Formia / Pastificio Paone, contenzioso tra Cosind e liquidatore giudiziale

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FORMIA – Tentare di preservare l’attività imprenditoriale di un brand storico dell’economia del Golfo e della Provincia di Latina. Con questo intento il consiglio di amministrazione del Consorzio industriale del sud pontino ha comunicato – come preannunciato – l’avvio dell’attivazione della procedura per la riacquisizione dell’area e dello stabilimento del pastificio Paone di Formia. L’importante provvedimento consortile, previsto dall’articolo 63 della legge 448/98 (prevede la facoltà di riacquistare unitamente alle aree cedute anche gli strumenti industriali realizzati), segue di un mese dalla vendita dei capannoni della rinomata azienda alimentare avvenuta il 4 marzo scorso, dopo quattro tentativi andati a vuoto, davanti il liquidatore giudiziale nominato dal giudice delegato del Tribunale di Cassino Lorenzo Sandulli nell’ambito del concordato preventivo concesso nel 2015.

A presentare l’offerta di due milioni e 32mila euro era stata la sola “Corex spa” di Battipaglia, l’unica società partecipante – leader in campo nazionale per l’esportazione di prodotti alimentari italiani – alla vendita d’incanto svolta presso lo studio del commercialista di Arpino Maurizio Taglione. Il tentativo del Consorzio industriale del sud-pontino di esercitare una sorta diritto di prelazione (“anche se non è proprio così” tiene a precisare lo storico direttore del Cosind che del procedimento è il Rup, il responsabile unico) e , dunque, di far sopravvivere l’azienda alimentare di Formia è stato accolto con scetticismo dal liquidatore giudiziale del pastificio Paone. Essenzialmente per tre ragioni: le aree nella zona industriale di Penitro su cui è stato realizzato dieci anni fa il nuovo pastificio Paone “non sono state cedute dal Consorzio industriale ma sono state acquistate con atti notarili da singoli privati”, il nuovo sito produttivo è stato realizzato nel termine di cinque anni dalla cessione dell’area e “la stessa attività industriale del Pastificio Paone non è cessata da più di tre anni”, anzi, al contrario , “è in continuo svolgimento ed incremento”. Insomma il procedimento attivato dal Consorzio industriale è stato definito “illegittimo per difetto dei presupposti di legge, lesivo degli interessi della procedura e foriero di gravi danni a carico della massima dei creditori”.

Intanto il liquidatore Taglione ha promosso la scorsa settimana una richiesta di accesso agli atti presso la sede del Consorzio industriale e, informando il giudice delegato Sandulli ma anche commissario giudiziale l’avvocato Gabriele Biello, ha convocato il comitato dei creditori per nominare un legale. L’obiettivo è chiarissimo: impugnare davanti al Tar del Lazio la delibera numero 27 del 25 marzo scorso del CdA dell’ente consortile del sud pontino che era stata portata all’attenzione dell’avvocato Biello e dello stesso liquidatore giudiziale Taglione. Il motivo? “Se non venisse avversata, provocherebbe – scrive Taglione – un vero e proprio esproprio, senza corrispettivo, ai danni del concordato e, quindi,della massa dei creditori”. Di questo pensiero è convinto il dottor Taglione che all’indomani della vendita dei capannoni di Penitro alla Corex spa di Battipaglia, aveva preso carta e penna e aveva scritto una lettera al presidente del consorzio industriale del sud-pontino Salvatore Forte che, in virtù del bando previsto dal concordato preventivo del giudice delegato del Tribunale di Cassino, aveva correttamente esteso l’invito ad esercitare, naturalmente in caso di interesse, il diritto di prelazione sugli immobili venduti a poco più di due milione di euro.

Taglione aveva anche specificato la normativa che autorizza questa opzione, l’articolo 63 della legge 448/98 che contiene diversi provvedimenti per favorire lo sviluppo industriale: “I consorzi hanno la facoltà di riacquistare la proprietà delle aree cedute per intraprese industriali o artigianali nell’ipotesi in cui il concessionario non realizzi lo stabilimento nel termine di cinque anni dalla cessione o nell’ipotesi in cui sia cessata l’attività industriale o artigianale da più di tre anni”. Per quest’ultima ipotesi i consorzi industriali, come quello del sud-pontino, devono corrispondere al cessionario il prezzo attualizzato di acquisto delle aree e il valore degli immobili deve essere determinato da un perito nominato dal Tribunale di Cassino, decurtato dei contributi pubblici attualizzati ricevuti dal cessionario per la realizzazione dello stabilimento. L’ente di sviluppo industriale del sud-pontino potrebbe essere autorizzato dalla Cassa depositi e prestiti a concedergli un mutuo per la realizzazione di infrastrutture industriali o per l’acquisizione di aree e di immobili destinate agli insediamenti produttivi. Si tratta di una tesi confermata dal direttore del Cosind Scalesse sino a quando è arrivata la doccia gelata da Arpino del liquidatore Taglione: le aree di Penitro su cui la famiglia Paone ha realizzato il nuovo pastificio non sono state cedute dal Consorzio, il nuovo stabilimento è stato realizzato nei tempi previsti dalla legge e l’attività industriali non è mai cessata. Anzi, continua e migliora di giorno in giorno. Da qui una chiamata alle armi ai creditori: c’è necessità di nominare un legale per preparare un ricorso al Tar contro il tentativo del Consorzio di utilizzare il complesso immobiliare che, per 33mila metri quadrati, si estende su una superficie di due comuni, Formia e Minturno.

Naturalmente l’obiettivo del Consorzio industriale è di continuare l’attività imprenditoriale legata alla realizzazione della pasta, al mantenimento degli attuali livelli occupazionali (se non migliorarli) e di crearvi un polo logistico legato all’agro alimentare che gestirebbe un soggetto terzo scelto al termine di un bando che pubblicherebbe lo stesso Cosind. Tutte ipotesi suggestive e realizzabili che dovranno superare la forca caudina della magistratura amministrativa dove si gestirà la gestione della realtà produttiva più longeva della provincia di Latina…

Saverio Forte