Formia / Eludono il divieto ad avvicinarsi ai beni confiscati: arrestati di nuovo i fratelli Ascione

Cronaca Formia

FORMIA – Nel maggio 2016 furono i destinatari di un durissimo provvedimento di confisca di primo grado del Tribunale di Latina di beni mobili e immobili per un valore complessivo pari ad oltre 49 milioni di euro. Secondo gli inquirenti avrebbero costituito nel corso degli anni una vera e propria “cellula economica” a Formia ed in altri centri del Basso Lazio, frutto di attività illecite legate – come riscontrato dalle indagini avviate nel 2012 – al clan camorristico dei Mallardo. In forza del provvedimento di confisca i fratelli Michele, Luigi e Giuliano Ascione, di 61, 59 e 63 anni, tutti e tre residenti a Formia, vennero sottoposti alla sorveglianza speciale con alcuni e ferrei obblighi. Uno di questi prescriveva il divieto di avvicinarsi, per nessuna ragione, alla loro prima attività imprenditoriale realizzata nel sud-pontino, una nota concessionaria automobilistica in via Unità d’Italia, in località Vindicio, a Formia. Questo elemento era a conoscenza del Nucleo Radiomobile della Compagnia dei Carabinieri che, avviati da giorni mirati accertamenti, hanno sorpreso proprio i fratelli Ascione parlottare all’esterno con un dipendente dell’autosalone. Per questo motivo sono stati arrestati – e sono finiti ai domiciliari – perché avevano ricevuto il divieto di avvicinarsi, anche fisicamente, nei pressi di una loro ex attività nei confronti della quale avrebbe continuato ad esercitare presunte ingerenze nonostante fosse stata assoggettata a confisca di primo grado.

I Carabinieri, inoltre, hanno sorpreso Michele e Luigi Ascione sprovvisti, a vario titolo, dei rispettivi documenti di riconoscimento e di una dichiarazione rilasciata dal Tribunale in cui erano specificati gli obblighi e i divieti che avrebbero dovuto rispettare. I provvedimenti di confisca e, ancorprima, di sequestro dei beni gestiti dai fratelli Ascione scaturirono dalle laboriose indagini di polizia economico-finanziaria che, avviate nel 2012 con il coordinamento della direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Roma, fecero luce sull’ascesa degli imprenditori campani, capaci di fare fortuna tra Napoli e Latina anche entrando in affari con esponenti di spicco del noto clan di camorra. Secondo i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Roma, responsabili delle indagini insieme agli agenti del Gruppo di Formia delle Fiamme Gialle, nonostante i tre fratelli si occupassero perlopiù di edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche e commercio all’ingrosso, molteplici erano le loro attività illecite legate ai traffici del clan Mallardo.

Nei confronti degli Ascione furono raccolti – scrissero gli inquirenti – “concreti indizi di appartenenza al sodalizio camorristico”. Tutti e tre i fratelli furono ritenuti “socialmente peri-colosi” e avrebbero intrattenuto “rapporti costanti con i fratelli Dell’Aquila, con la famiglia Mal-lardo e con esponenti del loro clan”. Tutti affari finalizzati a riciclare denaro sporco. Il provve-dimento del Tribunale di Latina, eseguito il 26 maggio di un anno fa, confermò “la manifesta sproporzione tra il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile agli Ascione e la rispettiva situazione reddituale”. Furono sottoposti a confisca: il patrimonio aziendale e relativi beni di tre società, con sedi legali a Napoli, due delle quali operante nel settore immobiliare e una, quella di Formia, nel commercio di autoveicoli; quote societarie di un’azienda con sede nel-la provincia di Napoli, operante nel settore della gestione di stabilimenti balneari; 104 unità im-mobiliari (ubicate nelle province di Latina, Napoli, Cosenza); 15 tra auto e moto; un’imbarcazio-ne; 27 rapporti finanziari. Tutto, appunto, per un valore complessivo di oltre 49 milioni di euro.

Saverio Forte