Formia / Guida in stato di ebbrezza, assolto per inattendibilità delle apparecchiature ospedaliere

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FORMIA – Sono proprio attendibili le apparecchiature in uso all’ospedale “Dono Svizzero” per decretare lo stato di ubriachezza di una persona? Sembrerebbe proprio di no alla luce di una clamorosa sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Cassino che ha assolto con formula piena un 30enne italo-albanese da anni residente ad Itri. Era sotto inchiesta con l’ipotesi accusatoria di guida in stato di ebbrezza dopo essere incappato nel 2016 a Formia in uno dei tanti controlli stradali dei Carabinieri della locale Compagnia. Il legale dell’uomo, l’avvocato Gianluca De Meo, ha invece messo in discussione attraverso una meticolosa memoria difensiva, l’utilizzabilità e la certezza del dato emerso dalle prove ematiche svolte sul 30enne italo-albanese.

Avv. Gianluca De Meo

Gli esami del sangue – è vero – furono effettuati presso una struttura sanitaria pubblica ma in quanto tale i loro risultati sarebbero potuti essere alterati per il fatto dell’utenza davvero vasta. Per la cronaca il rappresentante della pubblica accusa aveva chiesto per il 30enne tre mesi di reclusione ma il giudice unico lo ha assolto per formula piena. L’uomo aveva fatto parlare di sé il 27 maggio 2015 quando, al termine di un’accesa lite, avrebbe cercato, utilizzando della benzina, di bruciare la madre. L’allarme fu lanciato da alcuni vicini che, allarmati dalle urla della donna, la videro in strada con i vestiti e i capelli inzuppati di liquido infiammabile. I Carabinieri di Itri effettuarono una perquisizione domiciliare al termine della quale spuntarono una bottiglia di benzina da un litro semivuota e un recipiente da 5 litri, contenente sempre benzina, nella camera da letto.

L’avvocato De Meo ricostruì un quadro familiare assai conflittuale costellato da liti ed aggressioni. L’allora 26enne, in preda alla rabbia, aveva preso una bottiglia ignorando il suo contenuto e la lanciò all’indirizzo della congiunta ma senza la volontà di darle fuoco. Ricostruzione veritiera in quanto gli inquirenti non trovarono né nell’abitazione né addosso all’indagato un accendino o altro con cui avesse potuto appiccare le fiamme. Il giudice Tavolieri condivise l’istanza dell’avvocato De Meo e, al termine della camera di consiglio, assolse l’italo albanese, nel frattempo assegnato da una casa famiglia di Ceccano dalla quale si allontanò, “perché il fatto non sussiste”.

Saverio Forte