Formia / Furto alla biblioteca dei Girolamini di Napoli, assolta dall’accusa di peculato Viktoriya Pavlovskjy

Cronaca Formia Top News

FORMIA – La Procura di Napoli aveva chiesto dieci anni di reclusione per i clamorosi furti degli antichissimi libri all’interno della biblioteca dei Girolamini di Napoli. E invece la prima sezione del tribunale di Napoli ha assolto per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste dalle accuse di peculato l’unica imputata pontina coinvolta in questo processo terminato dopo 124 udienze celebrate lungo 12 anni. Si tratta della formiana 33enne (ma di origini ucraine) Viktoriya Pavlovskjy, finita nell’inchiesta che, coordinata dall’ex Procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo, è stata accusata di essere la complice, l’ombra dell’ex direttore della Biblioteca dei Girolamini, Massimo De Caro, condannato invece a cinque anni e tre mesi di reclusione.

La donna è stata difesa dall’avvocato Luca Scipione e le accuse per lei furono davvero pesanti avanzate da ben quattro Pm della Procura partenopea: quelle di aver attuato “un mirato programma di smembramento, mutilazione, danneggiamento e sfruttamento economico del patrimonio librario” storicamente raccolto presso la Biblioteca statale annesso al Monumento nazionale dei Girolamini, in via Duomo a Napoli. Il processo si è concluso con sei condanne dopo che sono cadute le accuse di associazione per delinquere, devastazione e saccheggio. Il responsabile della Pavlovskjy, l’ex direttore della Biblioteca, Massimo de Caro è stato condannato a cinque anni e tre mesi, reato da considerare in continuazione ai sette anni di reclusione incassati in via definitiva al termine di un altro di dibattimento. A Maurizio Bifolco sono stati inferti cinque anni e mezzo di carcere e, relativamente all’accusa di singole acquisizioni dei libri, quattro anni e mezzo a Luca Cableri, due anni e mezzo a Stefano Ceccantoni e, inoltre, un anno di reclusione per Mirko Camuri.

Le assoluzioni hanno invece riguardato per tutti i reati per l’ex parroco e direttore del complesso monumentale dei Girolamini Sandro Marsano, Paola Lorena Weigandt, Alejando Eloy Cabello, Cesar Abel Cabello, Federico Roncoletta e, appunto, Viktoriya Pavlovskjy. La donna era stata condannata con sentenza del 2015 dal Gip di Napoli per alcuni peculati (sottrazione in concorso di libri antichi dalla biblioteca Girolamini) alla pena di 5 anni e 4 anni di reclusione. “Attendiamo le motivazioni della sentenza di martedì del Tribunale di Napoli (presidente Maurizio Conte, giudici a latere Antonia Napolitano Tafuri) e- ha commentato il legale della Pavlovskjy, l’avvocato Luca Scipione – e, essendo stata assolta in questo processo dagli altri peculati per non aver commesso il fatto, si profilano motivi per ottenere la revisione del processo (stralcio) definito con condanna in abbreviato dal Gip del Tribunale di Napoli. Viktoriya nel processo definito con il rito abbreviato ha scontato oltre 2 anni, parte in custodia cautelare (circa 2 mesi e mezzo) in carcere e in parte agli arresti domiciliari.”

Il Gip del Tribunale di Napoli, Maria Luisa Miranda, nel 2019 era stata chiara: non doveva essere emesso l’11 febbraio di quell’anno il provvedimento d’esecuzione con cui gli agenti del Commissariato di Polizia di Formia sei giorni più tardi arrestarono Viktoriya Pavlovskiy. Lo scrive lo stesso magistrato nella propria ordinanza che, a distanza di due mesi dallo svolgimento dell’incidente di esecuzione, aveva rimesso in libertà la donna, ucraina di nascita ma dall’età di 8 anni residente a Formia dove è cresciuta e ha studiato. Quella presentata dagli avvocati Luca Scipione e Leonardo Scinto era stata una delle prime opposizioni accolte in Italia contro la legge “Spazza corrotti” che aveva inasprito la detenzione e le misure restrittive nei confronti degli imputati che si sono resi protagonisti e promotori di gravi reati contro la pubblica amministrazione. Ma la vicissitudine processuale della Pavlovskiy è intricante e intrigata allo stesso tempo come lo è stata la vicenda della sparizione di libri antichissimi presso la biblioteca dell’Abbazia Benedettina di Montecassino e di quella dei Girolamini presso la quale la donna – come detto – lavorava come segreteria del suo direttore, Massimo Marino De Caro, il consulente dell’ex Ministro Galan che per la sparizione di questi rari manoscritti è stato di nuovo condannato.

