Cassino / Delitto Serena Mollicone, con la botanica forense Elena Pilli si “torna” nella caserma di Arce [VIDEO]

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CASSINO – Considerata l’arma del delitto di Serena Mollicone, la porta contro la quale sarebbe stata scaraventata la studentessa  e’ stata ancora al centro della nuova udienza del processo per la morte della 18 enne di Arce che si sta celebrando davanti la corte d’assise del tribunale di Cassino. I riflettori sono stati puntati sulla botanica forense Elena Pilli che ha analizzato 18 frammenti di legno, inferiori al millimetro, trovati dai Ris sotto il nastro adesivo con cui fu immobilizzato il corpo e soprattutto la testa della povera Serena.

Rispondendo alle domande dei sostituti procuratore Siravo e Fusco, la dottoressa Pilli ha specificato come le cinque tracce di comparazione siano state prelevate nel punto di rottura della porta  sequestrata con la riapertura delle indagini nel 2016. Per la consulente della Procura – e lo ribadisce nell’intervista videO allegata – per il 93% dei casi è stata accertata la sovrapponibilità tra i campioni della porta del bagno dell’alloggio sfitto della caserma con i frammenti trovati sotto il nastro adesivo.

La porta era di truciolato, composta di vari  legni pressati. Si tratta di una miscela  che, trovata sulle micro tracce isolate, non esiste in natura, ma è un prodotto di assemblaggio dell’uomo. Per un frammento trovato sui capelli di Serena invece, non è stata accertata la sua non compatibilità. Questi elementi di natura botanica rappresentano per l’accusa, un altro importante elemento accusatorio che colloca Serena all’interno della caserma di Arce la mattina di venerdì primo giugno 2001.  Nel contro esame le difese di Franco, Marco ed Annamaria Mottola (tramite gli avvocati Piergiorgio Di Giuseppe, Franco Germani e Mauro Marsella) e dell’appuntato Francesco Suprano (assistito dall’avvocato Emiliano Germani) sono passate al contrattacco definendo generiche le conclusioni cui e’ giunta Pilli. Hanno aggiunto un elemento nuovo: la presenza di micro erbacee nel nastro adesivo. Il loro obiettivo e’ stato chiaro: dimostrare che Serena e’ stata uccisa in un luogo aperto, sicuramente diverso dalla caserma di Arce.

La controreplica della dottoressa Pilli: elementi erbacei sono presenti abitualmente nel truciolato e, dunque, nella parte interna della porta del delitto di Serena.

In ordine ai presunti depistaggi ipotizzati dalla Procura il professor Alberto Bravo ha reso conto della sua consulenza grafologica dei quattro ordini di servizio sottoscritti il 1 giugno 2001 da Vincenzo Quatrale, Francesco Suprano, del compianto brigadiere Santino Tuzi e di un militare in servizio presso la stazione di Monte San Giovanni Campano. Bravo non ha saputo escludere eventuali contraffazioni sugli orari in cui i quattro carabinieri sarebbero stati impegnati all’esterno della caserma. “Nessuno mi ha chiesto di effettuare questi ulteriori approfondimenti” e’ stata la giustificazione di Bravo che ha provocato il risentimento del presidente della corte d’assise Capurso. La Procura ha escluso comunque, dopo 21 anni dai fatti, di ricorrere ad una consulenza suppletiva…

In aula e’ comparso anche l’imprenditore Vincenzo Cocco che nel 1995 inizio a costruire la caserma di Arce. Ha detto di non ricordare di aver cambiato la caldaia dell’appartamento in cui fu uccisa Serena, semplicemente perchè quell’alloggio, uno dei sette ricavati all’interno della struttura, non era mai riuscito ad affittarlo. Cocco ha escluso di aver dato le sue chiavi al maresciallo Mottola e tantomeno se lo utilizzasse privatamente e di non aver saputo, all’epoca dei fatti della rottura della porta. L’udienza è stata arricchita del processo con le deposizioni Simone Somacal e Sergio Iafano: vendettero ed installarono rispettivamente la caldaia sotto la quale fu riposto il corpo senza vita di Serena.

Prossima udienza venerdì 11 febbraio con l’interrogatorio di ben cinque Carabinieri citati dalla Procura. Per le parti civili , rappresentate dagli avvocati Federica Nardoni e Antonio Iafrate dello studio legale dell’avvocato Sandro Salera, la deposizione della dottoressa Pilli è un’altra tappa di avvicinamento verso la verità per dimostrare che Serena è stata uccisa all’interno della Caserma dell’Arma di Arce.

“Ogni elemento portato dall’accusa si dimostra incerto, non preciso e frutto di suggestioni – ha replicato nell’intervista video il criminologo Carmelo Lavorino, portavoce della famiglia Mottola – Si e’ scatenata la caccia all’untore di manzoniana memoria. Gli avvocati della difesa stanno smontando pezzo dopo pezzo l’impianto accusatorio con la scienza, la logica e la tecnica”.

INTERVISTE Video, professoressa Elena Pilli, botanica forense e Carmelo Lavorino, portavoce famiglia Mottola.