Gaeta / La Cassazione annulla il sequestro della Pizzeria “Rosso Margherita”

Cronaca Gaeta

GAETA – Ad un anno ed mezzo esatto dai sigilli apposti dalla Guardia di Finanza del gruppo provinciale di Roma la Corte di Cassazione ha annullato il sequestro penale nei confronti della nota pizzeria “Rosso Margherita” di Gaeta ma ha disposto che a pronunciarsi nel merito del provvedimento sia di nuovo la sezione “misure di prevenzione” della Corte d’Appello che aveva respinto il primo ricorso della società proprietaria della struttura di piazza XIX Maggio.

Le Fiamme Gialle e i Carabinieri entrarono in azione la mattina del 26 luglio 2018 quando Gaeta venne coinvolta dall’operazione che, denominata “Babylonia”, si concretizzò con l’esecuzione di un decreto di sequestro di beni emesso dalla sezione “Misure di Prevenzione” del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia capitolina. A Gaeta giunsero i Carabinieri del Reparto Operativo e del Nucleo investigativo e gli agenti Gico delle Fiamme Gialle per notificare il sequestro preventivo ai danni della pizzeria “Rosso Margherita” che, continuando a svolgere la propria attività sotto il diretto controllo di un amministratore giudiziario, faceva parte di un elenco in cui campeggiavano 10 società di capitali, per un valore complessivo di circa 6 milioni e mezzo di euro.

Quel sequestro fu il prosieguo delle indagini che, assestando un duro colpo a due sodalizi criminali con base a Roma e Monterotondo, avevano portato nel 2017 all’esecuzione di 23 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Roma su richiesta della Dda, nei confronti di altrettanti appartenenti a due distinte associazioni per delinquere dedite all’estorsione, all’usura, al riciclaggio, al reimpiego di denaro e beni di provenienza illecita, al fraudolento trasferimento di beni e valori, con l’aggravante del metodo mafioso. Le persone indagate a piedi libero furono ben 26, tra cui un notaio, tre commercialisti e alcuni infedeli dipendenti di banca. All’indomani di quel blitz ai danni della pizzeria di piazza XIX Maggio persero il lavoro coloro che effettivamente gestivano l’attività di ristorazione, Gennaro Caforio e la moglie, nonostante il provvedimento di sequestro ne disconosceva la loro reale titolarità.

La situazione, paradossale, fu aggravata dal fatto che la sezione “Misure di Prevenzione” del Tribunale di Roma ha rinviato, per continue e ripetute richieste di proroga avanzate dal collegio di periti che si sta occupando di effettuare accertamenti su tutte le decine di società rimaste coinvolte a Roma nella procedura, l’udienza di discussione della misura applicata. Senonché ora la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, cui il Caforio ha proposto ricorso grazie all’assistenza legale dell’avvocato Luca Scipione, ha annullato la sentenza della quarta sezione della Corte di Appello di Roma che aveva respinto il primo reclamo presentato immediatamente al sequestro e ha disposto così un nuovo esame da parte dei giudici di secondo grado.

“Il nuovo esame ordinato dalla Cassazione riguarderà proprio i presupposti che hanno portato il Tribunale di Roma a sequestrare la nota pizzeria ai Caforio dalla sera alla mattina – ha commentato l’avvocato Luca Scipione – rispetto alla cui circostanza abbiamo rappresentato il clamoroso errore compiuto col provvedimento di sequestro producendo copiosa documentazione contabile e finanziaria”.

Saverio Forte