Formia / Ex Di Donato, il Comune si costituisce parte civile

FORMIA – Il comune di Formia ha deciso di costituirsi parte civile nell’udienza preliminare, in programma martedì prossimo davanti il Gup del Tribunale di Cassino Vittoria Sodani, per la discussa riconversione dell’ex colonia “Federico Di Donato” nel quartiere medioevale di Castellone. La richiesta di rinvio a giudizio formalizzata dal procuratore capo di Cassino Luciano D’Emmanuele e dal Sostituto Procuratore Alfredo Mattei con le ipotesi di reato di frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica e truffa aggravata ai danni di un ente pubblico pende su otto persone che hanno avuto a che fare con la riconversione dello storico ed antico immobile che avrebbe dovuto un ostello per i figli degli emigranti laziali nel mondo.

Il commissario straordinario del comune di Formia, Maurizio Valiante, ha dato mandato al dirigente dell’avvocato comunale Domenico Di Russo di costituirsi parte civile contro gli otto indagati perché dopo la risoluzione del contratto del comodato d’uso con l’Ipab della Santissima Annunziata l’ex colonia Di Donato non è stata riconsegnato al Comune di Formia, in più l’aspetto architettonico e funzionale dell’immobile è stato completamente alterato e per il suo ripristino – scrive l’avvocato Valiante – è necessaria una attività straordinaria ed oltremodo costosa, per cui ad oggi l’immobile risulta inutilizzato ed in condizioni fatiscenti, per di più sottratto all’uso della collettività”. A tentare di evitare il processo per il recupero storico ed architettonico dell’immobile risalente al 1300 saranno Ranieri De Filippis, ex dirigente del settore Servizi sociali della Regione Lazio, i funzionari regionali Erasmo Valente, Giovanni Falco, Andrea Fumi e Giorgio Maggi, il responsabile unico del procedimento Roberto Guratti e gli imprenditori Francesco e Umberto Battista di Formia.

E la costituzione di parte civile, sancita con la delibera numero 72 del commissario straordinario, è un pesantissimo atto d’accusa nei confronti dell’operato della Regione Lazio (in termini di controllo) e della stessa Ipab della Santissima Annunziata. Viene ricordato innanzitutto il contratto sottoscritto il 5 luglio 2011 con cui il comune di Formia concesse in comodato d’uso gratuito all’ente di assistenza di derivazione regionale per la durata di 25 anni l’ex colonia Di Donato per svolgervi, a ristrutturazione ultimata, un centro polivalente regionale per ospitarvi attività di rilievo socio-culturale. Il contratto stipulato dall’amministrazione di centro destra guidata dal Senatore Michele Forte sanciva l’obbligo per l’Ipab della Santissima Annunziata a provvedere a proprie spese alla realizzazione delle opere di ristrutturazione funzionale dell’intero complesso immobiliare stabilendo, all’articolo 5, che “decorsi due anni il contratto si sarebbe risolto di diritto qualora l’Ipab non avesse ultimato almeno il 50% delle ristrutturazione che si sarebbe comunque ultimata entro i successivi due anni”.

Correttamente l’Ipab ammise i propri ritardi – era il 14 gennaio 2015 – e, riconoscendo di non essere stata in grado quanto stabilito, risolse il contratto di comodato. Il resto è pura cronaca giudiziaria. Il 25 gennaio 2017 sorvolarono anche gli elicotteri nel cielo di Castellone quando gli agenti del Gruppo di Finanza di Formia, inviati dalla Procura della Repubblica di Cassino, apposero i sigilli alla struttura – un tempo anche sede dell’ex Usl Lt/6, di importanti realtà associative e culturali del quartiere di Castellone e di alcune aule del dirimpettaio istituto magistrale “Marco Tullio Cicerone – nell’ambito di un procedimento penale che ha messo il luce – e lo ribadiscono sia il commissario straordinario Valiante che il dirigente dell’avvocatura comunale Domenico Di Russo – l’”incauta gestione del progetto di ristrutturazione dell’immobile” di cui il comune al momento non può utilizzare per tante e oggettive ragioni. Oltre al sequestro penale, l’ex colonia Di Donato per tornare fruibile necessiterebbe di ingentissimi investimenti economici che l’ente proprietario, il comune, non può affrontare. Da qui la richiesta, poi trasformata in delibera, di costituirsi parte civile e di chiedere i danni subiti dal comune di Formia, vittima di “un danno patrimoniale subito dalla collettività per il mancato utilizzo della struttura”.

A promettere battaglia saranno i legali degli otto indagati – gli avvocati Luigi Panella, Andrea Di Croce, Luca Scipione, Vincenzo Macari, Valeria Simeoni e Giorgia Bonfanti – impegnati a tentare, già davanti il Gup del Tribunale di Cassino, di demolire il castello accusatorio della Procura della città martire. Di certo, si costituirà parte civile anche la Regione Lazio. dunque, “quid juris”, a chi spetta l’eventuale danno cagionato? Quale danno diretto e contingibile avrebbe subito il comune – sostengono i legali difensori – se i lavori al momento del giudizio erano ancora in corso? Con la conclusione delle indagini preliminari lo scorso 16 novembre gli agenti del gruppo di Formia e del comando provinciale della Guardia di Finanza avevano, peraltro, eseguito un provvedimento di sequestro preventivo di conti correnti e disponibilità finanziarie che, per un valore complessivo di 230mila euro, aveva interessato alcuni degli indagati di questa delicata inchiesta giudiziaria. Il sequestro dei conti correnti era stato eseguito presso alcuni istituti bancari di Formia, Fondi, Gaeta, Latina, Napoli, Roma, Salerno e Rieti e aveva riguardato anche i dirigenti della società appaltatrice dei lavori, la “Sacen” di Formia, appunto Francesco ed Umberto Battista. La revoca del sequestro di queste somme di danaro si era resa possibile anche all’assistenza legale dell’avvocato Andrea Di Croce. L’attività investigativa del gruppo di Formia delle Fiamme Gialle avrebbe accertato una serie di presunte irregolarità e difformità nell’esecuzione dei lavori di riqualificazione, interventi finanziati dalla Regione per quasi un milione di euro ma mai definitivamente completati. Per il recupero del vasto complesso architettonico di oltre 15mila metri quadrati nel 2011 furono stanziati una serie di finanziamenti a “destinazione vincolata” concessi dall’allora Giunta Polverini: avrebbero dovuto recuperare la storica struttura.

Le perizie tecniche disposte dal Pm Mattei hanno accertato non solo la difformità dei lavori rispetto alla progettazione, ma anche gravi violazioni alle norme sugli appalti pubblici che avrebbero procurato un indebito arricchimento all’azienda appaltatrice a danno dell’erario per oltre 230 mila euro. L’indagine della Procura di Cassino sarebbe scaturita da un esposto conoscitivo dell’attuale commissaria dell’Ipab della Santissima Annunziata, Luciana Selmi, dopo le difficoltà riscontrate dalla Regione a contabilizzare i reali interventi realizzati rispetto al contributo concesso. Il sospetto che il mezzo milione che manca all’appello sarebbe finito nelle casse di una fondazione, istituita dal vecchio corso dell’Ipab, per sostenere parcelle professionali e l’assunzione di personale.

Saverio Forte

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