Gaeta / Stop al forno crematorio, parla l’ex-sindaco di Itri Antonio Fargiorgio: “ripristinata legalità”

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GAETA – Sono stati in diversi ad esultare dopo la decisione del Tar- sezione di Latina di bocciare il progetto del comune di Gaeta di realizzare – il progetto preliminare era stato approvato dal consiglio comunale il 17 dicembre 2019 – di realizzare un forno crematorio in località Sant’Angelo, proprio ai confini dei comuni di Gaeta e Itri. Innanzitutto i comitati “Monte Bucefalo” e “San Martino”, l’associazione del Quartiere Sant’Angelo di Gaeta, il locale circolo del Partito Comunista e anche il comune di Itri.

Era stato proprio l’ex sindaco aurunco, Antonio Fargiorgio, tra i primi a proporre ricorso contro la decisione del comune di Gaeta di voler realizzare questa struttura in un’area a forte vocazione agricola e olivicola e, per di più, vincolata sul piano paesaggistico , naturalistico e archeologico. La nomina del comune di Itri dell’avvocato Antonio Cardinale (a cui si è affiancato l’avvocato Luca Scipione per conto dei comitati ricorrenti), è stata – secondo alcune considerazioni mai smentite – la vicenda per la quale il sindaco Fargiorgio ha dovuto lo scorso maggio l’onta della sfiducia a pochi mesi dalla conclusione della consiliatura. A chiedere la testa di Fargiorgio fu proprio il gruppo consilare di Forza Italia nel momento in cui i rapporti, amministrativi e personali, tra il sindaco di Itri e quello di Gaeta Cosimino Mitrano erano arrivati al minimo storico.

Ora il Tar, annullando l’intera istruttoria promossa dal comune di Gaeta (in testa la conferenza dei servizi che dava il via libera al summenzionato progetto preliminare con la contestuale approvazione della variante generale al Piano regolatore), ha anche sbloccato una serie di vincoli finalizzati alle procedure d’esproprio delle aree agricole interessate al posto delle quali sarebbe stato sviluppato il progetto di finanza. In sintesi la sentenza del primo grado della magistratura amministrativa – il comune, bloccando l’intera procedura, di fatto ha rinunciato a produrre ricorso – ha bocciato l’operato della Giunta Mitrano essenzialmente per due ragioni.

Per la prima l’area di Sant’Angelo era idonea ad ospitare un impianto di cremazione sino al 1978, cinque anni dopo l’approvazione della variante generale del comune di Gaeta che disciplinava l’area come idonea a ospitare un cimitero. Quel vincolo è scaduto da 43 anni, non è stato mai rinnovato ed il comune di Gaeta non ha mai più costruito un nuovo camposanto. Basta e avanza quello che esiste in via Garibaldi, nel cuore del quartiere di Serapo. La seconda ragione è ancor più grave: il comune di Gaeta avrebbe voluto realizzare un impianto di cremazione violando gli articoli 78 e 80 del Dpr 285 del 10 settembre 1990 che, licenziando il regolamento di polizia mortuaria del comune , affermava questo incontestabile principio; i forni crematori devono essere costruiti entro i recinti dei cimiteri e, quindi, è “assolutamente vietata la realizzare di un forno crematorio – e lo mettono per iscritto il presidente del Tar di Latina Antonio Vinciguerra e l’estensore Roberto Maria Bucchi – all’esterno degli stessi”.

La sentenza del Tar è una valanga di critiche nei confronti del settore Ambiente del Comune di Gaeta in quanto la conferenza dei servizi ha coltivato una serie di illegittimità. Ha deciso di proseguire i suoi lavori senza l’acquisizione di un’autorizzazione della Prefettura di Latina con pareri acquisiiti dall’Autorità di bacino quando la competenza era della Provincia di Latina e con un’errata classificazione dell’area individuata da parte della Soprintendenza archeologica delle province di Latina, Frosinone e Rieti. Da qui il commento dell’ex sindaco di Itri che attendeva da mesi.

“La sentenza del TAR di Latina ha di fatto ripristinato una situazione di legalità, che era stata apertamente lesa dagli atti procedimentali posti in essere dal Comune di Gaeta – ha esordito l’avvocato Antonio Fargiorgio – Il forno crematorio non poteva realizzarsi in quella zona perché, in disparte tutti i vincoli esistenti che non erano stati superati dall’istruttoria espletata, non esisteva e non esiste nella zona un cimitero. La legge infatti consente di poter realizzare un impianto crematorio soltanto all’interno di un cimitero. Al di là di questo, come ho sempre evidenziato e sottolineato, nell’iter amministrativo era stata compiuta un’aperta violazione dei diritti delle comunità limitrofe, in particolare di quella di Itri. La conferenza di servizi era stata infatti espletata telematicamente nel periodo del primo lockdown, senza che il Comune di Itri fosse mai stato invitato a partecipare. E si che per vicinanza e contiguità territoriale, Itri aveva il diritto di essere interpellata. Per questo, come Sindaco, non ho esitato ad interessare un legale e a battermi a tutela dei cittadini itrani contro un progetto che, non lo ritenevo solo io evidentemente, era inappropriato e non rispondente alle norme di diritto”.

Ho pagato la mia coerenza ed intransigenza a caro prezzo, perché non posso dimenticare che le mie fortune amministrative- ha ammesso concludendo amareggiato l’ex sindaco di Itri – sono terminate nel momento stesso in cui ho deciso di oppormi a quel progetto. Ma lo rifarei cento volte ancora; ho sempre anteposto a tutto gli interessi e i diritti dei cittadini di Itri. E soprattutto non ho mai voluto svendere la mia coerenza e credibilità, costruita anche in oltre trent’anni di prestigioso esercizio della professione forense”.