8 luglio 2004. Con la deliberazione n.37/2004 il Consiglio Provinciale di Latina ha preso atto della relazione elaborata dalla commissione per i problemi ambientali, turistici e le attività di pesca e acquacoltura, presieduta dal Prof. Gian Domenico Ardizzone, secondo cui, in riferimento agli impianti di acquacoltura nel Golfo, “Come per ogni tipo di allevamento i reflui prodotti sono potenziali fonti di arricchimento trofico delle acque (…). Tra i reflui solubili l’azoto rappresenta l’aliquota maggiore, con una produzione stimata di 70.087 Kg/anno, pari a circa 192 Kg/giorno. Il fosoforo solubile è pari a 4.703 Kg/anno con un valore giornaliero di 12,9 Kg/anno. Tra le componenti solide azoto e fosoro presentano valori simili (…). Va inoltre considerato il bilancio di N e P proveniente dalla mitilicoltura in cui gli animali allevati utilizzano la ricchissima produzione fitoplactonica con proporzionali escreti catabolici”.

La relazione invitava ad aumentare del 60% le esternalità negative degli impianti di acquacoltura prima citate nel caso – poi effettivamente avvenuto – dell’ampliamento delle concessioni all’attuale metratura”. A seguito di questi procedimenti, che hanno evidenziato l’esigenza di contenere l’impatto paesaggistico ed ambientale degli impianti di itticoltura e mitilicoltura nel Golfo, il 1 giugno 2006 fu sottoscritto da tutti gli enti interessati (Comune di Formia, Comune di Gaeta, Autorità Portuale di Gaeta, Regione Lazio, Capitaneria di Porto) e da alcune associazioni di categoria (assomitili, Lega pesca, associazione pescicultori), un protocollo d’intesa in cui si dava atto della delocalizzazione degli impianti nella posizione prevista dal Decreto della Direzione Regionale Trasporti n.61/2005, si negava la possibilità di un ampliamento delle loro dimensioni, si stabiliva la sperimentazione di impianti situati “off-shore”, ovvero oltre Punta Stendardo, che avrebbero dovuto sostituire gradualmente quelli esistenti. Con la determinazione n.B0416 del 13 febbraio 2008, come modificata dalla successiva determina dirigenziale B3347 del 28 luglio 2009 e con determina dirigenziale n.B1195 del 9 aprile 2008, la Regione Lazio stabilì la delocalizzazione delle concessioni demaniali site nell’area prospiciente il Comune di Formia.

La delibera proposta dal capogruppo Dem precisa che nelle nelle more del procedimento di delocalizzazione (avvenuto anche in violazione del Protocollo d’intesa del 2006) , intervenne la legge regionale numero 4 del 19 marzo 2008, che all’articolo 13 ha stabilito quanto segue: “ Al fine di contenere l’impatto sull’ambiente derivante dall’attività di acquacoltura marina, nei siti costieri riparati individuati ai sensi del comma 2, possono essere rilasciate concessioni demaniali per l’esercizio di tali attività nel limite massimo del 3 per cento della superficie complessiva di ciascun sito (…). Nel regolamento previsto all’articolo 15 (2) sono indicati i criteri e le modalità per dare attuazione alle disposizioni di cui al comma 1 e, in particolare, per l’eventuale delocalizzazione degli impianti di acquacoltura marina, posizionati in siti costieri riparati, già in esercizio alla data di entrata in vigore della presente legge, o degli impianti relativi a concessioni demaniali rilasciate prima della medesima data”. Marciano ora fa rilevare che, malgrado il protocollo d’intesa e la legge regionale numero 4/2008 la delocalizzazione degli impianti è stata seguita dal loro ampliamento fino quasi al raddoppio delle superfici iniziali, mentre nessuna sperimentazione off-shore è stata avviata. In considerazione di questo, con delibera numero 45/2008, il Consiglio Comunale di Formia dava mandato al Sindaco e alla Giunta di adottare tutti gli atti amministrativi necessari a tutelare gli interessi della città, la salubrità delle acque e la credibilità degli accordi sottoscritti dalle varie parti”. E pensare che le disposizioni normative della Regione Lazio nel 2008 e l’anno successivo prescrivevano testualmente che…”nel sito riparato di Gaeta le concessioni per la delocalizzazione degli impianti di acquacoltura marina hanno una durata di tre anni a decorrere dall’inizio della sperimentazione degli allevamenti ittici, che deve iniziare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Le suddette concessioni non sono rinnovabili e alla scadenza del termine di tre anni le stesse possono essere rinnovate nei siti individuati off shore e già assegnati per effettuare la sperimentazione degli allevamenti ittici.

