Formia / Ferimento di Gustavo Bardellino, chiuse le indagini

Cronaca Formia

FORMIA – L’arma trovatagli all’interno della sua abitazione in località Mergataro a Formia – secondo gli inquirenti – sarebbe stata utilizzata il 15 febbraio 2022 per uccidere Gustavo Bardellino nel luogo in cui lavorava, la concessionaria “Autobuonerba” in località Gianola. Giuseppe Favoccia, di 73 anni, rischia ora il processo per il possesso di una pistola semiautomatica che, calibro 7.65 e priva di matricola, gli sequestrarono gli agenti del vicino commissariato il 26 luglio scorso.

Il sostituto procuratore Eugenio Rubolino negli ultimi giorni ha concluso le indagini preliminari nei confronti dell’ex autotrasportatore di bestiame, ritenuto da anni contiguo e amico di famiglia di Ernesto Bardellino e dei suoi figli. Quando irruppe la polizia giudiziaria del commissariato di Formia nell’abitazione di Favoccia la pistola fu trovata completa di caricatore con all’interno di tre munizioni e idonea all’impiego. Il 73enne – secondo la conclusione delle indagini preliminari della Procura di Cassino – è indagato per detenzione illegale di arma da fuoco che lo stesso 73enne stava cercando di occultare all’arrivo degli agenti.

Giuseppe Favoccia

Favoccia, attraverso il suo storico legale, l’avvocato Michelangelo Fiorentino, chiederà di essere interrogato dal Gip del Tribunale di Cassino per “spiegare la sua estraneità al tentativo di omicidio di Gustavo Bardellino. All’epoca Il Gip Di Croce convalidò il fermo di pg permise a Favoccia, nonostante la richiesta degli arresti domiciliari del pm Rubolino, di tornare in libertà. L’uomo dimostrò che quella pistola aveva una calibro diverso da quella utilizzata per il tentativo di omicidio Bardellino junior per il quale sono indagati l’imprenditore Luigi Diana e Giovanni Lubello, l’ex genero del boss Francesco Bidognetti.

“Peppe” Favoccia all’indomani del blitz della Polizia di fine luglio dichiarò di non aver avuto nulla a che fare con il ferimento avvenuto il 15 febbraio 2022 in via Ponteritto a Gianola, del nipote di Ernesto Bardellino, Gustavo. La Polizia e i Carabinieri, su ordine dei Pm della Dda di Roma Luigia Spinelli e Francesco Gualteri, si erano catapultati all’alba nell’abitazione dell’ex autotrasportatore di bestiame chiedendogli della pistola.

“E’ proprio così – ci aveva dichiarato l’avvocato Michelangelo Fiorentino – Gli investigatori sono andati dal mio assistito pensando che l’arma in suo possesso avesse avuto a che fare con il tentativo di omicidio di Gustavo Bardellino. Mi dispiace dirlo ma qualcuno ha preso un abbaglio. Aveva si una pistola semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa ma quella che ha tentato di uccidere Gustavo Bardellino aveva un calibro 9… Che sia stato commesso un errore grossolano – aveva aggiunto l’avvocato Fiorentino – l’avevano capito subito il Gip Di Croce ed il sostituto procuratore Eugenio Rubolino. Se quella pistola avesse avuto un ruolo nel ferimento di Bardellino, non avrebbero deciso di rimettere in libertà il signor Favoccia e tantomeno chiedergli ‘soltanto’ gli arresti domiciliari. Ma avrebbe fatto dell’altro, io suppongo, informare subito i pm della Procura antimafia di Roma”.

L’avvocato Fiorentino esternò un’idea, naturalmente personale, sulla ragione della disponibilità di quell’arma, che definisce un “ferro vecchio”, a Giuseppe Favoccia: “Lei non dimentichi – aggiunse il legale – un particolare, la concezione tutta americana di quest’uomo che negli Stati uniti ha vissuto a lungo lavorando nel campo della ristorazione. In America acquistare un’arma è come per noi italiani andare a fare la spesa dal supermercato e acquistare il pane….In Italia la legge in materia è più rigorosa e Favoccia – ed è questa la curiosa rivelazione dell’avvocato Fiorentino – non potendo chiedere il porto d’arma per i suoi antichissimi e datati precedenti penali ha deciso di acquistarne una… mi pare vicino Aversa qualche anno fa, per legittima difesa. Abitando con la sua moglie in una zona isolata di Formia non voleva correre rischi se anche la sua villetta fosse finita , come peraltro è avvenuto in diverse circostanze , nel mirino dei ladri e dei furti”.

Tutto qui. Giuseppe Favoccia prima di una quasi certa richiesta di rinvio a giudizio ha deciso di essere interrogato dal Gip per contestare le “inverosimili” dichiarazioni che avrebbe rilasciato alla Squadra Mobile nel 2015 che, se fossero veritiere, offrirebbe un’altra verità sull’uccisione del fondatore storico del clan dei Casalesi, Antonio Bardellino: non sarebbe stato ucciso in un agguato per mano di Mario Iovine nel lontano 1988 in Brasile ma sarebbe stato in vita sino al 2018 nascondendosi in un angustissimo bunker ricavato nel sotterraneo di una villetta di proprietà un altro italiano americano all’interno del parco “Villaggio del Sole” in località Acquatraversa.

“Io difendo Favoccia da una vita – ha aggiunto l’avvocato Fiorentino – e non mi risulta che abbia firmato verbali o rilasciato dichiarazioni alla Squadra mobile nell’agosto 2015 di aver incontrato nel 2010 Antonio Bardellino all’aeroporto di New York per consegnarli una figlia del fratello Ernesto o per raccontare che sarebbe tornato in Italia per partecipare ad un matrimonio di un suo parente. Il mio assistito a New York ha lavorato nel campo della ristorazione per oltre un decennio a cavallo degli anni Novanta e gli inizi del decennio successivo. Favoccia, se tanto interessa a molti, è tornato negli Stati uniti più di una volta e sempre in compagnia della moglie per sistemare definitivamente la gestione di alcune attività che aveva dato in gestione perché la voglia di tornarsene a Formia è stata più forte di qualsiasi altra cosa. Questa ricostruzione è risibile e lo sa perché: Favoccia era molto attenzionato negli stati Uniti per i suoi problemi fiscali e per il mancato delle tasse. Sapeva che sarebbe stato avvicinato dalla Fbi e che faceva: accompagnare tizio o caio da sempronio? Siamo seri, su”.

Favoccia non ha una fedina penale immacolata ma – a dire dell’avvocato Fiorentino – non si è mai reso protagonista di reati consumati con il metodo mafioso: “Quelli oggetto di una sentenza di condanna o di prescrizione hanno riguardato un’estorsione, una truffa e traffico illegali di vitelli d’est Europa”. E allora se Giuseppe Favoccia non c’entra con i nuovi traffici e, soprattutto, con i nuovi equilibri tra clan camorristici operanti a Formia e nel sud pontino, perché il 26 luglio scorso ha ricevuto una perquisizione insieme ad alcune persone e all’81enne Vito Iacopino, proprietario della villetta di via dei Pini 7 e indagato per favoreggiamento nell’agguato di Gustavo Bardellino. “Innanzitutto escluso categoricamente che il mio assistito ed il proprietario della casa in cui è stato trovato questo bunker si conoscano. Favoccia in questa storia è stato coinvolto – ha concluso l’avvocato Michelangelo Fiorentino – per essere, nonostante l’età e i suoi problemi di salute, l’anello più debole dell’intera catena. L’ha capito il Gip Di Croce e glielo dimostreremo nei prossimi giorni”.