Camorra, il pentimento di Francesco Schiavone “Sandokan” e le possibili rivelazioni sul Sud Pontino

Cronaca Formia Sud Pontino

SUD PONTINO – Le dichiarazioni sono state secretate ma, una volta rese pubbliche, potrebbero chiarire l’entità di alcuni fatti di cronaca legati al territorio del sud pontino. La volontà di Francesco “Sandokan” Schiavone di collaborare con la giustizia dopo 26 anni trascorsi in carcere potrebbe chiarire non pochi episodi legati negli ultimi trent’anni all’infiltrazione sul territorio del Golfo del clan dei Casalesi di cui Schiavone è diventato il leader insieme a Francesco “Cicciotto” Bidognetti dopo aver messo all’angolo la famiglia Bardellino. E la start line potrebbe essere il 1988 quando l’allora fondatore del clan Antonio Bardellino sarebbe stato ucciso in Brasile da Mario Iovine, poi eliminato in Portogallo. Secondo le risultanze del processo “Spartacus”, dopo tre gradi di giudizio, ad inviare Iovine in sud America sarebbe stato proprio Sandokan.

Che il pentimento di Schiavone possa contribuire a risolvere questo mistero – il corpo di Bardellino senior non è stato mai trovato – lo auspica chi ha arrestato nel luglio 1998 Schiavone “al termine di un’indagine dura, faticosa e laboriosa, durata 8 mesi asfissianti”. Si tratta di Sergio Sellitto, oggi dirigente dell’Interporto Campano, negli anni ’90 vicequestore della polizia di Stato in servizio alla Direzione investigativa antimafia, alla guida della squadra ‘Yanez’ che, appunto, l’11 luglio 1998 a Casal di Principe riuscì a catturare il boss del clan dei Casalesi. Si ipotizzava che Schiavone fosse nascosto in una località del Nord Italia ma il cerchio degli investigatori andò a stringersi proprio su Casal di Principe.

“Il momento operativo – ha raccontato Sellitto – è scattato quando abbiamo finalmente avuto la certezza che la moglie stava andando a trovarlo nel suo nascondiglio. Abbiamo seguito il lungo e tortuoso percorso compiuto dalla donna, che passava da un’auto all’altra guidata da sue amiche che giravano per Casale senza dare nell’occhio, lei a volte stesa sul sedile posteriore per non farsi notare. Una volta individuata l’abitazione nella quale ritenevamo si trovasse Schiavone, siamo entrati alle 22.40“. Sellitto è dubbioso sul contribuito di Schiavone dopo un quarto di secolo trascorso al carcere duro: “di sicuro potrebbe svelare il mistero dell’omicidio di Antonio Bardellino, mai risolto” ha specificato.

Il pentimento di Schiavone, anticipato dall’edizione cartacea del quotidiano “Cronache di Caserta” e confermato dalla Direzione nazionale antimafia, potrebbe intrecciarsi sulle concomitanti indagini promosse dai Pm delle Dda di Roma e Napoli sul possibile nascondiglio scelto da Antonio Bardellino in una botola di una villetta in località Acquatraversa? Secondo alcuni collaboratori di giustizia il fondatore del clan dei Casalesi si sarebbe nascosto a Formia sino al 2018, anno in cui, all’età di 73 anni, sarebbe deceduto per una causa naturale. Questo potrebbe essere uno dei “segreti” che potrebbe svelare Francesco Schiavone ma non solo.

La collaborazione di ‘Sandokan’ potrà essere fondamentale anche “sul versante dei disastri ambientali” ma anche “sul traffico dei rifiuti” sul territorio del sud pontino. Ne aveva già parlato un altro collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi Carmine Schiavone: “Ma fece cenno solo di alcuni rifiuti, come quelli che sarebbero stati sversati nei vari assi autostradali – ha evidenzia l’ex procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, ora Senatore del Movimento Cinque Stelle – Si potranno così avere indicazioni più precise per effettuare ricognizioni specifiche e non solo a campione come avvenuto in passato. Le dichiarazioni che Schiavone potrà rendere, infine, potranno anche dare indicazioni sulla ricchezza accumulata nel tempo dal clan e sulla la rete societaria all’estero“.

E non è finita. La collaborazione di “Sandokan” – i figli Nicola e Walter sono pentiti da anni ma nella giornata di Venerdì Santo diversi familiari di Schiavone, tuttora residenti a Casal di Principe, hanno rifiutato la richiesta di entrare nel programma di protezione – potrebbe svelare gli esecutori e i mandanti di due omicidi di camorra che hanno avuto due vittime di Minturno, Luigi Griffo e la sociologa Paola Stroffolino.