I guai giudiziari Viktoriya Pavlovskiy iniziarono con l’arresto il 18 aprile 2012 ma si concretizzarono con la condanna con il rito abbreviato del Gip del Tribunale di Napoli del 15 marzo 2013, poi confermata dalla Corte d’Appello ed il 9 aprile 2015 dalla Cassazione a cinque anni e quattro mesi di reclusione. La Pavlovskiy in effetti, dopo queste traversie processuali, aveva ottenuto i domiciliari scontando metà della condanna inflittale dalla Suprema Corte e avviando un’azione di recupero arricchendo il suo già ricco percorso culturale ed accademico con il conseguimento di una laurea in scienze della Comunicazione. Nel giorno in cui, il 18 dicembre 2018 il Parlamento italiano approvava la legge “Spazzacorrotti” la Procura della Repubblica di Napoli emanava, in esecuzione della condanna definitiva, un ordine di esecuzione di carcerazione nei confronti della Pavlovskiy revocando il decreto di sospensione della pena emesso il 28 gennaio 2016 dall’ufficio di sorveglianza del Tribunale di Frosinone. In sintesi la fedelissima segretaria di “Max Fox” sarebbe dovuta tornare in carcere per espiare la pena di 2 anni, 7 mesi e 23 giorni di reclusione.

Un’altra data importante in questo labirinto tecnico-processuale è stata il 28 gennaio 2019 in cui la Pavlovskiy, “entro il termine di 30 giorni previsto dall’articolo 656 del Codice di procedurale penale”, presentava presso il Tribunale di Sorveglianza, attraverso la Procura della Repubblica di Napoli (competente per la vicenda dei libri trafugati all’interno della Biblioteca dei Girolamini) una specifica istanza di affidamento in prova ai servizi sociali o, in alternativa , di beneficiare degli arresti domiciliari. E invece tre giorni dopo, il 31 gennaio di cinque anni, entra in vigore la legge “Spazza corrotti”, la numero 3/2019 che ha modificato il regolamento penitenziario del 1975 e ha incluso nell’elenco dei reati ostativi alla concessione dei benefici penitenziari, tra gli altri, anche quello, il peculato, per il quale è intervenuta la sentenza di condanna in esecuzione ai danni della Pavlovskiy.

Di certo gli agenti dell’allora vice questore Massimo Mazio dall’emissione del provvedimento di esecuzione della carcerazione alla sua notifica impiegarono quasi una settimana: le ricerche della donna, dopo essere state inizialmente indirizzate a Roma (dove aveva lavorato), si concentrarono a Formia, dove l’allora 28enne era stata saltuariamente notata. Gli investigatori del commissariato, a seguito di specifici servizi di osservazione, riuscirono a rintracciarla ed arrestarla in un’abitazione di Gianola con destinazione il carcere femminile di Pozzuoli che la lasciato dopo l’ordinanza del Gip Miranda.

Nell’incidente di esecuzione presentato a marzo al Tribunale di Napoli l’avvocato Scipione innanzitutto contestò la legittimità del provvedimento con cui la Procura del capuologo campano aveva revocato “inspiegabilmente” il suo primo ordine di esecuzione emesso il 18 dicembre 2018 e, poi, quello dell’11 febbraio 2019 ed eseguito dal Commissariato formiano il 17. La Pavlovskiy non andava arrestata perché la donna aveva chiesto di ottenere l’affidamento ai servizi sociali primancora che entrasse in vigore la legge “Spazza corrotti” e, poi, perché la sua istanza non era stata discussa dal Tribunale di Sorveglianza.

Per quest’ultima circostanza finì sott’accusa…la Procura di Napoli che “non poteva considerare esaurito il suo procedimento a causa della mancata fissazione – scrisse il legale della dona ucraina ma formiana a tutti gli effetti- dell’ udienza di trattazione da parte del tribunale di sorveglianza competente a decidere sulla anzidetta richiesta di misure alternative alla detenzione”. La stessa Procura partenopea avrebbe conferito alla nuova legge processuale (la numero 3/2019) “valore irrimediabilmente retroattivo, arbitrariamente considerandola capace di travolgere effetti già prodotti prima dell’ entrata in vigore (31 gennaio 2019) della medesima legge”. Insomma quell’ordine di carcerazione fu fondato “su presupposti giuridici assolutamente errati e in palese violazione di quanto previsto dall’articolo 11 del Regio decreto numero 22 del 1942 che regola i rapporti giuridici anche in caso di mutamenti normativi. L’incidente di esecuzione al Gip Miranda contenne diverse altre eccezioni, formali e sostanziali, anche di natura Costituzionale. Vi fu messa in evidenza la tipologia della concedibilità delle misure alternative alla detenzione. Tra queste ci fu anche la condotta ‘collaborativa’ e riparatoria che, pur prevista per il reato di peculato, è stata manifestata a più ripresa dalla stessa donna …ora assolta.