Omicidio Piccolino, le indagini proseguono: occhi puntati su urbanistica, sale slot e beni confiscati

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FORMIA – Le indagini proseguono senza sosta. A distanza di una settimana esatta dall’omicidio di Mario Piccolino, sono ancora pochi gli elementi a disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Da quanto trapela, sarebbero state rinvenute decine di impronte nello studio dell’avvocato ucciso, da valutare ancora se siano però riconducibili al killer. Inoltre, la pistola utilizzata e che ha sparato un solo colpo alla testa dell’avvocato blogger sarebbe una 38 special di piccolo calibro. Queste le prime indiscrezioni che trapelano dagli ambienti investigativi. L’assassino avrebbe sui 55 anni di età, media statura, corpulento e con i capelli bianchi, e avrebbe sparato non ad altezza uomo ma almeno 20 centimetri di distanza.

piccolino 9La Questura di Latina non esclude nessuna ipotesi sul movente e per precauzione ha rilasciato una nota con la quale precisa che “eventuali dichiarazioni attribuite a consulenti di parte o periti non possono in alcun modo essere riconducibili a investigatori della Polizia di Stato”.

“In particolare si evidenzia – prosegue la nota – come le congetture relative al tipo di pistola utilizzato, alla traiettoria del proiettile, alla presunta descrizione dell’autore dell’omicidio, non sono assolutamente riconducibili a notizie fornite dagli investigatori. La titolarità delle indagini è della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, che coordina le attività eseguite dalla Squadra Mobile di Latina. Allo stato non viene esclusa alcuna pista investigativa”.

In questi giorni diverse sono state le ipotesi, anche contrastanti tra i criminologi, che la Questura, con questa nota, tende a ridimensionare.

Ad ogni modo un fatto certo c’è: Mario Piccolino aveva ricevuto diverse minacce nelle scorse settimane. Lo ha detto anche il fratello Marco, durante i funerali tenuti mercoledì scorso presso la Chiesa di San Giovanni a Formia. Minacce riconducibili alla vicinanza con il sindaco Sandro Bartolomeo e alla sua giunta.

funerali piccolino 23“Quel proiettile – ha detto Marco Piccolino durante le esequie – che ha ucciso mio fratello era in realtà diretto all’amministrazione comunale. Hanno scelto la persona più debole, più vulnerabile che aveva sposato in toto i progetti di legalità del sindaco Bartolomeo”. “Quel proiettile sparato nella testa di mio fratello – ha aggiunto – ha simbolicamente colpito tutta questa amministrazione che ora deve alzare la testa e non avere paura. Il sacrificio di Mario non deve rimanere invano”.

Parole importanti che aprono uno scenario più che plausibile sul movente che potrebbe essere riconducibile a qualche provvedimento operato dall’amministrazione comunale e in questo caso confermerebbe la tesi di un’esecuzione e di un messaggio inviato al primo cittadino. Un filone potrebbe essere quello delle sale slot, settore attorno al quale girano milioni di euro e gli interessi della camorra, come già scritto su Temporeale.info.

Nei suoi interventi, il sindaco Bartolomeo ha parlato molto del settore urbanistica, sul quale in questi anni vi sono stati interessi particolari, vedi il caso dell’Acerbara. E ha insistito molto sul Piano regolatore, che garantirebbe una certa sicurezza. “Formia è una città bella e appetibile per tanti motivi e ha subito l’infiltrazione e la presenza di famiglie legate alla criminalità organizzata. Abbiamo iniziato con i Bardellino, abbiamo continuato con altre famiglie”, ha sottolineato Bartolomeo.

Perché Formia e l’intero golfo di Gaeta sono stati eletti “Provincia di Casale“, come ha detto il pentito Carmine Schiavone, e non solo per gli affari loschi della malavita.

