Gaeta / #Iodicono, la campagna del M5S contro il referendum costituzionale

Gaeta Politica

GAETA – Il Gruppo Comunicazione Meetup Gaeta 5 Stelle presenta un incontro pubblico che si terrà lunedì 22 agosto, dalle ore 19,00 al Molo Sanità Gaeta Medievale,  in cui 4 parlamentari illustreranno ai Gaetani le ragioni del NO al referendum “incostituzionale” voluto dal Governo Renzi/Boschi:

“Laura Castelli, Daniele Pesco, Angelo Tofalo e Sergio Battelli, che sbarcheranno sulla nostra penisola, sono i portavoce del Movimento 5 Stelle che spiegheranno dettagliatamente le ragioni per le quali sarà importantissimo andare a votare al prossimo referendum esprimendo il NO.

Noi possiamo solo anticiparvi che i testi della nostra meravigliosa Costituzione sono stati stravolti negativamente da persone che governano incostituzionalmente (non sono stati votati da nessuno e fanno parte di una maggioranza di governo illegittima, frutto di inciuci, compra-vendita di parlamentari, politici senza moralità, votati dagli elettori in un partito e passati ad un altro, pur di sedersi su una ricca poltrona, quasi tutti in conflitto di interessi o con a carico condanne e avvisi di garanzia, protetti solo dalle immunità parlamentari, persone che hanno depredato banche, società partecipate e soprattutto le tasche dei cittadini, come ad esempio le famiglie Renzi e Boschi, sostenuti appunto da pregiudicati come Denis Verdini e incapaci come il Ministro degli Interni Angelino Alfano, però capacissimo a sistemare amici e parenti nella Pubblica Amministrazione).

Ebbene, questi signori, con un SI degli italiani trasformeranno la democrazia in una dittatura non molto differente da quella del leader turco Erdogan. Ogni cambiamento risulterà un vantaggio per i pochi al potere e per le lobby, togliendo del tutto sovranità al popolo.

Brevemente vi citiamo solo alcune modifiche dannose.

Il bicameralismo non viene superato, chi sostiene il contrario dice una bugia. Continuiamo ad avere due Camere che legiferano insieme su molte materie, quando invece si poteva abolire il Senato e passare al monocameralismo. I ritardi causati dalle “navette” tra le Camere sono un’invenzione: la modifica costituzionale dell’articolo 81 (pareggio di bilancio) è stata fatta in poco più di tre mesi.

I senatori eletti dai consigli regionali nel proprio ambito, insieme a un sindaco per ogni regione è espressione di un territorio limitato e infraregionale, cui rimane legato per la sua carriera politica. Avendo pochi senatori, ogni regione sarà rappresentata a macchia di leopardo. Pochi territori avranno voce nel Senato, e tutti gli altri non l’avranno. Si rischia un abbassamento della qualità nei massimi livelli di rappresentanza nazionale (basta considerare le cronache di stampa e giudiziarie, soprattutto perché ai consiglieri-senatori e ai sindaci-senatori si riconoscono le prerogative dei parlamentari quanto ad arresti, perquisizioni, intercettazioni. Un’inchiesta penale a loro carico può diventare molto difficile, o di fatto impossibile).

Troppe variabili legislative, il Senato non vota più la fiducia ma deve essere consultato su materie vitali per i governi, come la legge di bilancio. Il procedimento legislativo (articolo 70), che oggi ha 4 variabili, prevederà 8-10 «strade diverse». Il nuovo articolo 70, che oggi è di nove parole, sarà di una pagina. E pure criptica.

Costi: Con la riforma verrebbero risparmiati solo 50 milioni di euro per ogni esercizio annuale del Senato, ossia quanto costa un solo aereo F35 ordinato dalla Difesa (bastava comprarne uno in meno). Diminuiscono i senatori ma la struttura del Senato rimane tale e quale. La soluzione, semmai, era quella di tagliare i deputati, che sono 630 e soprattutto dimezzare gli stipendi (come fanno i parlamentari 5 stelle).

Per la richiesta di referendum abrogativo le firme richieste aumentano da 500 mila a 800 mila. E anche le firme per la richiesta di leggi di iniziativa popolare passano da 50 mila a 150 mila, con buona pace della democrazia partecipativa.

La nuova legge elettorale e la riforma costituzionale sono connesse. Passi, se al primo turno una lista supera il 40% e ottiene il premio di maggioranza, ma chi vince al ballottaggio, anche di un solo voto, governerebbe grazie ad un vero premio «di minoranza».

È prevista l’approvazione a data certa dei disegni di legge governativi mentre questa «corsia preferenziale» non è contemplata per le leggi di iniziativa parlamentare. Così il governo monopolizza l’attività legislativa del Parlamento.

Si risponde a una brutta riforma (quella in senso federalista del Titolo V del 2001) con una soluzione peggiore. Mettendo tutte le Regioni sullo stesso piano, si torna indietro rispetto alla spinta del decentramento. Il disegno complessivo è di favorire un governo centrale più snello per assumere le decisioni strategiche.

Con l’abolizione delle materie concorrenti aumenteranno i ricorsi tra Stato e Regioni. E, vista la complessità del procedimento legislativo, aumenterà anche il contenzioso tra Camera e Senato, che ha un potere di «richiamo» delle leggi tutto da verificare.

La Costituzione non è intoccabile ma modificare 47 articoli della Carta a maggioranza, e in un colpo solo, deve allarmare chi ha a cuore la democrazia. Non viviamo ancora in una democrazia compiuta se quasi il 50 per cento dei cittadini non va a votare. Se il Parlamento avesse affrontato più pacatamente la questione, oggi, forse, ci ritroveremmo con una riforma condivisa senza la necessità di ricorrere a un referendum a forte contrapposizione.

La vittoria del No non deve incidere sulla vita del governo che va avanti in base alla maggioranza in Parlamento. Il voto dei liberi cittadini, su una riforma così importante, non può sottostare a ricatti o a strumentalizzazioni sulla continuità dell’azione del governo.”