Cronaca

Operazione “Coast to Coast”, i quattro indagati chiedono il rito abbreviato

Gaeta – Mano pesante della Procura di Cassino nei confronti degli indagati eccellenti di “Coast to Coast”, la brillante operazione anti droga che nell’estate 2019 permise in due fasi agli agenti del commissariato di Polizia di Gaeta di smascherare un’organizzazione specializzata nella gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti nel triangolo Fondi (Terracina)  – Gaeta (Formia) – Cassino.

I principali indagati, quattro per la precisione, hanno chiesto di essere processati con il rito abbreviato davanti il Gip del Tribunale di Cassino Vittoria Sodani e nella sua requisitoria il Pubblico Ministero Eugenio Rubolino è stato altrettanto duro come la voluminosa ordinanza di custodia cautelare, 57 pagine, notificata agli indagati con le ipotesi di reato, davvero pesanti, come un macigno: detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti ma anche usura ed estorsione.

Per la Procura si trattava di un’organizzazione criminale, indigena ma altrettanto pericolosa, che teneva sotto scacco il tradizionale tossicodipendente o anche l’insospettabile assuntore che poteva essere il ristoratore e il concessionario d’auto apparentemente senza problemi economici.

Nei confronti di Andrea D’Onofrio, di 28 anni di Fondi, il vero e temuto responsabile di quest’organizzazione, il PM Rubolino ha chiesto quattro anni e sei mesi di reclusione e 30mila euro di multa; più dura la requisitoria avanzata per Luigi Edgardo Di Nitto, di 30 anni di Formia, (cinque anni e mezzo di carcere e 50mila euro di multa), mentre sono stati chiesti quattro anni e mezzo di reclusione (e 30mila euro di multa) per Alessandro Lucreziano, di 42 anni di Gaeta  (all’epoca finito ai domiciliari) e quattro anni (e 30mila di multa)  per una quarta persona che non aveva sinora nulla a che fare il territorio del sud pontino, Marcello Di Zenzo, di 31 anni di Cassino.

Le indagini, culminate con i quattro arresti, erano iniziate poco meno di un anno prima quando gli stessi agenti del Vice-questore Mancini avevano creato un vuoto nelle principali piazze di spaccio del Golfo con i primi arresti di un’organizzazione che aveva conosciuto una sorta di “iniziazione” tra i giovani studenti delle principali scuole di Gaeta e Formia e successivamente tra i frequentatori dei principali locali della movida locale.

Fu il primo step di un sodalizio che aveva elevato la sua fama criminale nel mondo imprenditoriale, a favore di chi la droga – almeno sulla carta – poteva acquistarla in base alle proprie esigenze e richieste. E quest’organizzazione capace di sopravvivere agli arresti del 2018 e del maggio 2019 sapeva che la Polizia di Formia e di Cassino era sulle sue tracce.

Lo si evince dalle 57 lunghe e dettagliate ordinanza di custodia cautelare che, emessa dal Gip del Tribunale di Cassino Francesco Armato, era stata richiesta dal magistrato che ha lavorato a stretto gomito con gli investigatori dell’allora dirigente del commissariato di Gaeta Maurizio Mancini, il sostituto procuratore Alfredo Mattei. E così che i pusher e chi teneva le loro fila al telefono o nelle conversazioni ambientali in auto chiamavano la cocaina “bamba” e l’hashish “l’insalata da portare alla mamma”.

La droga commercializzata al minuto in piccoli e modiche quantità arrivava sempre da Fondi ma l’organizzazione si era specializzata e ramificata sul comprensorio al punto da poter garantire il soddisfacimento delle principali piazze dello spaccio, oltre che di Fondi, di  Terracina, Gaeta, Formia e – novità assoluta – anche di Cassino e della valle dei Santi. Il volume degli affari, ammontante a diverse migliaia di euro a settimana e per quantitativi rilevanti di stupefacenti, prevedeva anche che il gruppo degli spacciatori convincesse  gli acquirenti obbligandoli a ricevere la droga a domicilio o in altro luogo sicuro di loro pertinenza.

L’ordinanza del Gip Armato  fu anche uno spaccato inquietante di come questa organizzazione preannunciasse anche metodi violenti in caso di mancato pagamento della droga a più riprese acquistata. Chi non riusciva a pagare diventava destinatario di ben precise richieste estorsive ed usuraie e quando la vittima non ce la faceva ad onorare i propri impegni economici lasciava il compito di “trattare” al proprio genitore per lo più con Di Nitto che quasi quasi chiedeva scusa di aver coinvolto una terza persona.

All’attività di indagine tipica, quali pedinamenti e lunghi appostamenti, fu stata affiancata una significativa attività tecnica, con intercettazioni telefoniche e ambientali, che ha consentito una definizione certa del quadro indiziario a carico degli arrestati. La sentenza del Gip Sodani al termine di questo rito abbreviato è in programma il 10 dicembre.

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