Le aree oggetto delle concessioni per la sperimentazione sono individuate sulla base di intese con le relative organizzazioni di categoria, anche mediante il coinvolgimento degli enti locali interessati ed altri enti eventualmente coinvolti, nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo.” Intervenne poi la storica ma mai attuata delibera della Regione Lazio numero 116/10 che ha designato ai sensi della direttiva 91/271/CEE del 21 maggio 1991 e del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,” il Golfo di Gaeta come area sensibile e ha stabilito che, fatti salvi gli impianti concessi in conformità con quanto previsto dall’articolo13 della legge regionale numero 4/2009, all’interno dell’area sensibile del Golfo di Gaeta sono vietati nuovi impianti di attività di mitilicoltura e piscicoltura o ampliamenti degli impianti esistenti; – gli impianti esistenti e autorizzati allo svolgimento di attività di mitilicoltura e piscicoltura sopra specificata, siti all’interno dell’area sensibile del Golfo di Gaeta, devono essere ricollocati fuori dall’area sensibile e posizionati in modo tale che le correnti non convoglino gli apporti inquinanti prodotti nella zona marina individuata come area sensibile, in accordo a quanto previsto al comma 3 dell’art. 2 del regolamento regionale n. 13/2009”.- La relazione conclusiva del Progetto “Samobis”, finanziato dalla Provincia di Latina in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma e l’Arpoa Lazio, con oggetto lo studio longitudinale (2001-2011) dello stato di salute delle acque marine provinciali e in particolari del Golfo di Gaeta, rilevava che “Come ogni tipologia di allevamento i reflui prodotti sono potenziale fonte di arricchimento trofico delle acque. Tra i reflui solubili prodotti dall’acquacoltura sia come mangime non consumato, sia come prodotti catabolici degli animali allevati l’azoto rappresenta l’aliquota maggiore”. Sulla scorta di questo quadro normativo e scientifico, la Regione Lazio (che nel frattempo aveva già autonomamente provveduto a prorogare una parte delle concessioni sino al 31.12.2020, in forza della legge di stabilità 2014) con Determinazione numero G09569 del 31. Luglio 2015 della Direzione Agricoltura e sviluppo rurale, ha rigettato le richieste di concessioni demaniali avanzate da Soc. Coop. Molluschicoltura di Gaeta per mq 43.350; da Soc. Coop. Piscicoltura del Golfo di Gaeta e dalla Soc. Coop. Molluschicoltura Gaeta per mq. 28.578; da Soc. Coop. Gaeta Itticoltura e dalla soc. Coop. Molluschicoltura Gaeta per mq. 64.967,20, in quanto richieste configuranti il rilascio di nuove concessioni demaniali, quindi in violazione alle prescrizioni della Deliberazione della Giunta Regionale numero 116 del 19 febbraio 2010.

Ma andò oltre. Nella stessa determinazione n.G09569 del 31 luglio 2015 precisò che “gli impianti attualmente esistenti all’interno dell’area sensibile del Golfo di Gaeta, autorizzati allo svolgimento delle attività di coltura di mitili o specie ittiche, dovranno essere portati fuori dal perimetro che definisce l’area sensibile in accordo a quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 2 del regolamento regionale n.13/2009”. La Direzione Regionale Politiche Ambientali, sollecitata dal comune di Formia, chiari quanto segue: “Si rappresenta che tutti gli allevamenti di acquacoltura, esistenti alla data di individuazione dello stesso come area sensibile, avvenuta con la delibera di Giunta regionale 116/10, sono da delocalizzare ai sensi del Regolamento Regionale del 4 agosto 2009 e della succitata deliberazione (…). La delocalizzazione degli impianti dovrà avvenire a seguito dell’individuazione dei siti off-shore idonei come già indicato da questa struttura con nota , delimitati dalla Direzione Regionale competente, con nota prot.n.°216184 del 04.04.2015”. Il 4 agosto 2017, poi, presso il Litorale di Ponente di Vindicio a Formia, venivano ritrovati migliaia di retini di plastica di colore e tipologia simili a quelli utilizzati dagli impianti di mitilicoltura nelle proprie attività operative.

A seguito di questo ritrovamento il Comune di Formia, inviò un esposto alla Procura della Repubblica di Cassino contro ignoti per danno ambientale e lo scorso 28 febbraio la Procura della Repubblica di Cassino ha tenuto una conferenza stampa in cui ha comunicato l’esistenza di un’indagine per inquinamento ambientale e abbandono irregolare di rifiuti a mare con compromissione significativa di un ampio specchio acqueo, prodotto proprio dall’immissione di una enorme quantità di retini smaltiti irregolarmente in mare. L’indagine ha visto l’iscrizione nel registro degli indagati di diverse persone afferenti gli impianti di mitilicoltura dislocati nel Golfo di Gaeta.

Saverio Forte