Santi Cosma e Damiano / Omicida di Mario Piccolino denuncia la moglie, assolta la 55enne

Cronaca Santi Cosma e Damiano

SANTI COSMA E DAMIANO – E’ tornato ad echeggiare in un’aula di Tribunale il nome di Michele Rossi, l’omicida reo confesso di 66 anni del delitto dell’avvocato Mario Piccolino avvenuto nel maggio 2015 nello studio legale della vittima in via della Conca a Formia. L’uomo, che sta scontando una condanna a 16 anni di reclusione nel carcere di Carinola, aveva denunciato la moglie, 55enne di Ventotene, per “appropriazione indebita”. L’aveva accusata di aver sottratto e venduto tutti i beni appartenenti – per lo più attrezzi utilizzati nei campi – all’azienda agricola che Rossi aveva gestito sino al giorno del suo arresto, sette anni fa, da parte del Commissariato di Polizia di Formia. I guai per l’indagata erano iniziati il 10 luglio 2019 quando la Procura le dispose la citazione in giudizio che ha conosciuto diversi contrattempi e rinvii.

Dopo un processo durato due anni e mezzo, il giudice monocratico del Tribunale di Cassino Marco Gioia ha assolto la donna per non aver commesso il fatto. Determinante è stata la deposizione, rilasciata il 13 giugno scorso, del fratello di Rossi, Maurizio. Ha confermato davanti il Tribunale di Cassino di aver concordato con la cognata di vendere l’attrezzatura dell’azienda agricola e di dividere il ricavato per garantire un minimo di sussistenza alle nipoti.

Michele Rossi si recò presso l’ex abitazione del fratello nelle campagne di Santi Cosma e Damiano dov’erano custoditi gli attrezzi , si accorse che mancavano – la cognata nel frattempo li aveva venduti tutti per sopravvivere – e informò nel primo colloquio utile il fratello in carcere. Michele Rossi denunciò la moglie 55enne che ora – difesa dall’avvocato Daniele Lancia – è stata assolta dal giudice Gioia anche per un’altra ragione. Rossi, che si è costituito parte civile in questo nuovo procedimento attraverso un nuovo legale, Giuseppe Valenti (in quello per la morte dell’avvocato Piccolino era stato assistito da Andrea Di Croce), non avrebbe versato – secondo la versione della difesa – alcun assegno di mantenimento all’ex moglie dal momento della separazione legale avvenuta nel 2021 quando il presunto ‘furto’ sarebbe avvenuto prima del 18 gennaio 2018, cioè quando i due erano ancora marito e moglie. Per questo tipo di reato patrimoniale non si prefigura quando due persone sono ancora sposati – articolo 649 del Codice penale – e a sentenziarlo è stata la stessa Cassazione che ha chiarito come lo “stato di separazione personale tra coniugi ha legalmente inizio nel momento in cui viene acquisita la sentenza che dichiara o omologa la operazione dei coniugi medesimi”.

Il Giudice Gioia ha manifestato nella sua sentenza di assoluzione alcune riserve sulle dichiarazioni rese nel processo dai fratelli Michele e Maurizio Rossi: “Hanno fatto un generico riferimento che i suddetti beni appartenessero all’azienda agricola e non hanno offerto la prova che gli stessi fossero di proprietà di un soggetto giuridico diverso da Michele Rossi”. In effetti nel capo d’imputazione era individuata quale persona offesa Michele Rossi e non un’altra persona fisica o giuridica. Da qui l’assoluzione per la signora Silvestri – la Procura aveva chiesto cinque mesi di reclusione e 500 euro di multa – è arrivata perché il reato di appropriazione non risultata commesso “né con frode né con violenza” ma ….a quanto pare per necessità.