E’ risaputo che Formia sia stata scelta come residenza dalla famiglia di Ernesto Bardellino, i cui beni sono stati confiscati e messi a disposizione del Comune di Formia. Sono ben cinque appartamenti ma nessuno li vuole. Troppa la paura di “sgarrare”, a quanto pare. E non è finita. L’ex discoteca “Maracuja” di proprietà di Cipriano Chianese, l’avvocato della monnezza accusato oggi a Napoli di disastro ambientale. Di stanza a Formia anche Katia Bidognetti, figlia di “Cicciotto ’e mezzanotte”, il boss che ha regnato per decenni insieme a Francesco “Sandokan” Schiavone. E ancora Mario Cosentino, fratello del più noto Nicola, il deputato del Pdl che per un ventennio ha avuto in mano la Campania.

camera ardente mario piccolino (9)Insomma, troppo bella Formia, ci si vive bene. Ma quando si inceppa il meccanismo di “favori” può capitare che ritornino le pistole. Altro settore, molto ricco e interessante per i clan è quello della “monnezza”. “Formia Rifiuti Zero”, il progetto tanto voluto da Bartolomeo e l’assessore alla sostenibilità urbana Claudio Marciano, è oggi realtà e sta muovendo i primi passi. Una società pubblica che sottrae milioni di euro a società private che avrebbero potuto gestire questo delicato settore. E chissà che questa scelta di tagliare fuori una tale allettante fonte di guadagno non possa aver indispettito più di qualcuno proveniente dalla vicina Campania.

La polizia dice che nessuna ipotesi è esclusa. Si pensa anche ad un ipotetico cliente vendicativo, ma viste le modalità dell’omicidio sembrerebbe di essere davanti più ad una esecuzione di camorra. Non per niente indaga la Dda di Roma: evidentemente c’è più di qualche sospetto in questa direzione.

Non viene scartata l’ipotesi di una ritorsione da parte di uno dei tanti clan di camorra che da anni vivono e operano a Formia, considerata fin dagli anni ’80 la “Svizzera dei Casalesi”. Anche l’Associazione Caponnetto teme qualcosa di simile: “C’è un altro aspetto che ci inquieta e che ci fa temere una recrudescenza dello scontro fra le bande che inquinano il sud pontino. I clan nella zona di Formia-Gaeta-Itri-Fondi-Sperlonga ci stanno tutti e finora è prevalsa la pax fra di essi. Se uno di questi ora ha rotto con questo delitto quella pax vuol dire che sono saltati gli equilibri e qualcuno vuole la guerra. Speriamo di sbagliarci”.

L’omicidio di Mario Piccolino sembra quasi un assassinio deciso a tavolino, un po’ come quello di Salvatore Rotondo, il vigile urbano di Minturno ucciso il 13 marzo 1990 da una raffica di proiettili mentre camminava per strada. Un delitto ancora oggi senza un colpevole. Anche in quel caso vi erano stati episodi di minacce come quello della testa di animale davanti al cancello della sua vecchia dimora. All’avvocato Piccolino tre anni fa furono lasciate davanti lo studio viscere e teste di pesce e anche al sindaco Bartolomeo un coniglio morto davanti casa.

Secondo gli investigatori dell’epoca, il sottufficiale Rotondo avrebbe ostacolato il rilascio di licenze ad imprese legate ad Alberto Beneduce. Andava eliminato ma questo non fu mai dimostrato. A quell’omicidio ne seguirono altri, una scia di sangue inarrestabile che caratterizzò quegli anni di piombo: Rosario Cunto (aprile ’90), Alberto Beneduce e Armando Miraglia (agosto ’90), Giovanni Santonicola (9 settembre ’90) e Benito Beneduce (13 settembre ’90). Tutti delitti sui quali, grazie anche alle rivelazioni dei pentiti, è stata fatta luce: erano i primi anni ’90, che hanno intitolato un processo che ha sancito la presenza della camorra nella parte più a sud del golfo di Gaeta. L’assassinio di Mario Piccolino sembra quasi ricordare quel periodo maledetto.

Giuseppe Mallozzi