Golfo / Allarme siccità: l’incubo della crisi idrica del 2017, l’auspicio di veder ridotte le perdite di rete

Ambiente Attualità Formia Sud Pontino
SUD PONTINO –   La crisi idrica dell’estate 2017 nel Golfo è un incubo dietro l’angolo per la Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine e l’Associazione “Incontri e Confronti”. L’esasperazione della popolazione e il dispendio di risorse pubbliche e private per far fronte all’emergenza: autobotti, navi cisterna, nuovi pozzi di emungimento e arrivò a proporre un impianto di dissalazione a Formia, poi rientrato per la protesta popolare. I privati, poi, diedero corso ad un esasperato e dispendioso fai da tè, attraverso l’acquisto e l’installazione di serbatoi ed autoclavi. Lo stato di calamità indusse la politica a consentire lo scavo di nuovi pozzi di emungimento all’Acerbara e la costruzione di una nuova adduttrice idrica che, attraverso l’acquedotto di Cellole, approvvigiona la zona di Minturno.
Alla luce della siccità di cui si parla in Italia e sulla base dei dati pluviometrici ad oggi disponibili, le due associazioni sono in allarme in vista della prossima estate 2023. “Dall’esame dei dati rinvenibili sul sito dell’ARSIAL – riflettono –  si vede bene che la penuria di pioggia del 2017 è stata preceduta da un 2016 anch’esso siccitoso, ma sostanzialmente privo di disagi come quelli dell’anno successivo. I dati ci dicono, quindi, che un solo anno con scarse piogge non è sufficiente a deprimere significativamente le portate delle sorgenti di Mazzoccolo e Capodacqua. Ne occorrono almeno due di seguito. Infatti, dai grafici allegati, si vede come, sia nel 2016 che nel 2017, le precipitazioni cumulate (linea azzurra), rilevate alla stazione pluviometrica di Esperia Modale, siano state inferiori alla media storica (linea rossa).  Anche nel 2022 le precipitazioni cumulate sono state inferiori alla media (vedi grafico)”.
C’è stato un parziale recupero dopo l’estate, ma spesso si è trattato di precipitazioni brevi ed intense (cosiddette ‘bombe d’acqua’). In questi casi  – spiegano ancora le Associazioni – l’acqua ruscella superficialmente (tutti ricordano quello che è accaduto a S. Maria la Noce e a Caravalle) e non alimenta in maniera efficace le falde. Le precipitazioni nevose sui monti Aurunci di gennaio 2023 sicuramente hanno aiutato gli acquiferi, ma è presto per dire se saranno state in grado di sopperire alla scarsa piovosità di questo inizio anno. In simili circostanze, se anche i prossimi mesi primaverili saranno avari di pioggia, c’è il rischio che si ripetano le stesse condizioni del 2017, cioè due anni consecutivi siccitosi. Ci salveranno i pozzi dell’Acerbara e l’acquedotto di Cellole? Saranno sufficienti e a che prezzo? Un fatto è certo: l’allarme cambiamenti climatici (aumento temperature, siccità, eventi estremi…) ha raggiunto le nostre latitudini e non può più essere ignorato”.
Per quanto riguarda la siccità, la lezione del 2017 sembra però non essere stata pienamente recepita da chi gestisce la rete. Ad oggi, a sei anni di distanza, di fronte a situazioni pluviometriche analoghe a quelle che condussero alla siccità dell’estate 2017, si continua a proporre d’immettere, nella rete colabrodo del golfo, nuovi volumi d’acqua provenienti dalla sorgente di Vetere di Fondi (costo stimato 18 milioni) e di aumentare le bollette per i gravosi consumi elettrici delle pompe, senza invece mettere al centro dell’azione la madre di tutte le soluzioni economiche ed ambienti accettabili, cioè la riduzione delle perdite di rete” – concludono.