Sonnino / Dopo il sequestro scatta la confisca ai beni dlel’imprenditore Luciano Iannotta

Cronaca Sonnino

SONNINO – Dopo il sequestro (nel febbraio 2022), la confisca. Sarebbero appartenuti, attraverso una serie di prestanomi, a Luciano Iannotta, i beni, gli assetti societari e rapporti finanziari che per un valore complessivamente stimato di circa 50 milioni di euro sono stati confiscati mercoledì mattina dalla Polizia di Stato, attraverso investigatori del Servizio Centrale Anticrimine e della Divisione Anticrimine della Questura di Latina. Il provvedimento ai danni dell’ex consigliere comunale ed ex assessore del Comune di Sonnino nonché Presidente della Confartigianato di Latina è stato emesso, ai sensi della normativa antimafia, dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma, su proposta del Procuratore e del Questore di Latina.

Iannotta era stato l’indagato eccellente arrestato nel 2020, nell’ambito dell’operazione ‘Dirty Glass’, condotta dalla Polizia di Stato con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, in quanto ritenuto responsabile, in concorso con altri, di calunnia, sostituzione di persona, bancarotta fraudolenta, trasferimento fraudolento di valori, sostituzione di persona, omessa dichiarazione ai fini delle imposte, corruzione, autoriciclaggio, ricettazione, sequestro di persona, detenzione abusiva e porto di arma comune da sparo, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, favoreggiamento personale, truffa aggravata, turbata libertà degli incanti e estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Se a Iannotta è stata applicata la sorveglianza speciale per i prossimi tre anni nel comune di Sonnino, il Tribunale di Latina ha anche proceduto alla confisca di un’impresa individuale, di una fondazione, della totalità delle quote e dell’intero patrimonio aziendale di 37 compagini societarie, di cui 4 ubicate nel Regno Unito e 2 in Moldavia, di 119 fabbricati e 58 terreni, 57 veicoli, e 72 rapporti finanziari, per un valore complessivamente stimato- come detto – di circa 50 milioni di euro. L’inchiesta – il processo in corso di svolgimento è stato rinviato nell’ultima udienza di giugno al prossimo 23 novembre – aveva permesso di disvelare un vero e proprio “sistema”, ossia una fitta rete di relazioni incentrata sulla figura di Iannotta nella quale sarebbero confluiti gli interessi sia della malavita pontina e campana sia dei rappresentanti delle pubbliche istituzioni infedeli.

Un “sistema” caratterizzato da una spiccata pervasività in plurimi ambiti della società, nei vari settori economici, sportivi e delle istituzioni pubbliche e private, che ha permesso all’imprenditore di accumulare un ingente patrimonio immobiliare e mobiliare. Per la gestione di questi interessi, Iannotta si sarebbe avvalso di un nutrito gruppo di società, alcune presenti nel Regno Unito e in Moldavia, intestate a prestanome, per il cui tramite sono state realizzate diverse attività illecite dalla chiara impronta lucro – genetica, quali il traffico di mezzi d’opera di provenienza furtiva, l’evasione delle imposte sul reddito e dell’iva (tramite fatturazioni per operazioni inesistenti tra società infragruppo), il riciclaggio di denaro proveniente dalla criminalità organizzata campana, la sottrazione dei beni dalla massa del fallimento di società infragruppo (condotte in tale stato dopo averle spogliate dei beni cedendoli ad altre società del gruppo con pagamento del prezzo mediante compensazione di falsi crediti generati tramite fatturazione per operazioni inesistenti, oppure sottraendo dalle casse delle cedenti prossime al fallimento le somme del prezzo appena incassato mediante pagamenti di false fatture a favore di altre società infragruppo).

Sempre nell’ambito di questo contesto di procedure fallimentari sarebbero stati frodati i creditori anche tramite l’aggiudicazione dei beni fallimentari a prezzi sensibilmente ribassati a seguito della turbativa preventivamente posta in essere da Iannotta e dai suoi complici con l’intento di allontanare gli altri offerenti.

L’imprenditore di Sonnino – secondo l’accusa – avrebbe dimostrato un’elevata capacità di infiltrarsi in imprese in difficoltà con la falsa prospettiva di poterle risollevare (mediante iniezione di nuova linfa finanziaria) e, dunue, con la chiara intenzione di estrometterne dalla gestione i legittimi titolari per spogliarle dei beni e quote di mercato. Questo sarebbe avvenuto con una storica società pontina, giunta ad essere tra i leader nazionali nell’ambito della produzione e commercializzazione di contenitori in vetro per il settore alimentare. Secondo la ricostruzione investigativa della Dda capitolina Iannotta si era insinuato nella sua gestione di fatto, con tutto il suo staff di professionisti, con la “promessa” di risollevarla dalla crisi di liquidità che stava attraversando da alcuni anni, ma che in realtà è stata spogliata dei beni, dopo averne estromesso dalla gestione i proprietari.

Le indagini, oltre a documentare la pericolosità sociale dell’imprenditore sonninese, i cui trascorsi criminali abbracciano quasi un trentennio, hanno permesso di far luce sull’impero societario economico e finanziario realizzato, nel tempo, attraverso quella che viene definita “una spregiudicata abilità di infiltrare risorse illecite in canali istituzionali, con una pluralità di operazioni societarie tali da impedire la diretta riconducibilità delle stesse strutture alla sua persona. Il tutto a fronte di una complessiva situazione reddituale “dichiarata” di “natura modesta o addirittura inadeguata, in alcuni casi, anche al semplice soddisfacimento delle primarie esigenze quotidiane personali e del suo nucleo familiare”.